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IL CASO UNAR

La politica nella dark room dell'ipocrisia

Se allo Stato va bene concedere soldi per orge e saune gay, lasciateci almeno dire che senza alcun criterio morale con cui giudicare la realtà, la politica resta intrappolata nella dark room dell'ipocrisia. Ecco perché a dimettersi doveva essere anche la Boschi. Ma non l'ha fatto: le lobby gay hanno bisogno di una madrina presentabile e cattolica. 

Editoriali 22_02_2017

Non importa se il Sottosegretario Maria Elena Boschi fosse all’oscuro del vergognoso finanziamento da 55mila euro all’associazione Anddos finita nella bufera dopo lo scoop delle Iene. Era lei e non il funzionario dal cappotto arancione Francesco Spano a doversi dimettere. Spano doveva essere mandato via semplicemente con una telefonata, senza la ridicola manfrina dell’atto non dovuto ma opportuno. Anche perché se uno ritiene di essere nel giusto, non dovrebbe neanche darla vinta, soprattutto se adesso si scopre di aver avuto la tessera a sua insaputa. Che originalità.

Invece in questa torbida vicenda a uscirne compromessa nella sua autorevolezza politica è proprio la Boschi. Lo scendere in politica, nell’agone pubblico, comporta anche un grado di responsabilità che i politici ormai non hanno nessuna intenzione di addossarsi. In qualità di sottosegretario con delega alle Pari Opportunità e quindi responsabile diretta dell’Unar, l’ufficio del governo che si dovrebbe occupare di discriminazioni razziali, ma da qualche tempo ha aggiunto arbitrariamente tra le sue competenze anche quella dei diritti Lgbt e gender, doveva prendere atto di non essere riuscita a controllare un ufficio che dovrebbe invece guidare. Tropo facile prendersela con il sottoposto, è un vecchio vizio italico, duro a morire.

Il Sottosegretario Boschi, che già in passato è uscita indenne da bufere mediatico-giudiziarie, che però ne hanno comunque offuscato la patina di infallibilità, dovrebbe dare un esempio a se stessa e al Paese: lasciando un incarico che ha ottenuto non per diritto divino, né per concorso, ma per puro interesse politico. E poi dicono che ci si butta sul populismo. Per forza: così facendo la Boschi ha lasciato intendere che non importa quello che accade sotto la sua testa, lei sarà comunque in grado di resistere. Perché con ogni probabilità in fondo va bene a tutti così.

Il potere delle lobby gay ha bisogno di una madrina che più volte ha dimostrato di sposare in toto la causa Lgbt con la scusa delle discriminazioni. Il caso del docente di Pisa che l’ha messa all’inferno e la complicità con la Senatrice Cirinnà al tempo dell’approvazione delle Unioni Civili, stanno lì a ricordarcelo. Perché di uno Spano col cappotto arancione si può fare a meno, molti altri portatori d’acqua si potranno trovare per la causa. Ma di un politico fermamente convinto e soprattutto ostentatamente cattolico, che difenda l’agenda della dittatura Lgbt, no. Di questo c’è un assoluto bisogno e le lobby gay lo sanno.

In assenza di un’inchiesta della magistratura, perché il reato di prostituzione andrebbe provato in tutti gli altri circoli affiliati all’Anddos e perché in fondo i soldi non sono neanche stati erogati, la vicenda tornerà sui binari normali. E nessuno si scandalizzerà più di come vengano usati i nostri soldi. Qualche ritoccatina all’immagine e l’ideologia omosessualista continuerà a spremere i contribuenti in altro modo, sicuramente più accorto, ma blindato.

Tutti si scandalizzano del fatto che sia stato scoperto un vero e proprio bordello con la scusa del circolo culturale e del centro massaggi, ma il vero problema non sta neppure lì. Se ci fosse un lupanare clandestino nei circoli gay in fondo la Polizia avrebbe potuto scoprirlo anche senza l’aiuto delle Iene. Ma evidentemente è mancata quella che in gergo si chiama la volontà politica. Eppure i club e i privè dove si esercita la prostituzione tra uomini e donne, quelli ogni tanto vengono chiusi. Chissà perché non si ha mai notizia di circoli gay presi di mira? ha fatto notare non senza ragione il senatore di Idea Carlo Giovanardi.

Quello che non scandalizzerà nessuno è che esistano luoghi di promozione della causa gay dove l’attività principale e neanche tanto nascosta è quella del sesso. Questo si sapeva nell’ambiente, ora lo sta imparando a conoscere anche l’opinione pubblica. Bastava leggere le pagine che vi aveva dedicato Luca Di Tolve nel suo libro dove la pratica sessuale gay era protetta e custodita nell’ipocrisia di una sauna o di una palestra. Nel nostro piccolo anche noi della Nuova BQ abbiamo constatato facilmente come l’esistenza di dark room, glory holes e altre perverse abitudini sessuali, fosse una costante dichiarata fin da subito dei circoli e bene ha fatto Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia, che ha iniziato a fare i nomi e i cognomi della perversione in formato circolo culturale.

Ma se ciò non bastasse, è sufficiente leggere il comunicato stampa della stessa Anddos che, senza neanche troppe preoccupazioni e avanzando anche sospetti su una macchinazione di qualcun altro invidioso dice: “L’associazione rivendica con orgoglio l’attività dei propri circoli ricreativi, che ha permesso a intere generazioni di persone, omosessuali e non solo, di poter iniziare a vivere in serenità la propria identità, sperimentando anche la dimensione della sessualità in luoghi sicuri, al riparo da occhi giudicanti e dai rischi del web”. Parole che sono state dette a caldo in questi giorni ma che l’associazione scrive anche nel suo sito.

E’ chiaro anche a un bambino che l’espressione “sperimentare la sessualità in luoghi sicuri” significa una sola cosa: “Qui si fa sesso”. Che sia consenziente, a pagamento o orgiastico, finanziato o no con soldi pubblici, a questo punto poco importa.

Importa che la dimensione della sessualità sia vista come un luogo sicuro in cui sperimentare tutti gli istinti, senza troppo concentrarsi sul progetto divino cui l’uomo in cuor suo aspira. E per giunta al buio, in un drammatico parallelismo tra la luce portatrice di vita e le tenebre che ci consegnano all’oscurità della disperazione e dell’ignoto. Perché se la massima aspirazione di un uomo fosse quella di rinchiudersi in una sauna al buio concedendo la propria intimità ad uno sconosciuto, bè, allora c’è poco da fare della filosofia.

A casa nostra si chiama perversione, gli altri la chiamino pure come vogliono. Se allo Stato va bene concedere soldi per questi scopi, invece di tassarli all'italiana, lasciateci almeno protestare alla luce della nostra libertà e dire che senza alcun criterio morale con cui giudicare la realtà, la politica resta intrappolata nella dark room dell'ipocrisia.