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L'UDIENZA DEL PAPA

«La misericordia va oltre ogni nostra attesa»

Così Papa Francesco questa mattina: «Con il peccato non bisogna scendere a compromessi, mentre noi i peccatori siamo come malati, che vanno curati, e per curarli bisogna che il medico li avvicini e li tocchi. E naturalmente il malato, per essere guarito, deve riconoscere di avere bisogno del medico»

Ecclesia 20_04_2016
Papa Francesco

All'udienza generale di questa mattina, nel corso del quale ha lanciato un appello per l'emergenza umanitaria in Ucraina, Papa Francesco ha proposto la quindicesima catechesi del ciclo sulla misericordia, riflettendo sul legame fra il perdono è l'amore.

Il Papa è partito dal brano del Vangelo di Luca dove, mentre Gesù è a pranzo in casa del fariseo Simeone, entra una donna nota a tutti come una peccatrice. «Questa, senza dire una parola, si mette ai piedi di Gesù e scoppia in pianto; le sue lacrime bagnano i piedi di Gesù e lei li asciuga con i suoi capelli, poi li bacia e li unge con un olio profumato che ha portato con sé».

Il Vangelo vuole fare emergere il contrasto tra le due figure: il fariseo Simeone, un dottore della legge, e la donna peccatrice. «Mentre il primo giudica gli altri in base alle apparenze, la seconda con i suoi gesti esprime con sincerità il suo cuore. Simone, pur avendo invitato Gesù, non vuole compromettersi né coinvolgere la sua vita con il Maestro; la donna, al contrario, si affida pienamente a Lui con amore e con venerazione».
Il fariseo Simeone «non concepisce che Gesù si lasci “contaminare” dai peccatori.

Egli pensa che se fosse realmente un profeta dovrebbe riconoscerli e tenerli lontani per non esserne macchiato, come se fossero lebbrosi». Questo atteggiamento, spiega Francesco, esiste ancora oggi, «è tipico di un certo modo di intendere la religione», ed è motivato da una verità: «Dio e il peccato si oppongono radicalmente».

Ma Gesù vuole insegnarci a «distinguere tra il peccato e il peccatore: con il peccato non bisogna scendere a compromessi, mentre i peccatori – cioè tutti noi! – siamo come dei malati, che vanno curati, e per curarli bisogna che il medico li avvicini, li visiti, li tocchi. E naturalmente il malato, per essere guarito, deve riconoscere di avere bisogno del medico!».

Tra il fariseo e la donna peccatrice, «Gesù si schiera con quest’ultima. Gesù, libero da pregiudizi che impediscono alla misericordia di esprimersi, la lascia fare. Lui, il Santo di Dio, si lascia toccare da lei senza temere di esserne contaminato». Gesù è per eccellenza libero, «perché vicino a Dio che è Padre misericordioso. E questa vicinanza a Dio, Padre misericordioso, dà a Gesù la libertà».

C'è di più. In realtà, «entrando in relazione con la peccatrice, Gesù pone fine a quella condizione di isolamento a cui il giudizio impietoso del fariseo e dei suoi concittadini - i quali la sfruttavano - la condannava». Il Signore dice infatti alla donna: «I tuoi peccati sono perdonati», vai «in pace», «la tua fede ti ha salvata». Gesù ha visto «da una parte quell’ipocrisia del dottore della legge, dall’altra parte la sincerità, l’umiltà e la fede della donna».

Vale anche oggi. «Tutti noi siamo peccatori, ma tante volte cadiamo nella tentazione dell’ipocrisia, di crederci migliori degli altri e diciamo: “Guarda il tuo peccato…”. Tutti noi dobbiamo invece guardare il nostro peccato, le nostre cadute, i nostri sbagli e guardare al Signore. Questa è la linea di salvezza: il rapporto tra “io” peccatore e il Signore. Se io mi sento giusto, questo rapporto di salvezza non si dà».

Non è un atteggiamento facile da assumere. Nell'episodio evangelico, i commensali di Simeone si scandalizzano nel sentire l'assicurazione di Gesù alla donna: «I tuoi peccati sono perdonati». E si chiedono: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Gesù «non dà una esplicita risposta, ma la conversione della peccatrice è davanti agli occhi di tutti e dimostra che in Lui risplende la potenza della misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori».

La vicenda dell'anonima peccatrice «ci insegna il legame tra fede, amore e riconoscenza». Le sono stati perdonati «molti peccati» e per questo ama molto; «invece colui al quale si perdona poco, ama poco». «Anche lo stesso Simone deve ammettere che ama di più colui al quale è stato condonato di più. Dio ha racchiuso tutti nello stesso mistero di misericordia; e da questo amore, che sempre ci precede, tutti noi impariamo ad amare».

Il Papa cita la «Lettera agli Efesini» di san Paolo: «In Cristo, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi». In questo testo, commenta, «il termine “grazia” è praticamente sinonimo di misericordia, e viene detta “abbondante”, cioè oltre ogni nostra attesa, perché attua il progetto salvifico di Dio per ognuno di noi».

Noi dobbiamo semplicemente ringraziare il Signore e lasciare «che l’amore di Cristo si riversi in noi: a questo amore il discepolo attinge e su di esso si fonda; di questo amore ognuno si può nutrire e alimentare. Così, nell’amore riconoscente che riversiamo a nostra volta sui nostri fratelli, nelle nostre case, in famiglia, nella società si comunica a tutti la misericordia del Signore».