Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LE INIZIATIVE

La politica si muove, ma in ordine sparso

In aiuto agli Evans sta lavorando un fronte che vede la prevalenza di forze conservatrici, anche se non stanno mancando alcune apprezzabili decisioni di esponenti dei gruppi progressisti.

Politica 27_04_2018

In questi giorni convulsi in cui decine di migliaia di persone stanno pregando, vegliando e sostenendo con una serie di altre iniziative il diritto alla vita di Alfie Evans, prigioniero all’Alder Hey Hospital con l’ostinata approvazione dell’intero sistema giudiziario britannico e della Corte europea dei diritti dell’uomo, anche una parte della politica si sta muovendo. È perciò utile fare una mappa dei partiti e dei rappresentanti politici che sono intervenuti pubblicamente per dare ai genitori Thomas e Kate la possibilità di trasferire loro figlio in un altro ospedale come il Bambin Gesù o il Gaslini di Genova, che hanno dato la piena disponibilità ad approfondire la diagnosi di Alfie e continuare a garantirgli le cure di base.

Volendo schematizzare, in aiuto agli Evans sta lavorando un fronte che vede la prevalenza di forze conservatrici, anche se non stanno mancando alcune apprezzabili decisioni di esponenti dei gruppi progressisti. Un comunicato stampa diffuso il 10 aprile dalla Steadfast Onlus aiuta a fare una prima mappa della situazione in Italia perché contiene l’elenco di 121 politici, tra parlamentari e rappresentanti locali,  che hanno aderito all’appello dell’organizzazione pro-life per salvare Alfie. Questa la suddivisione per partiti, in ordine di numero di adesioni: Fratelli d’Italia (72), Lega (40), Idea-Popolo e Libertà (3), Udc (2), Forza Italia (1), Alto Adige nel cuore (1), più due liste civiche. Benché fuori dal Parlamento, va ricordata la preziosa mobilitazione svolta dal Popolo della Famiglia, sia attraverso i suoi leader Mario Adinolfi e Gianfranco Amato (quest’ultimo presidente dei Giuristi per la Vita, che dall’inizio della vicenda hanno offerto assistenza a Thomas e Kate) sia attraverso gli attivisti sparsi sul territorio, i quali da mesi cercano di sensibilizzare sul calvario vissuto dagli Evans.

Il pressing politico si è intensificato dopo il commovente incontro a Roma del 18 aprile tra Thomas (accompagnato dalla nostra inviata Benedetta Frigerio) e papa Francesco, che ha incaricato monsignor Cavina di fare tutto il possibile per trasferire Alfie al Bambin Gesù, in coincidenza con i giorni più drammatici per il bambino e la sua famiglia. Il 23 aprile, giorno fissato per il distacco del ventilatore (poi avvenuto alle 22:17) e in cui è arrivato l’ennesimo rifiuto della Cedu di salvaguardare la vita del piccolo inglese, sono intervenuti con decisione sia la Lega che Fratelli d’Italia. Il partito di Salvini con un’interrogazione urgente firmata dal vicepresidente della Camera Lorenzo Fontana e dai parlamentari veneti (seguita il giorno dopo da una mozione di tutta la Lega) e il secondo con la leader Giorgia Meloni, che ha rivolto un appello urgente all’esecutivo per la concessione del visto diplomatico alla famiglia Evans. Nell’occasione il governo Gentiloni è intervenuto con tempestività, concedendo la cittadinanza ad Alfie, firmata dai ministri degli Esteri Angelino Alfano e dell’Interno Marco Minniti, con l’espresso auspicio “che l’essere cittadino italiano permetta, al bambino, l’immediato trasferimento in Italia”.

Il 24 aprile ha speso delle parole per Alfie anche il forzista e presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che ha chiesto di “dare un’altra possibilità ad Alfie”, a margine di un incontro con il presidente della Cei Gualtiero Bassetti. Si sono prese a cuore la situazione del bambino anche due europarlamentari del Pd, Silvia Costa e Patrizia Toia (gruppo S&D, socialisti e democratici), che hanno presentato un’interrogazione urgente alla Commissione europea, scrivendo che la giustizia britannica sta “violando i diritti fondamentali dell’Ue e la libera circolazione dei pazienti nel territorio. Il bimbo è ancora in vita […], chiediamo pertanto ai commissari competenti di sottoporre con urgenza il provvedimento giudiziario britannico all’esame della Corte di giustizia dell’Unione europea”. Quest’ultima idea è la stessa proposta dai giuristi del Centro Studi Livatino, che in un intervento - corredato da vari riferimenti normativi - ha esortato il governo a “ricorrere con urgenza alla Corte di giustizia europea: la cui pronuncia nel caso specifico potrebbe salvare la vita ad Alfie evitando diatribe diplomatiche tra Stati amici”.

Il leghista Simone Pillon, di concerto con la Steadfast e la famiglia, è tra coloro che si stanno muovendo per attivare la giustizia italiana e proteggere così il diritto alla vita di un bimbo di quasi due anni che è ormai nostro concittadino: ieri ha scritto di aver ricevuto il proprio passaporto diplomatico e di essere in colloquio con il ministero degli Esteri dove “ho trovato attenzione e grande collaborazione”. Se l’Italia ha il merito di essere il Paese più impegnato nel tentativo di salvare Alfie dai boia in toga e camice, bisogna quantomeno accennare all’importante mobilitazione della Polonia, altra nazione di forte tradizione cattolica, sia a livello di comuni cittadini che di istituzioni. Il presidente della Repubblica Andrzej Duda è intervenuto mercoledì 25 su Twitter, scrivendo che “Alfie deve essere salvato! Il suo corpo piccolo e coraggioso ha provato di nuovo che il miracolo della vita sa essere più forte della morte. Forse tutto quello di cui ha bisogno è un po’ di buona volontà da parte di chi prende le decisioni. Alfie, preghiamo per te e la tua guarigione!”.

Ma anche nel Regno Unito esistono politici che non accettano il sistema di morte che si è scatenato contro Alfie (e prima ancora contro Charlie, Isaiah e chissà quanti altri bambini e pazienti indifesi). Come l’europarlamentare Steven Woolfe, ex Ukip e oggi indipendente, che da mesi sostiene la battaglia degli Evans per la vita di loro figlio e ha parlato esplicitamente di “arroganza istituzionale” da parte delle élite mediche e giuridiche del suo Paese. Nettissima è stata in questi giorni pure la presa di posizione dei nazionalisti dell’Ukip, il cui leader Gerard Batten ha affermato: “Alfie Evans dovrebbe avere il diritto di vivere, non il dovere di morire per volontà dello Stato. La decisione della corte e dei medici è come una porta aperta al totalitarismo. Lo Stato non ha diritto di dire ai genitori «non potrete avere vostro figlio indietro nemmeno per un trattamento sanitario alternativo, fino a che non siamo sicuri che sia morto»”.

In questa carrellata di partiti e singoli esponenti politici impegnati a fare qualcosa per la vita di un piccolo condannato a morte - detenuto in ospedale da un potere che impedisce ai genitori di farlo curare altrove - si sarà notata l’assenza totale o, meglio, il silenzio assordante di celebri cantori dell’autodeterminazione quali Marco Cappato ed Emma Bonino, invece sempre così zelanti quando si tratta della “libertà” di dare la morte con l’eutanasia, il suicidio assistito o l’aborto. Né si è sentita una parola a difesa della vita di Alfie da organizzazioni quali Amnesty International, Save the Children o Unicef, il che non sorprende alla luce di una morale di fondo che è opposta a quella cristiana. Questo per ricordare che accanto alla buona volontà mostrata dai partiti citati (assente anche il Movimento 5 Stelle), serve la formazione e la riscoperta di un’autentica cultura della vita, laddove sia chiaro il legame tra creatura e Creatore, perché non ci si debba più basare su iniziative spesso inevitabilmente estemporanee e si proteggano i piccoli che ci sono stati affidati.