Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico

LETTERE DA BOLOGNA

La nuova Resistenza si chiama difesa della famiglia

Veglia delle Sentinelle in Piedi sotto assedio, difesi da un cordone di polizia per tenere a bada centinaia di attivisti Lgbt pronti anche alla violenza fisica. Intimidazione, isolamento dal resto della città, soltanto per stare un'ora in silenzio in piazza a leggere un libro. Tre testimonianze da Bologna ci pongono una domanda: c'è ancora qualcuno disposto a battersi per la verità e la libertà? 

Famiglia 25_04_2015
Sentinelle sotto scorta a Bologna

Caro direttore, 

condivido con Lei e con la Nuova Bussola i fatti e le impressioni a caldo della testimonianza di piazza che ho vissuto domenica a Bologna con le Sentinelle In Piedi. 

La veglia è quasi conclusa quando mi si avvicina un ufficiale delle forze dell’ordine in borghese, mi indica di lasciare la piazza tramite una via laterale in cui verremo scortati. Ci dicono che ci faranno defluire a piccoli gruppi per motivi di sicurezza, e ci viene consigliato di nascondere il libro perché non si veda, una volta in strada, che siamo stati a vegliare con le Sentinelle In Piedi. “Ma come?” – chiedo spontaneamente – “mi devo vergognare come fossi un ladro?”, subito giunge la risposta: “Qui non è questione di vergogna ma di preservare l’incolumità di chi ha vegliato”.

Obbedisco, ma resto allibita e profondamente toccata. Il dispiegamento di forze dell’ordine è davvero imponente, ma comprensibile dopo quello che è accaduto lo scorso 5 ottobre, non so se siano davvero 100 gli uomini impegnati, come sento dire, non so se siano davvero 800 i contestatori che hanno urlato insulti contro di noi per tutta la veglia, e che non hanno permesso a molti di noi di entrare, non li vedo e non posso contarli. Però sento le loro volgarità, le meschinità che ripetono rabbiosi di fronte a quello che per loro deve essere un insospettabile silenzio.

Provo amarezza, perché quegli slogan sviliscono per primi loro stessi, e anche rabbia, nei confronti di chi non capisce l’attacco frontale che stiamo subendo. Non so se i nostri contestatori siano militanti dei centri sociali, anarchici, o solo ragazzini strumentalizzati dalle lobby Lgbt. Quello che so è che ho toccato con mano quanto la dittatura del pensiero unico prenda forma giorno dopo giorno sotto i nostri occhi e ai danni delle nostre vite: il ddl Scalfarotto è ancora fermo al Senato, eppure non serve che venga approvato perché già oggi, in Italia, non è più possibile affermare pubblicamente liberamente che ciascuno di noi ha un progetto iscritto nella propria natura che ci vuole maschi e femmine, e che la famiglia è fondata sull'unione stabile e fedele tra un uomo e una donna, e che i bambini hanno diritto a una mamma e un papà.

Èpossibile farlo al chiuso delle nostre case, di qualche salone o sala congressi, in oratorio, ma comunque chiuso, nel privato, perché se lo facciamo in piazza, prendendoci uno spazio pubblico, testimoniando davanti a tutti, occorre che le forze dell’ordine ci difendano dalle aggressioni.

Ora io mi chiedo, direttore, con le parole usate dal portavoce ieri: “Di fronte a tutto questo, davvero vogliamo stare a guardare? C'è ancora qualcuno disposto a battersi per la verità e il bene comune? Qualcuno disposto a rischiare, a metterci la faccia per sottrarsi alla menzogna?”. O, aggiungo io, vogliamo tornare nelle catacombe? C’è ancora qualcuno che ha a cuore la libertà d’espressione, che cerca la verità, c’è ancora qualcuno che non è disposto a veder violentata la democrazia? Se sì, è questo il momento di farsi vedere e sentire, pubblicamente. 

Lucia Minelli

 

Caro direttore, 

domenica scorsa - 19 aprile - ho partecipato alla veglia delle Sentinelle in piedi di Bologna come fotografo, che è anche un buon pretesto per muoversi liberamente dentro le varie situazioni. I gruppi Lgbt hanno organizzato un evento nello stesso luogo delle Sentinelle, stabilito poche ore prima e chiamato “Limoni duri per le Sentinelle”. Baci e abbracci e cartelli tipo “Fuori i preti dalle nostre mutande”, “Chi difende i bambini Queer”, “Lesbica volante godimento costante”, “Gli unici bambini turbati sono i vostri bambini”, “Voi sentinelle, Noi sentibelle” e “Sarà una limonata che vi seppellirà”. Mentre mi avvicino alla piazza Santo Stefano (il primo martire cristiano) quei gruppi fanno calca davanti alla polizia e sotto i portici sento una ragazza che risponde a dei ragazzini che chiedevano cosa stesse succedendo: “Siamo qua per fare una contro-manifestazione e non ci fanno entrare”.

Spiega pacata, ma non capisce che boicottare una libera manifestazione autorizzata non è democratico né civile. Se non ci fosse stata la polizia che cosa avrebbero fatto, sarebbero andati sotto il naso delle Sentinelle a urlare i loro slogan prevenuti? Avrebbero tirato come la volta scorsa uova e calci? Mi viene da dire che a spremere quei “Limoni” esce solo del “succo di ricino”, un’intolleranza censoria già vista che si mimetizza abilmente dietro parole e intenzioni “civilmente corrette”.

Volendo entrare nella piazza della veglia mi ha colpito il blocco totale degli accessi da parte delle forze dell’ordine. Per passare ci vuole un riferimento, chi non l’ha resta fuori, e per fortuna mentre sono al varco arriva uno degli organizzatori che dà l’ok alla polizia. La bellissima piazza mi sembra surreale. Circa 200 persone che leggono in piedi, isolate dal resto della città. Sono come sotto una teca. Se un risultato i “Limonatori” l‘hanno ottenuto è l’isolamento delle Sentinelle. La città vive la domenica pomeriggio ignara dell’evento. Da lontano arrivano le grida dei contestatori, mentre le Sentinelle restano impassibili. 

Si può valutare quell’emarginazione delle Sentinelle, imposta dall’aggressività dei “libertari”, come un fallimento della manifestazione, ma la mia fiducia nella fecondità autoevidente della verità mi porta a paragonare il loro violento isolamento al seme di una pianta, sepolto nella buia e silenziosa terra, che non cade mai senza portare frutto. I vari “verofobi” per quanto tempo possono occultare la verità e la realtà della vita che senza sosta, paziente e determinata, preme?

Massimo Zambelli

 

Caro direttore, 

siamo una coppia di sposi di Bologna che domenica scorsa ha partecipato alla veglia delle Sentinelle in Piedi, una veglia attesa con trepidazione e una buona dose di timore, visto quanto successo il 5 ottobre scorso quando un mix di attivisti Lgbt e centri sociali aggredì - non solo verbalmente - l'ottantina di sentinelle presenti in piazza. Per questo motivo l'organizzazione della veglia è stata curata fin nei dettagli, mantenendo un contatto quotidiano con la questura. Contatti che si sono intensificati all'apparire delle prime avvisaglie di contestazioni, derivanti quasi esclusivamente dal mondo Lgbt.

Come di consueto, data e piazza sono state indicate con largo anticipo, secondo i nostri canoni: piazza centrale, di passaggio e di passeggio, significativa e - requisito aggiunto dalla questura - ben difendibile.

Come successo anche in altre città, nei giorni immediatamente precedenti alla veglia i giornali locali si sono sbizzarriti nell'indicare orario e piazza differenti da quelli ufficiali contribuendo, a nostro avviso, ad aumentare i rischi per la sicurezza dei partecipanti. Totalmente inascoltate sono state le nostre richieste di rettifica. Abbiamo poi saputo che alcune persone che avrebbero voluto vegliare con noi, seguendo le indicazioni dei giornali non hanno potuto partecipare alla veglia in quanto bloccati dai cortei di contestatori più o meno aggressivi.

Domenica, all'arrivo in piazza, siamo stati accolti da un massiccio presidio di forze dell'ordine: sono stati più di cento gli uomini coinvolti e, se da un lato tutto ciò ha contribuito alla nostra serenità, dall'altro ha aumentato il nostro disappunto per una situazione ritenuta totalmente assurda e fuori da ogni logica: com'è possibile che per vegliare in silenzio, pacificamente e per ribadire concetti ovvi sia necessario essere protetti, e in maniera così evidente? Può forse essere indice di democrazia? 

Nel discorso del portavoce (che lo scorso 5 ottobre venne interrotto sul nascere da un fitto lancio di uova), sono stati sottolineati i punti chiave di noi Sentinelle, a partire dal fatto che siamo in piazza per amore e non per odio nei confronti degli omosessuali in quanto ci rifiutiamo di suddividere le persone in categorie in base alla tendenza sessuale. Di fronte abbiamo solo persone, ciascuna con la propria storia, col proprio vissuto, fatto di gioie e fatiche ... ma tutte con la medesima dignità di persone e con lo stesso grande desiderio di infinito.

Sono state poi passate in rassegna le principali minacce contro l'uomo in corso nella nostra società: libertà di espressione in serio pericolo (ddl Scalfarotto), matrimonio tra persone dello stesso sesso (ddl Cirinnà), pratica abominevole dell'utero in affitto, introduzione dell'ideologia del Gender nelle scuole (ddl Fedeli).

Un autentico florilegio di decreti di legge assurdi e pericolosi, nei confronti dei quali non possiamo stare a guardare con animo intiepidito o rassegnato. Dobbiamo reagire, essere in prima linea, soprattutto per il bene delle future generazioni, respingendo con tutto noi stessi questa soffocante dittatura del pensiero unico che vede i figli non più come doni ma come diritti, i genitori come attori non protagonisti nelle scelte educative, la dignità della donna schiacciata da egoismi personali, le scuole come luoghi nei quali viene minata l'identità di formazione di bambini e ragazzi.

Certo la battaglia è su molti fronti e pare destinata ad un game over annunciato. Siamo tuttavia convinti che rimanendo uniti e facendo rete tra noi, rischiando e mettendoci la faccia per sottrarci alla menzogna imperante, coltivando intensi rapporti di amicizia, sia ancora possibile risvegliare un numero sempre maggiore di cuori pronti ad essere testimoni - nelle piazze, nelle case, sui luoghi di lavoro - di questo piano inclinato verso il baratro.  Solo così riusciremo a far nascere in noi e nei nostri amici un sano orgoglio che impregni tutta la nostra quotidianità: un forte, convinto e contagioso family pride che arrivi a condizionare le scelte dei nostri legislatori. È questo che ci ha portato e ci porta a stare in piedi nella piazza e nella vita. Senza piegarci, mano nella mano, certi che questo ci rende liberi e vincitori già ora.

Gianluigi e Lara