La Passione di Gesù e la nostra
Entriamo nella Settimana santa da un'arcata di gioia e trionfo, con Gesù a dorso d’asino, acclamato da grandi e piccini. É un breve lampo. Subito il Vangelo mostra l’Uomo condannato e ucciso. La sua vicenda si ripercuote nei nostri entusiasmi, egoismi e tradimenti. La memoria di Gesù che patisce e risorge ci conduce a ritrovare noi stessi.
La Settimana Santa arriva veloce con il vento della Primavera. Con una certa fretta ne prepariamo i riti, scuotendoci da distrazione e lontananza, sorpresi dal fiorire dei peschi a lato del parcheggio; la magia della Primavera è apparsa all’improvviso. Il Giubileo che continua a riempire la Cattedrale rinnova la percezione che la liturgia non è un calendario di scadenze abitudinarie e di riti impacchettati in formato standard, ma un fatto che accade.
La Quaresima ci scuote con la misericordia, con la parola del Vangelo e con gli avvenimenti. Al venerdì la preghiera della misericordia e il cammino della Via Crucis innalzano lo sguardo al Crocifisso. Il figlio prodigo torna a casa e viene abbracciato dal padre, e la donna sorpresa in adulterio è salvata in extremis da Gesù: la porta della Misericordia si spalanca per tutti. Lo sarà anche per i profughi che premono alle frontiere degli Stati? La nostra “civiltà mediterranea e moderna” allestisce pigramente nuovi lager fatti di vento, pioggia, fango, filo spinato, respingimenti. L’Europa si confonde sul senso della vita, della nascita e della morte, dell’amore e della famiglia. Si può vivere così?
Entriamo nella Settimana santa da un'arcata di gioia e trionfo, con Gesù a dorso d’asino, acclamato da grandi e piccini. É un breve lampo. Subito il Vangelo mostra l’Uomo condannato e ucciso. La sua vicenda si ripercuote nei nostri entusiasmi e clamori, nei nostri egoismi e tradimenti. La memoria di Gesù che patisce e risorge ci conduce a ritrovare noi stessi, ripercorrendo le fibre del nostro passato e riaprendo la promessa del futuro. La liturgia si intreccia con gli avvenimenti e diventa un paragone e una grazia, una sorgente e un albero di vita.
Ai tempi delle persecuzioni, nelle prigioni, nei lager e nei campi di sterminio il furtivo gesto liturgico divenne radice di libertà e di carità. Nel rigore e grigiore dei tempi di Stalin, e nel tacito collaborazionismo delle istituzioni religiose compromesse con la dittatura, la pratica liturgica divenne speranza di salvezza. Oggi, nell'inverno religioso che ci disperde nelle nostre solitudini e rende i giovani inabili alla fede, la scadenza liturgica sorprende il popolo cristiano.
I catechisti si affrettano a presentare la Settimana santa ai ragazzi, altre persone tagliano i rami di olivo, i cori preparano i canti, la carità rinverdisce le giornate e si industria a preparare “pacchi” più sostanziosi; qua e là riemergono le adorazioni delle Quarantore, mentre la preghiera silenziosa o acclamata dei monaci nei conventi e dei cristiani nelle chiese celebra un amore presente. «Che cosa hai a che fare ancora con noi, o Cristo?»
Nei giorni della Settimana Santa vediamo Cristo camminare nella passione e nella gloria, percorrendo il sentiero di una vita interamente donata. Mentre partecipiamo alle celebrazioni o mentre studiamo e lavoriamo, mangiamo e riposiamo, domandiamo di immedesimarci con il cuore di Cristo, perché in noi e attorno a noi rinasca l'amore alla vita, risorga la compassione verso l'uomo e il mondo riconosca il giorno della risurrezione.