La lobby gay alla Chiesa non fa bene
Tra i fattori che hanno contribuito a quei paragrafi della Relatio dedicati all'omosessualità e sconfessati dai padri sinodali nei circoli minori, c'è da considerare il lungo lavoro della lobby gay che opera all'interno della Chiesa. E che mira soprattutto a modificare il Magistero in materia.
«Più di un padre si è chiesto come sia stato possibile che nella Relatio fosse dedicato al tema (dell’omosessualità, ndr) così tanto spazio quando invece in assemblea se n'era discusso assai poco». Così viene riportato da uno dei circoli minori. In realtà è una domanda che si sono fatti in molti, anche perché i tre paragrafi della Relatio (dal 52 al 54) dedicati alle persone con tendenze omosessuali sono molto distanti dall’insegnamento tradizionale della Chiesa in materia (vedi articolo di Roberto Marchesini pubblicato il 16 ottobre). Non solo, in conferenza stampa monsignor Bruno Forte, indicato dal cardinale Erdö come il vero responsabile della stesura di quegli articoli, si è spinto anche più in là arrivando a “benedire” le unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Ebbene, probabilmente sono diversi i fattori che hanno contribuito a questo risultato, ma non si può evitare di ricordare il lungo lavoro di una lobby gay all’interno della Chiesa, che questo giornale ha più volte denunciato e della cui esistenza ha parlato anche papa Francesco.
Lobby gay vuol certo dire la presenza di persone con tendenza omosessuale fra il clero, che si aiutano anche nel fare carriera ecclesiastica: questa realtà è peraltro emersa più volte anche attraverso inchieste giornalistiche e casi di cronaca, ma è tanto reale da aver indotto nel 2005 la Santa Sede a emanare una specifica Istruzione (clicca qui) per evitare l’accesso di persone con tale tendenza nei seminari e agli ordini sacri.
Ma lobby gay significa soprattutto il tentativo di influenzare l’insegnamento della Chiesa in materia di omosessualità, come purtroppo la Relazione di lunedì al Sinodo dimostra, tentativo che coinvolge anche ecclesiastici che omosessuali non sono. Non ci si può nascondere che negli ultimi anni si sono moltiplicati i teologi che nei seminari e nelle università pontificie hanno insegnato una morale ben lontana dalla legge naturale, un vero e proprio magistero parallelo che oggi dà i suoi frutti avvelenati.
L’ideologia del gender non è soltanto qualcosa che è presente nel “mondo”, ma si è ben posizionata anche all’interno della Chiesa. Lo aveva avvertito molto chiaramente anche papa Benedetto XVI quando il 21 dicembre 2012 parlando alla Curia romana aveva affermato che tale ideologia è una delle sfide più grandi che la Chiesa si trova oggi ad affrontare.
Per questo ciò che è accaduto al Sinodo con la Relatio non può essere confinato al semplice scontro tra “progressisti” e “conservatori”: è qualcosa di più profondo che merita un’attenzione particolare, anche nelle nomine episcopali e negli incarichi di responsabilità che vengono affidati.