La pandemia accelera i tempi per la nuova liturgia
La pandemia di Coronavirus ha contribuito a dare un’accelerazione importante ad alcuni processi che erano comunque già in atto da tempo sul fronte della liturgia. Come il calo delle presenze in chiesa. Molti, impauriti da un contagio, hanno colto l’occasione per abbandonare la partecipazione alla liturgia. Sarà possibile recuperare queste persone?
In questi tempi difficili, mi viene in mente una frase della classicità latina, che dice motus in fine velocior, cioè che un azione aumenta di intensità verso la fine. Non posso fare a meno di applicare questa frase alla situazione della liturgia nella Chiesa cattolica, in quanto mi sembra che la pandemia di coronavirus ha contribuito a dare un’accelerazione importante ad alcuni processi che erano comunque già in atto da tempo. Se si osservano questi processi con un certo grado di oggettività, per quanto possibile, si vede come quello che accade ora non è che il frutto finale di un qualcosa che maturava da decenni.
Un dato che mi sembra importante e che è stato già segnalato in varie occasioni anche dall’autorità ecclesiastica è il calo delle presenze in chiesa, un calo che in alcune zone è ovviamente più sensibile che in altre. Questo calo non è venuto come una sorpresa, esso proseguiva inesorabile durante gli anni ma in maniera certamente più impercettibile. Questo ha dato a molti, impauriti da un contagio, l’occasione per abbandonare la partecipazione alla liturgia. Sarà possibile recuperare queste persone? Questa è una domanda a cui è difficile dare una risposta immediata in quanto, come ho già detto, quello che sta accadendo non accade di sorpresa, ma è l’evoluzione accelerata di un processo che andava avanti da tempo. Questo dovrebbe fare interrogare molti sul modo in cui la riforma liturgica è stata portata avanti ed implementata, ma sembra che su questo ci siano ancora resistenze nel valutare con serenità d’animo.
Eppure la pandemia ha indirettamente scoperchiato alcuni altarini, permettendo di parlare diffusamente di cose di cui era difficile parlare in precedenza. Prendiamo l’esempio del segno della pace, ovviamente sotto i riflettori in quanto particolarmente controindicato in tempi come questi. Le perplessità su questo segno liturgico erano già sorte in precedenza, causando anche un documento da parte della Curia romana che cercava di limitarne gli abusi. Non dubito che esso nella sua forma originale e più autentico possa avere un profondo significato, ma mi sembra anche ovvio che questo significato è di comprensione difficile dall’assemblea liturgica media. Io vedo con favore l’attuale pratica di inchinarsi agli altri, alla maniera cinese, che evita manifestazioni legate a questo momento liturgico che poco hanno a che fare con la dignità e la riverenza dovute alla liturgia.
Per quanto riguarda il ruolo della musica liturgica, credo che la pandemia ha soltanto mostrato come essa sia divenuta sempre più irrilevante nei decenni scorsi. Fra cantare e non cantare a Messa non abbiamo avvertito una grande differenza. Mi è capitato a Pasqua di partecipare alla Messa in una importante parrocchia romana e un coretto cercava di proporre alcuni canti che non davano per nulla, però, il sapore di questa festa così importante. Prima la musica era così importante che le liturgie prendevano il nome dall’antifona di introito, domenica Laetare, domenica Gaudete e via dicendo.
Oggi queste antifone sono quasi mai cantate (e il “quasi” è una affermazione ottimistica) e spesso neanche recitate. Eppure esse sono altre letture, testi biblici, che danno il tono di quella specifica liturgia. Insomma, tutto quello che ci sta accadendo mostra come quello che è avvenuto alla musica sacra non ha fatto altro che renderla non parte integrante della liturgia, ma inutile orpello.
Eppure la Messa dovrebbe essere un tesoro prezioso per ogni cattolico, dovremmo moltiplicare le Messe piuttosto che diminuirne il numero. Eppure, anche lì, se si osserva la disposizione della segreteria di stato che riguarda la Basilica di San Pietro, si osserva una accelerazione in una direzione che certamente preoccupa.
Insomma, bisogna vigilare per osservare dove ci porterà questo processo di accelerazione verso una meta che forse solletica la fantasia di alcuni, ma che preoccupa profondamente altri.