La potenza del Sacro rende l'arte viva
Le chiese non sono solo musei di opere d’arte del passato, ma luoghi vivi dove l’arte, anche quella contemporanea racconta ancora di Dio trovando ispirazione nella Bibbia.
Quest’anno le opere di soggetto religioso o legate a temi sacri esposte alla 54esima Biennale di Venezia sono davvero numerose e mettono in luce come i tempi siano maturi per un padiglione della Città del Vaticano alla prossima edizione e come la mostra che sarà inaugurata il 5 luglio nell’atrio dell’aula Paolo VI, “Lo splendore della verità, la bellezza della carità” voluta dal cardinale Ravasi come omaggio a Papa Benedetto XVI, possa esserne considerata quasi la prova generale. Il cardinale è da tempo convinto sostenitore che “il dialogo tra arte e fede è necessario”, che la teologia e la liturgia devono tornare a introdurre nell’interno dei loro spazi il tema estetico e che la Chiesa debba riprendere il ruolo storico di “complice della cultura” interrotto all’inizio del Novecento con l’esplosione delle avanguardie artistiche. Un dialogo che deve attrarre anche artisti di caratura internazionale, come è avvenuto con Anish Kapoor (si parla di una sua possibile presenza all’eventuale Padiglione del Vaticano) presente ora a Venezia con Ascension, una tra le opere di maggior richiamo della manifestazione.
L’installazione di Kapoor, padre indiano e madre ebreo-irachena, ha suscitato diverse reazioni. Parecchie le voci critiche tra gli abituali estimatori di Kapoor e altrettante impressioni favorevoli tra coloro che invece Kapoor non lo amano particolarmente.
Che cosa in questa occasione ha contribuito a sparigliare i giudizi? Il tema e il luogo innanzitutto. Kapoor aveva già presentato questo lavoro, a S.Gimignano, a Rio de Janeiro, a Brasilia, a S.Paolo, a Beijing in Cina, modificandolo ogni volta in base al luogo dell’esposizione, ma mai si era presentata l’occasione di inserire l’installazione in un edificio consacrato, come è avvenuto a Venezia nella chiesa palladiana di S.Giorgio Maggiore.
Qui all’incrocio del transetto con la navata principale, sotto la cupola, Kapoor ha realizzato un basso cilindro dal cui centro si sprigiona un fumo che si muove, con volute di intensità sempre diversa, spinto da quattro grosse colonne di ventilatori poste ai lati e indirizzato poi verso l’alto dove un enorme aspiratore di tipo industriale lo raccoglie e lo fa sparire nella grande bocca nera.
Un’Ascensione che ai puristi dell’architettura non è piaciuta per niente per la pesante intrusione, anche se provvisoria, di tubi e tralicci in uno spazio perfetto come quello di S.Giorgio, ma apprezzata dai fedeli che hanno trovato suggestiva la rappresentazione del racconto biblico al quale Anish Kapoor ha dichiarato di essersi ispirato per questo lavoro: “Partirono da Succot e si accamparono a Etam, sul limite del deserto. Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco per fare loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte.” Esodo 13,20-21.
Che giudizio dare di Ascension? E’davvero un’opera riuscita? Alcuni elementi ci portano ad affermare che Ascension nel risultato non convince fino in fondo e che sicuramente non è tra i lavori migliori di Kapoor. Al di là dell’intenzione e dell’idea, l’installazione è resa debole dall’eccessivo frastuono di ventilatori e aspiratori in azione, che riempie lo spazio e le nostre orecchie appena varchiamo la soglia della Basilica, e dalla vista della cappa in alluminio che ci ricorda gli allestimenti da salone del mobile per qualche marchio di cucine. E non è un caso che le fotografie proposte nella brochure illustrativa eliminino virtualmente quei difetti di cui invece si rende conto qualsiasi visitatore: la cappa non è mai ripresa e la colonna di fumo è parecchio evidenziata con tecniche grafiche che la fanno apparire come in realtà non la si vede mai.
Ma perchè nonostante gli evidenti difetti l’installazione possiede comunque una qualche forza e attrattività? Probabilmente perché è la potenza del luogo sacro in cui è inserita che anima l’installazione e che aggiunge tutto quello che manca al lavoro di Kapoor, rendendolo assai diverso e molto più ricco rispetto alle precedenti versioni in sedi profane, come per esempio l’ex cinema di S.Gimignano. E’ questa constatazione che ci porta a dare un valore positivo all’intervento e ad apprezzare la scelta della Chiesa di impegnarsi in operazioni del genere, se il fine è quello di ricondurre nella propria orbita, secondo una tradizione millenaria, il discorso artistico contemporaneo.
In questo modo l’installazione in S.Giorgio, al di là del giudizio se sia o meno un capolavoro, ma d’altra parte non sono tutti capolavori neppure le tele, gli affreschi e le statue che popolano gli spazi delle nostre chiese, dà un segnale significativo: le chiese non sono solo musei di opere d’arte del passato, ma luoghi vivi dove l’arte, anche quella contemporanea, racconta ancora di Dio trovando ispirazione nella Bibbia. Testimoniando soprattutto che nel seno della Chiesa le espressioni di spiritualità dell’uomo trovano non solo accoglienza, ma anche quel necessario supporto di senso che va ben oltre quello individuale suggerito dall’artista, spesso troppo vago e così poco interessante quando non riesce a uscire da sé.