La mossa di Renzi mette all'angolo il centrodestra
Dopo 31 votazioni infruttuose il Parlamento è riuscito ad eleggere i tre componenti della Corte Costituzionale. Si tratta di nomi autorevoli che consentiranno alla Consulta di operare in modo efficace. Ma da questa vicenda i grandi esclusi e sconfitti sono i partiti del centrodestra, in particolare Forza Italia.
Dopo 31 votazioni infruttuose il Parlamento è riuscito ad eleggere i tre componenti della Corte Costituzionale. Il più votato è risultato Franco Modugno, indicato dal Movimento Cinque Stelle; gli altri due sono Giulio Prosperetti, sponsorizzato da Nuovo Centrodestra e galassia centrista e considerato di area cattolica, e Augusto Barbera, espressione del Pd.
L’accordo tra forze governative e grillini ha sbloccato la situazione e ha impedito che l’impasse degli ultimi mesi producesse la paralisi dell’organo costituzionale che ha, tra le sue competenze, quella del controllo di legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge. Positivo, quindi, il risultato. Si tratta, peraltro, di nomi autorevoli che consentiranno alla Consulta di operare in modo efficace e nel pieno delle sue funzioni.
Ma da questa vicenda riceve un’ulteriore picconata l’ipotesi di “Patto del Nazareno bis”, visto che i grandi esclusi da quest’intesa sui tre giudici costituzionali sono i partiti del centrodestra. Cocente la sconfitta di Berlusconi e di Forza Italia, che aveva insistito nel proporre, come suo candidato alla Corte, Francesco Paolo Sisto. Questo nome nelle precedenti votazioni era stato impallinato e non aveva raggiunto il quorum necessario. Si era capito che bisognava coinvolgere il Movimento Cinque Stelle nell’accordo, e Matteo Renzi non ha esitato a fare questo passo, scaricando gli azzurri. Sugli organi costituzionali i grillini non hanno dunque scelto l’Aventino ma si sono resi disponibili a un accordo con il governo, il che potrebbe preludere a nuove intese su altre nomine.
Ad entrare in crisi, invece, è la linea oltranzista di Forza Italia, che ormai non ha i numeri per fare la voce grossa e che appare sempre più in situazione di sudditanza psicologica nei confronti della Lega. Il centrodestra è da tempo a un bivio: la rifondazione nel segno del moderatismo europeista, cercando un dialogo con i centristi ora al governo; lo spostamento verso destra, col rischio di un appiattimento su Salvini, che peraltro può contare su un maggiore radicamento territoriale del suo partito. La vicenda della Corte Costituzionale evidenzia, peraltro, l’ostinazione forzista nella designazione di candidati troppo divisivi (Sisto lo era), e le crescenti divisioni tra Renato Brunetta, capogruppo alla Camera, considerato un “falco”, e Paolo Romani, capogruppo al Senato, tradizionalmente una “colomba”.
Le faide tra gli azzurri sono la riprova che il “collante Berlusconi” non funziona più e che sono in molti a guardarsi intorno, in vista delle prossime elezioni politiche, quando il rischio di non ricandidatura e di non rielezione si farà concreto. Peraltro, non è affatto vero, come asserisce l’ex Cavaliere, che la Corte è diventata più di sinistra dopo la fumata bianca di mercoledì in Parlamento. Giuseppe Frigo, avvocato di Brescia, fu designato dall’allora Pdl. Nicolò Zanon, dopo l’esperienza al Csm, è stato mandato alla Consulta dal Pdl. Semmai il problema si porrà nell’autunno del 2017, quando lasceranno quell’organo costituzionale sia Frigo sia il presidente Criscuolo, magistrato eletto dalla Cassazione. Prima di quella data, però, la Corte Costituzionale dovrà affrontare, nell’attuale composizione, la “patata bollente” dell’Italicum e delle altre riforme varate dal governo Renzi. Su queste, Augusto Barbera ha certamente già espresso posizioni favorevoli all’impianto riformatore ideato e realizzato dall’esecutivo in carica. Bisognerà capire come si schiereranno gli altri due giudici neoeletti, anche se tutto lascia supporre che, prima di votarli, i parlamentari di area governativa avessero appurato, quanto meno a grandi linee, il loro punto di vista in materia.
Sarebbe interessante verificare come quest’accordo Pd-Movimento Cinque Stelle possa incidere in termini di sondaggi. C’è una parte cospicua di elettorato dem che guarda con interesse ai grillini e c’è una parte di simpatizzanti pentastellati che vede con favore accordi con Renzi. L’intesa sulla Consulta, infatti, è stata osteggiata in rete da una parte di elettorato del Movimento Cinque Stelle, ma nel complesso è stata considerata positiva, visto che sul curriculum di Modugno nessuno avrebbe potuto eccepire alcunché. E neppure su quelli di Barbera e Prosperetti.
C’è solo da chiedersi se questo asse governo-Movimento Cinque Stelle potrà reggere anche su altre partite. É quanto sotto sotto si augura Salvini, che a quel punto potrebbe agitare lo spettro del consociativismo e recuperare spazio nell’area dell’antipolitica. È quanto teme Berlusconi, che ha comunque bisogno, per interessi aziendali e familiari, di trovare un punto d’incontro con Renzi sui temi che gli stanno maggiormente a cuore (dalla giustizia alle telecomunicazioni) e sui quali, peraltro, la collaborazione con Palazzo Chigi non si è mai del tutto interrotta.