La lieve imprecisione di Dionigi il Piccolo
Dionigi il piccolo ha proposto le date annuali della Pasqua da un circostanziato insieme di conoscenze, ma esse presentano un piccolo errore.
In un recente articolo abbiamo constatato che Dionigi il piccolo ha proposto le date annuali della Pasqua da un circostanziato insieme di conoscenze. Per quanto tali informazioni potessero essere affette da un probabile errore, esso non poteva superare un intervallo di due anni, ma molto più logicamente soltanto di uno. La quantità di informazioni concorrenti a definire la successione degli eventi e la numerazione degli anni nei rispettivi calendari era infatti disponibile e nota agli studiosi tramite i ponderosi scritti di storici di varie tradizioni. Questa conoscenza si articolava in abbondanti “sistemi integrati” di computo: anni olimpici, anni di regno dei vari imperatori e rispettive dinastie, anni dalla fondazione di Roma e cicli astrali. Per quanto concerne gli anni attorno alla nascita di Gesù, va ricordato che chi attingeva ai documenti lo faceva a pochissimi secoli di distanza dai fatti, quando gli archivi e le biblioteche poi andati perduti erano ancora integri.
Possiamo perciò passare in rassegna tutte le informazioni ancor oggi disponibili, collocandole nel momento in cui furono scritte, affrontando criticamente le date che ci comunicano, cercando di spiegarne le ragioni di apparenti o reali contraddizioni, ricorrendo dove possibile ai riferimenti astronomici che lo sviluppo delle conoscenze informatiche permette di ripercorrere come in una virtuale macchina del tempo.
Secondo Dionigi il piccolo Gesù si incarnò nel 753 AUC, equivalente a quel che oggi consideriamo l’anno 1 a.C. Stuoli di recenti commentatori dei vangeli si sono premurati di dirci che questa data sarebbe in ritardo sulla storia di ben quattro o forse anche sei anni. Si è detto che l’evangelista San Luca avrebbe sbagliato il censimento di Quirinio a cui si riferiva, essendosi tenuto nel 6 d.C.: in tal caso San Luca avrebbe commesso un errore di una dozzina d’anni scrivendo a nemmeno settant’anni dai fatti! Davvero troppo non solo per uno storico che è quasi un cronista di ciò che descrive, ma soprattutto per l’esegeta che dice di studiarlo.
In effetti la ragione di tanta sicumera nell’infangare la reputazione dei vangeli origina da un calcolo derivato dagli scritti di Giuseppe Flavio, il quale attribuendo ai tre eredi di Erode il Grande (Archelao, Antipa e Filippo) il numero di anni in cui reganrono, porta a datare l’inizio dei rispettivi regni dal 750 AUC (il 4 a.C.), facendo concludere che perciò Erode morì in quell’anno. Giuseppe Flavio tuttavia non fornisce questa informazione: l’estrapolazione del 4 a.C., divenuta un mantra di troppe prefazioni ai vangeli, è contraddetta da altre numerosissime notizie che lo storico ebraico distribuisce nelle sue opere, ritenute così certificanti. Sulla Bussola era già stato ampiamente illustrato il perché la data di morte di Erode sia invece da situarsi all’inizio del 754 AUC (l’anno 1).
Ad ulteriore conferma possiamo dunque passare in rassegna la numerosa schiera di storici antichi che ci hanno lasciato dei riferimenti per l’anno di nascita di Gesù, i quali si suppone conoscessero le opere di Giuseppe Flavio e non vi avessero trovato nulla di discordante con le proprie convinzioni.
Giustino martire (+162) non propose un anno di nascita di Gesù, ma la associò effettivamente al censimento di Quirinio, di cui a quei tempi erano ancora disponibili gli atti, in quanto Giustino lo scrive all’imperatore Antonino Pio chiedendogli di verificare!
Il primo autore di cui conosciamo la proposta di una data è Clemente di Alessandria di Egitto. Nel suo “Stromata” fissa la data nel 28° anno di Augusto, collegandola ad un altro calcolo: 194 anni prima della morte di Commodo (il 31 dicembre 192 d.C.). Da abitante di Alessandria d’Egitto, Clemente fa iniziare il regno di Augusto dalla morte di Cleopatra, nel 30 a.C.: l’anno di nascita di Gesù sarebbe quindi il 3 a.C. (senza contare l’anno di accesso) oppure il 2 a.C. (contando come primo anno di Augusto il 29 a.C.). Il calcolo a ritroso da Commodo, dato l’uso del calendario egiziano sprovvisto dei bisestili e quindi un po’ più corto (in 194 anni si perde circa un mese e mezzo), ci porta ancora nel 2 a.C. al suo inizio, lasciando aperta l’alternativa con la fine del 3 a.C.
Negli stessi anni (attorno al 200 d.C.), Ippolito di Roma attribuiva già al 25 dicembre la data di nascita di Gesù, a disdoro di chi racconta che questa data sia stata farina del sacco di Costantino, un secolo più in là. Ippolito non dice solo giorno e mese, ma anche l’anno: il 42° di regno di Augusto. Ireneo di Lione, contemporaneo dei precedenti scrittori, originario di Smirne, propone invece il 41° anno di regno di Augusto come anno di nascita di Gesù. In questi casi è più facile essere sicuri del calcolo eseguito: a Roma infatti si usava contare come anno 1 dal momento dell’accesso al regno (nel 43 a.C., quando Augusto per la prima volta divenne console, mentre a fine novembre iniziò il secondo triumvirato), per cui il 42° anno di Ippolito è certamente il 2 a.C., mentre per Ireneo, alla maniera orientale, l’anno 1 è dall’inizio del 42 a.C. e il 41° anno coincide ancora con il 2 a.C.
Sempre nei primi anni del terzo secolo scrive anche Tertulliano, che a scanso di equivoci abbonda di riferimenti: Gesù è nato nel 41° anno di Augusto, 15 anni prima della sua morte (agosto del 14 d.C.) e 28 anni dopo la morte di Cleopatra (nel 30 a.C.): così non ci sono più dubbi che sia il 2 a.C.
Ultimo autore citabile nel periodo è Sesto Giulio Africano, che propone una strana formula, per cui Gesù nacque nel 31° anno prima del 16° di Tiberio: dato che il 16° di Tiberio è il 30 d.C., il conto comincia dal 29 a.C. ed il 31° (l’anno zero non esiste, non bisogna usare l’algebra) è il 2 a.C.
Circa un secolo più tardi troviamo gli scritti di Eusebio di Cesarea (di Palestina): per lui Gesù è nato nel 42° di Augusto, il 28° anno della sottomissione dell’Egitto, susseguente alla morte di Cleopatra. Qui effettivamente rimane il dubbio che per Eusebio possa trattarsi anche del 3 a.C., anche se il 2 a.C. rimane l’opzione più logica, se i 42 anni di regno di Augusto iniziano dal 43 a.C.
Tra la fine del IV secolo e l’inizio del V troviamo un altro quartetto di autori.
Epifanio di Salamina scrive che Gesù nacque nel 45° anno del calendario giuliano, nel 4° anno della 194ª olimpiade: in tal caso l’anno sarebbe l’1 a.C., il che aggiunge incertezza, ma anche sposta l’equilibrio più sul 2 a.C. che sul 3 a.C.
Sofronio, più noto come San Gerolamo, primo traduttore della Bibbia dal greco e dall’ebraico in latino, riprende da Eusebio l’indicazione del 42° anno di Augusto.
Sulpizio Severo ci dà un’indicazione originale ed assai preziosa: era il 33° anno di Erode. Da Giuseppe Flavio sappiamo che c’erano due conteggi possibili: uno dal 37 a.C. ed un altro dalla morte di Antigono, l’ultimo legittimo re della dinastia degli asmonei. Dagli scritti di Giuseppe Flavio, che riportano un conto degli anni di regno di tre anni posteriore all’altro, si evince che questo conto prende avvio nel 34 a.C., per cui Gesù nacque nel 2 a.C., 33° anno di Erode.
Concludiamo con Paolo Orosio: per l’anno del Natale di Cristo ripropone il 42° di Augusto, ma esplicitando che per lui è il 752 AUC, che viene perciò fissato inequivocabilmente al 2 a.C.
Di fronte a tutto questo è davvero difficile pensare ad un errore di massa ed è anche difficile pensare che i vari autori si siano copiati tra loro, dato che sono numerosi e non privi di originalità i contributi di ciascuno degli storici citati. Viene anche avvalorata l’ipotesi per cui l’unica incertezza residua sulla data di nascita di Gesù derivi essenzialmente dalla difficoltà nel computare o meno l’anno di accesso ai vari regni. Giuseppe Flavio non sminiusce l’attendibilità degli altri storici, ed anzi ne dà conferma. Gesù è nato, considerando tutte le ipotesi, tra il 3 a.C. e 1 a.C., con una convergenza più che ragionevole sull’anno 2 a.C., 752 AUC, 3° anno della 194ª olimpiade.
Non ci sono motivi per anticipare questa data da tre a cinque anni prima. Il nostro attuale calendario, per contro, sconta un giustificabile errore che lo ha fatto partire un anno dopo il dovuto.