La Natività di Castel d’Appiano
Dell'Alto Adige sono celebri i presepi in legno e i tanti Altari della Natività nelle chiese. Meno usuale è trovare una Natività in un castello, e la sorpresa si unisce alla meraviglia davanti a uno dei cicli di affreschi medievali più belli della regione.
L’Alto Adige è terra di presepi, e sono celebri nel mondo le opere di alto artigianato artistico dei maestri della Val Gardena come i preziosi Altari della Natività di tante chiese delle valli alpine.
Meno usuale è trovare immagini della Natività in un castello, e la sorpresa si unisce alla meraviglia della contemplazione di uno dei cicli di affreschi medievali più belli della regione.
Castel D’Appiano è una rude fortezza che domina in posizione panoramica la cosiddetta Strada dei Vini, a pochi chilometri da Bolzano. Cortine murarie e torri, tra cui troneggia il particolare mastio a pianta pentagonale, si ergono su uno sperone di roccia che domina il piccolo abitato di Missiano, nel comune di Appiano. Il castello fu costruito nella prima metà del XII secolo dal Conte Ulrich II di Appiano, come rocca offensiva e difensiva nel lungo conflitto con i conti del Tirolo, che ne divennero proprietari nel XIV secolo e provvidero a ricostruire le parti danneggiate dei secolari conflitti.
Per trovare gli affreschi bisogna varcare le mura e cercare la piccola cappella, probabilmente consacrata nel 1131. Le pareti dipinte, riscoperte nel 1926, sono state a restaurate negli anni Sessanta, e grazie a questo restauro è stata recuperata una vera e propria meraviglia. Il ciclo sottolinea la devozione mariana dei popoli alpini e la Vergine è protagonista dei racconti che si sviluppano comprendendo episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento.La lettura delle immagini può iniziare dalla parete settentrionale del piccolo ambiente, dove compaiono gli episodi dell’Annunciazione e della Visitazione, segue la particolare Natività, che è l’opera sulla quale vogliamo soffermare l’attenzione.
L’immagine è al contempo semplice e colta, unisce la memoria di iconografie di matrice bizantina con sfumature dialettali, ed è testimonianza di botteghe di artisti forse itineranti, perché vi sono molte assonanze con altre chiese della Val Venosta e addirittura con gli affreschi romanici dell’abbazia di San Giovanni di Müstair, nei Grigioni. Come le più tradizionali icone bizantine della Natività l’affresco rappresenta Gesù nella parte alta dello spazio, protetto nel profondo della grotta e scaldato dal bue e dall’asino, la sua mangiatoia in realtà sembra una piccola costruzione, e anticipa l’immagine del sepolcro.
La Madonna è sdraiata nel centro della composizione, e ancora più in basso Giuseppe veglia su di loro all’entrata della grotta. Non manca, anche se poco leggibile, la figura di satana “mascherato” da pastore, proprio sotto Giuseppe, simbolo della tentazione e del dubbio che colsero il Santo. In basso a destra l’iconografia orientale “canonica” vorrebbe la rappresentazione della levatrice che lava il Bambino nel bacile, e che qui diventa una rustica immagine di donna che cucina, forse proprio i tipici knödel tirolesi: nella sua ingenuità questa nota non vuole essere irrispettosa e cala ancora di più nella realtà quotidiana delle genti montane il miracolo dell’Incarnazione.