La morte di don Flavio Capucci
Il 7 agosto è morto don Flavio Capucci, postulatore della causa di canonizzazione di san Josemarìa Escrivà e del suo successore Alvaro del Portillo. Una testimonianza personale.
Caro Direttore,
il 7 agosto si è spento a Roma don Flavio Capucci, all’età di 67 anni.
Era noto per essere stato il postulatore della causa di canonizzazione di san Josemaría Escrivá, fondatore dell'Opus Dei, e attualmente lo era anche per quella di Mons. Álvaro del Portillo, primo successore di san Josemaría, che sarà presto beatificato a Roma.
Tra le sue pubblicazioni spiccano Sono così felice, biografia della serva di Dio Monserrat Grases; Josemaría Escrivá, santo, che ripercorre l'iter del processo di canonizzazione; e un interessante libro sui fondamenti teorici e le applicazioni etiche e politiche di Antonio Gramsci.
Don Flavio era il quarto di sei figli e molto legato ai genitori, al fratello e alle quattro sorelle (di cui una è già in Cielo). Ha vissuto la sua giovinezza tra Milano e Napoli, e la maturità a Roma. Il Signore lo aveva dotato di particolari talenti, grazie ai quali esercitava un notevole fascino su chi lo avvicinava. Sono infatti numerose le persone che gli si rivolgevano, soprattutto per essere accompagnate nel proprio avvicinamento a Dio.
Oltre la laurea in Filosofia, aveva conseguito anche quella in Teologia e, poco prima dei trent’anni, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Da allora la sua vita, anche esteriormente, è stata tutta imperniata sul servizio alla Chiesa e alle anime. Interiormente, comunque, già da tempo aveva donato a Dio tutta la sua esistenza e le sue aspirazioni. Tramite alcuni compagni di scuola aveva conosciuto l’Opus Dei, e durante l’ultimo anno al liceo “Jacopo Sannazzaro” di Napoli era entrato a farne parte. Da allora la sua vita era diventata ancora più gioiosa e fonte di felicità per chi gli stava attorno – questo è ciò che ho avuto modo di cogliere dai miei contatti personali con lui e con alcuni suoi familiari e amici –.
Da ragazzo aveva militato nelle giovanili della Partenope, conservando poi una grande passione per il basket. Meno frequentemente praticava il calcio, sport più popolare, ma che gli consentiva un contatto ulteriore con gli universitari, ai quali dedicava molte cure pastorali. Personalmente – ero iscritto al primo anno di università e lui era già uno stimato sacerdote – rimasi molto colpito proprio dal suo modo elegante di comportarsi in campo: molto alla mano, particolarmente allegro, e non privo di grinta nel gioco.
Infine un dettaglio personale. A fine luglio don Flavio aveva celebrato una santa Messa per le nozze d’oro dei miei genitori, ai quali era legato da lunga amicizia. Lo ha fatto, come suo solito, con raccoglimento e devozione. Anche quel giorno gli è costato molto superare le difficoltà dovute al forte diabete di cui soffriva dal 1970, ma si è dedicato a noi con un costante sorriso sulle labbra. La consegna che ha lasciato ai miei manifesta tutta la giovinezza del suo animo. Guardando alla Chiesa e al mondo dalla prospettiva dei loro 50 anni di fedeltà, ha detto: "Dovete pensare al futuro! Avete ancora tanto da fare!"
Sergio Fenizia