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L'EDITORIALE

La manovra dei piccoli passi

La manovra economica approvata dal governo che spicca più per quello che manca che per quello che c’è. Piccoli interventi dimostrativi per quest’anno, qualcosa di più dal 2012 e la promessa di ulteriori misure per venti miliardi in carico al governo che ci sarà nel 2013 e nel 2014.

Editoriali 01_07_2011

E’ una manovra che spicca più per quello che manca che per quello che c’è. Piccoli interventi dimostrativi per quest’anno, qualcosa di più dal 2012 e la promessa di ulteriori misure per venti miliardi in carico al governo che ci sarà nel 2013 e nel 2014.


E così provvedimenti sicuramente apprezzabili, come le agevolazioni fiscali per i giovani che avviano un’impresa, si uniscono ad altri che sembrano rispondere a logiche punitive, come la tassa sulle transazioni finanziarie, o che appaiono semplicemente, almeno per ora, declamatori come il taglio del 10% dei costi della politica.


E allo stesso modo ci sono interventi che sono positivi solo in apparenza: come la possibilità di destinare il 5 per mille alla cultura, sacrificando tuttavia in questo modo la possibilità di finanziare i servizi sociali e il volontariato.


Tutti da valutare sono i provvedimenti per il pubblico impiego, che dovranno fare i conti con una dura opposizione sindacale, e quelli che limitano i margini di manovra finanziari degli enti locali in palese linea di collisione con la strada aperta con il federalismo fiscale.


Nel complesso, come ha ammesso lo stesso ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, si tratta di una manovra di mantenimento. Siamo di fronte infatti a piccole correzioni che non hanno nulla di strutturale e che non intervengono, se non in piccola parte, a toccare i meccanismi che sono alla base della crescita della spesa pubblica.


Uno dei punti più delicati è peraltro il rinvio al 2013 e 2014 dei maggiori interventi di aggiustamento, lasciando cioè al Governo che verrà dopo le prossime elezioni la responsabilità di attuare immediatamente i tagli più pesanti per rispettare l’impegno con l’Europa del pareggio di bilancio.


Le misure di cui si era parlato di più nelle ultime settimane, in particolare la riforma fiscale, sono state allo stesse modo dilazionate e affidate a una legge delega che dovrà poi essere riempita di contenuti concreti. Ma secondo le prime indicazioni nella riforma fiscale non si parlerà degli attesi interventi per un fisco maggiormente aperto alle esigenze delle famiglie. Anche se solo una settimana fa l’Osservatorio nazionale, presieduto dal sottosegretario Giovanardi, aveva fatto proprie le istanze del Forum delle famiglie per un fisco più equo attraverso l’introduzione di un nuovo metodo di calcolo delle imposte personali denominato “Fattorefamiglia”.


C’è poi sullo sfondo  un aspetto che appare particolarmente delicato. La legge delega da una parte e l’annuncio della richiesta del voto di fiducia sul decreto della manovra dall’altra sembrano rendere sempre più marginale il ruolo del Parlamento e quindi del confronto tra maggioranza e opposizione. Eppure proprio su temi così rilevanti per la generalità dei cittadini un dialogo serrato e costruttivo dovrebbe essere un requisito fondamentale in una democrazia reale. E il fatto che l’opposizione abbia tra le sue componenti molti più problemi dei (due) partiti al Governo non è una giustificazione sufficiente per chiudere le porte al confronto e, se possibile almeno su alcuni punti, alla condivisione dei provvedimenti da adottare.


Ma le esigenze dell’estate (dato che la manovra dovrà essere approvata entro fine agosto) sembrano in questo caso prendere il sopravvento su quelli che potrebbero e dovrebbero essere considerati i buoni comportamenti della democrazia.