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INDIA

La polizia arresta i cristiani che dovrebbe proteggere

Delhi, India: i cristiani, vittime di ripetuti assalti alle chiese locali, sono scesi in piazza a manifestare, chiedendo di essere protetti meglio dalle forze dell'ordine. Queste ultime sono intervenute: non per proteggerli, ma per arrestarli. Suore, laici, anziani e bambini: 200 cristiani in galera, trattati come criminali.

Libertà religiosa 06_02_2015
Cristiani manifestano a Delhi

I cristiani di Delhi, India, manifestavano pacificamente per chiedere l’intervento delle autorità in loro protezione, contro i continui attacchi che stanno subendo le chiese locali. Le autorità sono intervenute prontamente, in effetti. Ma non nel modo sperato: i poliziotti hanno fermato la manifestazione e arrestato 200 persone, fra laici e religiosi. L'incidente è avvenuto ieri, a due giorni dalle elezioni amministrative di Delhi, che si terranno domani, 7 febbraio. E che si stanno caratterizzando per un crescendo di violenze e soprusi ai danni dei cristiani indiani.

Il corteo era partito dalla cattedrale cattolica del Sacro Cuore per recarsi alla residenza del ministro dell'Interno, Rajnath Singh, al fine di chiedere una energica azione contro gli autori di una serie di attacchi contro le chiese. Ma la polizia, che non lo aveva autorizzato, non ha tollerato la loro presenza in piazza. La manifestazione era stata convocata dall'arcidiocesi della capitale. "Una manifestazione pacifica – si leggeva nel comunicato – per portare a conoscenza del governo i frequenti attacchi contro le chiese cattoliche di Delhi e sollecitare il governo a fornire sicurezza a tutti i luoghi religiosi, svolgere approfondite indagini sugli atti di violenza e consegnare alla giustizia i loro responsabili". Ora resta lo scalpore, nella comunità cristiana dell’India per come pacifici manifestanti sono stati trattati. L'arcivescovo di Mumbai, il cardinal Gracias, che è anche presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (Fabc), descrive all’agenzia Asia News "il modo in cui sono state trattate le nostre religiose, donne che hanno consacrato la loro vita a Dio trascinate via come criminali. Nemmeno i bambini sono stati risparmiati". "I cristiani - ricorda mons. Gracias all’agenzia missionaria - costituiscono meno del 2% della popolazione indiana, e nella stessa Delhi il loro numero supera di poco le 100mila persone (su 25 milioni di residenti, ndr). È una comunità pacifica e rispettosa della legge, e i nostri istituti educativi e sanitari sono al servizio della nazione. Eppure, in risposta alle decine e decine di anni dedicate alla costruzione di questo Paese, le nostre suore, i nostri sacerdoti e la nostra gente sono trattati come criminali. Questa è una vergogna, una disgrazia e una macchia per la nostra madrepatria".

Appena una settimana fa, il 28 gennaio, dopo i numerosi atti di vandalismo contro chiese cristiane e violenti episodi di ri-conversione forzata di cristiani all’induismo, la Conferenza Episcopale dell’India aveva scritto una lettera aperta al governo. “Mettere fine a simili pericolose tendenze — spiegavano i vescovi indiani — è indispensabile per la crescita e lo sviluppo della nostra nazione. La Costituzione dell’India garantisce a tutti i cittadini del nostro Paese di professare, praticare e propagare una religione di loro scelta. L’India è una terra dove differenti fedi religiose hanno prosperato a lungo e i nostri padri fondatori hanno dedicato sforzi speciali per assicurarsi che i diritti di tutti siano salvaguardati, a prescindere dal credo, dal genere o dalla casta”. Al riguardo, gli attacchi ai cristiani che sono avvenuti, solo per citare i casi più recenti, a Chhattisgarh, Madhya Pradesh, Orissa, Uttar Pradesh e Delhi hanno causato, secondo i presuli, “grande preoccupazione per la comunità cristiana. Le recenti controversie in nome delle riconversioni religiose ritraggono un’immagine negativa dell’India. La divisione della comunità e il tentativo di omogeneizzare l’India stanno ponendo delle minacce a tutte le minoranze: donne, dalit (i membri della casta inferiore, discriminati sotto punti di vista, ndr) e tutte le minoranze linguistiche, culturali e religiose”. E chiedevano un impegno concreto a protezione delle garanzie costituzionali: “I cristiani hanno bisogno di garanzie dal Governo: vogliamo sapere che saremo protetti, salvaguardati e al sicuro nella nostra madrepatria”.

La risposta è indirettamente arrivata con l’ennesimo atto di profanazione. La chiesa cattolica di Santa Alfonsa, nel centro di New Delhi, è stata attaccata nella notte tra l’1 e il 2 febbraio. Charles Irudayam, Segretario della Commissione giustizia, pace e sviluppo della Conferenza episcopale dell’India, dichiarava all’agenzia Fides: “Non sappiamo chi siano gli autori e chi possa averli istigati. Hanno forzato la porta, sono entrati in chiesa, hanno commesso atti vandalici devastando la chiesa. Hanno aperto il tabernacolo e profanato l’Eucarestia, spargendo a terra le particole. Siamo costernati”. Anche l'Arcivescovo di Delhi, Mons. Anil Couto esprimeva tutta la sua preoccupazione per “il crescente numero di attacchi alle chiese” nella metropoli indiana, definendoli “ben pianificati”. Secondo l'arcivescovo, la tendenza “è il riflesso di una campagna di odio e falsa propaganda da parte di gruppi il cui unico scopo è di infrangere l’armonia religiosa e la pace sociale di questa grande nazione”.

L’attacco alla chiesa di Santa Alfonsa è infatti il quinto in due mesi. Il primo è avvenuto l’1 dicembre 2014, con l'incendio della chiesa di San Sebastiano. Una settimana dopo: lancio di pietre contro la chiesa dedicata alla Madonna di Fatima. Il 3 gennaio: brucia il presepe della chiesa della Resurrezione. L’incendio è chiaramente di natura dolosa. Il 14 gennaio, alcuni uomini (identificati grazie alle telecamere a circuito chiuso) hanno vandalizzato la chiesa di Nostra Signora delle Grazie. Tutti gli incidenti precedenti avevano avuto luogo in aree periferiche. Quello alla chiesa di Santa Alfonsa era invece il primo avvenuto in pieno centro cittadino.

Mons. Anil Couto, a proposito degli interventi della polizia indiana, commentava a Radio Vaticana: “Non siamo molto contenti di loro, perché ogni volta che noi denunciamo un’aggressione, la prima cosa che fanno è cercare di coprire quello che è accaduto. Sempre dicono: ‘Questo è un incidente, non è un attacco’. Di quello che è successo ieri (a Santa Alfonsa, nella notte fra l’1 e il 2 febbraio, ndr) dicono che non è vandalismo, ma che erano venuti per rubare qualcosa dalla chiesa. Quindi, si trattava di ladri. Però non erano ladri, perché non hanno preso i soldi. Quella domenica, tutte le offerte di tutte le Messe erano ancora lì... Perché hanno rotto il tabernacolo, perché hanno preso le ostie e hanno disperso ogni cosa? A questo, la polizia non ha risposte. Dicono sempre soltanto che sono stati i ladri”.

Si può dire che, impedendo la manifestazione pacifica in difesa dei cristiani e poi arrestando 200 manifestanti, la polizia indiana abbia gettato la maschera? Probabilmente sì, perché, soprattutto da quando il partito nazionalista indù, il Bjp di Narendra Modi, è arrivato al governo, si sono moltiplicati gli atti di intolleranza, discriminazione e violenza contro i cristiani, le organizzazioni nazionaliste più estremiste sono diventate più forti e assertive, l’impunità nei loro confronti è diffusa. Come La Nuova Bussola Quotidiana ricordava di recente, l’India rischia di assistere ad un tentativo di “purificazione” dalle religioni non autoctone, prime fra tutte quella musulmana e quella cristiana. Da un punto di vista sociale, poi, i cristiani sono sempre stati nel mirino degli indù, proprio perché religione universale, che si oppone ad ogni discriminazione di casta. Un dalit vale come chiunque altro, se è cristiano. In quanto persona, ha pari diritti e pari dignità. Ed è questa la grande sfida cristiana in un sistema sociale costruito su un ordine chiuso, diviso in caste e caratterizzato da una disciplina in cui ciascuno, dalla nascita, ha un ruolo pre-ordinato nella società.