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LA GIORNATA

«La pace è possibile». Ma di quale pace parliamo?

I pacifisti hanno trasfornato il concetto di pace nel semplice contrario di guerra. Con relative marce e bandiere arcobaleno. Ma per la tradizione cristiana, la pace è «tranquillità nell’ordine». E vi sembra che sia la realtà odierna? In passato non lo è stato, lo sarà in futuro, ma non in questo mondo.

Politica 03_01_2015
La pace è davvero possibile?

A letto con l’influenza, ho guardato l’Angelus del Papa a Capodanno in tivù. Il primo giorno dell’anno è consacrato a Maria Madre di Dio. Ma ormai è roba da tradizionalisti inveleniti. Per i cattolici adulti il primo dell’anno è la Giornata della Pace, molto più aperta e avanzata. Così, nella piazza romana gremita quelli di Sant’Egidio si sono presentati con un megastriscione bianco e la scritta cubitale “La pace è possibile”. Cioè, uno slogan più pieno di vento dell’otre di Eolo (cfr. Odissea). Non significa niente, ma fa tanto trendy. 

E poi è anche il marchio di fabbrica di una Comunità che non si stanca da decenni di proporsi come mediatrice nei conflitti internazionali. Anche se non tantissimi ne richiedono i servigi e, anzi, si ricorda un caso in cui un governo (quello algerino se non andiamo errati) la pregò seccamente di farsi i fatti suoi. Magari, chissà, sogna di far sedere a un “Tavolo della pace” l’Isis, perché, si sa, siamo tutti fratelli. In fondo, «la pace è possibile», suvvia, basta un bacio (della pace, of course) reciproco, uno sulla guancia del tagliatore di teste e uno su quella della testa mozzata. Massì, un punto intermedio d’incontro -tra chi brama di tornare al beato secolo VII quando i suoi antenati dormivano in tenda nei deserti pascoli per cammelli, e i filo-gay sempre connessi- si deve pur trovare, perché «la pace è possibile» tra gente di buona volontà. 

Ora, al di là delle mie boutades giornalistiche (senza offesa, spero, per i santegidini: scherzavo), il tradizionalista incanaglito di cui sopra, aduso a spaccare il capello teologico in quattro, si soffermerebbe sul concetto di “pace” e, argomentando da sant’Agostino a san Tommaso, rimarcherebbe che la definizione classica (che la Chiesa ha fatto sua) di pace è «tranquillità nell’ordine». Sorge il sospetto che, per i pacifisti senza se e senza ma, “pace” sia il semplice contrario di “guerra”, intendendo per quest’ultima quel che si vede al cinema: soldati in uniforme, carrarmati, ordini abbaiati, bandiere. Niente di strano, visto che il sedicente progressista pensa per slogan, che sono concetti in pillole e riducibili al bianco-nero. Vabbe’, contento lui. Ma se "pace” è «tranquillità nell’ordine» (e lo è, lo dice il buonsenso e lo certifica la Chiesa), ditemi voi lettori se vi sembra di vivere in “pace”. 

Aprite la cronaca o un tiggì e ditemi. Un sistema di valori alla rovescia ci viene imposto dall’alto dai giacobini che ci comandano, la delinquenza spicciola e impunita ci tormenta, siamo sempre più soli e impauriti, impoveriti, espropriati. Se prendi l’aereo, incombe la minaccia del terrorismo. Se prendi il treno, pure. Se prendi l’auto, il clandestino drogato ti ammazza. Mandi il bimbo a scuola e ti torna vestito da bimba. Fai la Sentinella silenziosa e ti aggrediscono (ma non sei fai il santegidio). E questa sarebbe pace? Ma ci facciano il piacere. Allora si stava meglio prima? E quando? “Prima” c’erano le P38 e lo stragismo bombarolo. Prima di quello c’era la rivoluzione sessantottarda, con scontri di piazza, scioperi per il Vietnam e rivolte universitarie. Ancora prima c’era un boom economico pagato con l’emigrazione per fame di tutto il Sud e il Veneto. Prima ancora c’era la guerra civile succeduta alla sconfitta bellica. Ancora prima c’era la guerra. Prima della guerra c’era ancora emigrazione per fame e prima ancora c’era un’altra guerra. Che cosa c’era prima di quest’ultima? Emigrazione per fame nelle due Americhe, prima della quale c’erano le guerre risorgimentali e lo sprofondamento del Sud. E prima c’erano le rivoluzioni nazionalistiche, e prima ancora l’invasione napoleonica… 

Come si vede, mi sono limitato solo agli ultimi due secoli italiani, nei quali non c’è stata una generazione, una sola, che sia stata in “pace”. Per il tempo precedente basta sfogliare il sussidiario. Il fatto è che bisogna fare i conti col Peccato Originale, stante il quale il mondo è Valle di Lacrime. E la vera pace non è di questo mondo.

Voi direte: ma quello striscione lo ha citato pure il Papa. Vero, ma non si dimentichi che il Papa è un prete e deve indicare la direzione a cui tendere, tenendo conto del fatto che l’unico strumento umano a disposizione della Chiesa è, ed è sempre stato, la diplomazia. Ma in bocca a un laico, di questi tempi, la "pace" rammenta marce assisane e sciarpe arcobaleno, effettuate al sicuro e non dove servono, con finali che non di rado includono bandiere americane e israeliane bruciate. O russe, a seconda del momento. E l’esperienza insegna che si comincia con «la pace è possibile» e si finisce con «meglio rossi che morti». Sono abbastanza anziano per ricordare che il pacifismo l’ha inventato il Kgb. La pace è dunque impossibile? No, ma ci sono due sole vie: la conversione (con preghiera+digiuno mirati, con i quali il Papa ha scongiurato, per esempio, l’intervento in Siria) o la guerra contro l’ingiusto aggressore.