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SINFONIE PAPALI

La musica di Liszt incanta il Papa

Il Pontefice e l'ammirazione per il compositore ungherese, geniale nell'esprimere la bontà di Dio vicino all'uomo anche nell'angoscia.

Cultura 03_06_2011
Liszt
Un nuovo genere letterario pontificio creato da Benedetto XVI, che ci ha già offerto dei veri piccoli gioielli, riguarda le lezioni che il Papa offre sulla grande musica cristiana, a partire dalla sua personale competenza di appassionato musicologo. La Bussola Quotidiana ha già presentato la sua lezione del 5 maggio 2011 su Antonio Vivaldi (1678-1741) e Gioacchino Rossini (1792-1868). Il 27 maggio 2011 il Papa ci ha offerta una nuova gemma musicologica al termine del concerto in Vaticano che gli è stato offerto dal Presidente della Repubblica di Ungheria, Pál Schmitt, in occasione della Presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione Europea e del duecentesimo anniversario della nascita di Franz Liszt (1881-1886).

Il Papa ha definito Liszt
«uno dei maggiori pianisti di tutti i tempi», ricordandolo come «compositore geniale non solo di musiche per pianoforte, ma anche di musica sinfonica e sacra». Pochi ricordano che questo grandissimo pianista e compositore, dopo una vita talora sregolata e una probabile affiliazione massonica, si convertì e ricevette nel 1865 gli ordini minori. Benedetto XVI, che di solito collabora a scegliere le musiche dei concerti in suo onore, ha voluto commentare quattro brani.

Anzitutto,
sono stati eseguiti per il Pontefice «il Festmarsch zur Goethejubiläumsfeier, la Vallée d’Obermann e l’Ave Maria-Die Glocken von Rom, il primo nella rielaborazione e gli altri due nella trascrizione dal pianoforte del Maestro Kotschisch secondo il più genuino spirito lisztiano». «In queste tre composizioni – ha detto il Papa – sono messi in evidenza tutti i colori dell’orchestra; perciò, abbiamo potuto sentire con chiarezza la voce particolare delle varie sezioni che formano una compagine orchestrale: gli archi, i fiati, i legni, gli ottoni, le percussioni. Timbri molto caratteristici e diversi tra loro. Eppure non abbiamo sentito un ammasso di suoni slegati tra loro: tutti questi colori orchestrali hanno espresso armoniosamente un unico progetto musicale. E per questo ci hanno donato la bellezza e la gioia dell’ascolto, hanno suscitato in noi una vasta gamma di sentimenti: dalla gioia e festosità della marcia, alla pensosità del secondo pezzo con una ricorrente e struggente melodia, fino all’atteggiamento orante a cui ci ha invitato l’accorata Ave Maria».

Benedetto XVI ha quindi voluto commentare «il bellissimo Salmo XIII». Questo, ha ricordato, «risale agli anni in cui Liszt soggiornò a Tivoli e a Roma; è il periodo in cui il compositore vive in modo intenso la sua fede tanto da produrre quasi esclusivamente musica sacra; ricordiamo che ricevette gli ordini minori». Si è parlato talora per Liszt di una religiosità tardiva e superficiale: ma il Papa afferma invece che «il brano che abbiamo ascoltato ci ha dato l’idea della qualità e della profondità di questa fede». Il brano, infatti, rende con rara profondità artistica e religiosa «un Salmo in cui l’orante si trova in difficoltà, il nemico lo circonda, lo assedia, e Dio sembra assente, sembra averlo dimenticato. E la preghiera si fa angosciosa davanti a questa situazione di abbandono: “Fino a quando, Signore?”, ripete per quattro volte il Salmista. “Herr, wie lange?”, ripetono in modo quasi martellante il tenore e il coro nel brano ascoltato: è il grido dell’uomo e dell’umanità, che sente il peso del male che c’è nel mondo; e la musica di Liszt ci ha trasmesso questo senso di peso, di angoscia. Ma Dio non abbandona».

La potenza del genio
di Liszt rappresenta dunque dapprima l’angoscia, quindi la consolazione che deriva dal fatto che anche nei momenti più oscuri Dio ci cerca e ci ritrova. «Il Salmista – ha osservato il Papa – lo sa, e anche Liszt, da uomo di fede, lo sa. Dall’angoscia nasce una supplica piena di fiducia che sfocia nella gioia: “Esulterà il mio cuore nella tua salvezza … canterò al Signore, che mi ha beneficato”. E qui la musica di Liszt si trasforma: tenore, coro e orchestra innalzano un inno di pieno affidamento a Dio, che mai tradisce, mai si dimentica, mai ci lascia soli».

«Liszt – ha concluso il Papa – a proposito della sua Missa Solemnis, scriveva: “Posso veramente dire che ho più pregato questa Messa di quanto l’abbia composta”. Penso che lo stesso possiamo dire di questo Salmo: il grande musicista ungherese l’ha più pregato che composto, o meglio l’ha pregato prima di comporlo». Un’altra testimonianza di come la grande cultura europea, anche musicale e anche di secoli per molti aspetti poco religiosi, rimane totalmente incomprensibile senza la fede e senza la Chiesa.