Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Apollinare a cura di Ermes Dovico

LA MEMORIA

La preghiera del Papa alle Fosse Ardeatine

Nel marzo 1944 alle porte di Roma
si consumò uno dei più efferati eccidi nazisti, che Adolf Hitler avrebbe voluto fosse ancora maggiore di quel che fu.

Cultura 26_03_2011
Fosse Ardeatine

Domenica 27 marzo Benedetto XVI visita il Sacrario delle Fosse Ardeatine in occasione del 67° anniversario dell’eccidio commesso dai tedeschi nel corso dell’ultimo conflitto mondiale.

Teatro di uno dei più crudeli eccidi nazisti, le Fosse Ardeatine rappresentano uno dei luoghi simbolo della Resistenza italiana. Il massacro, attuato dai tedeschi come rappresaglia per l’attentato subito da una compagnia di SS, in via Rasella, a Roma il 23 marzo 1944, costò la vita a 335 italiani.

L’attacco contro i militari tedeschi, ideato da un gruppo di partigiani delle Brigate Garibaldi appartenenti al Comitato di Liberazione Nazionale, causò la morte di 33 soldati; mentre altri nove morirono nei giorni successivi. L’esplosione provocò inoltre il decesso di due passanti, Antonio Chiaretti, partigiano comunista della formazione Bandiera Rossa, e il tredicenne Pietro Zuccheretti.

A pochi minuti dall’attentato il generale tedesco Kurt Maeltzer, comandante della piazza di Roma, ordinò la soppressione di dieci italiani per ogni soldato ucciso. La sua richiesta fu vagliata dal feldmaresciallo Albert Kesserlring, comandante delle truppe tedesche in Italia, ed approvata da Hitler, il quale inizialmente aveva preteso la fucilazione di 50 ostaggi per ogni soldato tedesco e la deportazione di 1000 italiani per ogni militare caduto.

Le vittime furono scelte dai nazisti e dal questore fascista di Roma, Pietro Caruso, fra i detenuti rinchiusi a Regina Coeli e nel famigerato carcere di via Tasso, luogo di tortura dei prigionieri politici. Tra gli italiani assassinati circa la metà era composta da antifascisti, in particolare comunisti, e militari, tra cui il generale Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, Medaglia d’oro al valor militare, e l’ex fascista Aldo Finzi, sottosegretario agli Interni nel governo Mussolini, nel frattempo divenuto socialista. Alle Fosse Ardeatine trovarono la morte anche 75 cittadini di religione ebraica, don Pietro Pappagallo, un sacerdote pugliese arrestato dalle SS per attività antifascista, molti detenuti per reati comuni, ed alcuni cittadini arrestati il giorno dell’attentato nelle vie della capitale.

Tra gli organizzatori della strage vi furono gli ufficiali Herbert Kappler, già responsabile del rastrellamento degli ebrei del ghetto di Roma, Erich Priebke e Karl Hass. Nella fretta dei preparativi Kappler aggiunse per errore cinque persone all’elenco delle vittime. L’eccidio iniziò a sole 23 ore dall’attentato di via Rasella.     

Il luogo dell’esecuzione fu scelto dai nazisti nei pressi di alcune cave di pozzolana, a circa un chilometro dall’inizio della via Ardeatina. Scesi dai camion, i prigionieri erano condotti all’interno di alcune gallerie, dove in fila indiana e con le mani legate dietro alla schiena andavano incontro alla morte avvolti dall’oscurità del luogo. La morte veniva inflitta con un colpo alla nuca.  

Ultimate le esecuzioni, i nazisti cercarono di coprire il misfatto facendo esplodere alcune mine. Le sequenze dell’eccidio furono però viste da un testimone oculare, Nicola D’Annibale, un allevatore di maiali della zona, che raccontò l’accaduto dopo la liberazione di Roma. L’esumazione dei corpi fu iniziata verso la fine del luglio 1944.

I responsabili della strage furono processati dalla giustizia italiana. Herbert Kappler fu condannato all’ergastolo. Ammalatosi nel corso della detenzione, fu trasferito all’ospedale militare del Celio, da dove inspiegabilmente riuscì fuggire, riparando in Germania dove morì poco dopo. Albert Kesserlring, catturato dagli Alleati, fu processato in patria per crimini di guerra e per l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Condannato inizialmente a morte, ottenne la commutazione della pena con il carcere a vita. Ciononostante, nel 1952 fu scarcerato per motivi di salute. Morì nel 1960 senza mai rinnegare il proprio passato nazista. Erich Priebke, rifugiatosi in Sud America, è stato scovato nel 1994 ed estradato in Italia l’anno successivo. Processato a Roma per crimini di guerra, è stato condannato all’ergastolo. Per ragioni legate all’età sconta la pena agli arresti domiciliari. Alla stessa pena di Priebke, fu condannato Karl Hass, a lungo nascostosi in Italia sotto falso nome. È morto nel 2004 mentre scontava la pena ai domiciliari.  

Al termine del conflitto le Fosse Ardeatine divennero un sacrario. Tra le autorità recatesi in visita vi furono Theodor Heuss, primo presidente della Repubblica federale tedesca, giunto nel novembre del 1957, Paolo VI, il 12 settembre 1965, che depose una lampada votiva, Sandro Pertini, presidente della Repubblica italiana, il 18 luglio 1978, Giovanni Paolo II, domenica 21marzo 1982, Karl Carstens, presidente della Repubblica Federale Tedesca, il 26 ottobre 1982, George W. Bush, presidente degli Stati Uniti d’America, il 4 giugno 2004.  

Nel corso della sua visita, Papa Wojtyla rivolse ai parenti delle vittime le seguenti parole: «Sono venuto per ascoltare, insieme con voi, le parole, forti e chiare, degli scomparsi, vittime della logica irrazionale e dissennata della barbarie omicida. Qui, dove la violenza si è scatenata in smisurata follia, essi invitarono tutti alla solidarietà, alla comprensione, e ci assicurarono che la vittoria definitiva sarà quella dell’amore, e non quella dell’odio; essi ci avvertono che quando si nega e si offende Dio, si nega e si offende anche l’uomo, abbassandolo a strumento dei propri capricci, delle proprie ideologie, dei propri progetti di potenza e di sopruso; essi chiedono che il loro dolore non sia stato inutile per la società umana, e che Roma, l’Italia, l’Europa, il mondo vivano nella giustizia, nella concordia, nella pace, nel vicendevole rispetto dei diritti inalienabili della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio».