«La libertà di educazione tradita dal buonismo cattolico»
«L'attacco alla libertà di educazione è favorito da un cattolicesimo che ha scelto la strada della "mediocrità cordiale", di non disturbare il potere dominante». Così l'arcivescovo di Ferrara dopo la sentenza della Cassazione che impone il pagamento dell'Ici alle scuole cattoliche.
«È l’ennesimo colpo del laicismo dominante, davanti a questo mortale attacco alla libertà di educazione sarà interessante vedere ora la reazione del mondo cattolico “buonista”, perché anche questo episodio va inquadrato in una situazione più generale di complicità di tanto mondo cattolico con l’ideologia dominante». Monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, non sembra affatto sorpreso dalla sentenza della Corte di Cassazione, che ha dato ragione al Comune di Livorno che pretende il pagamento dell’Ici (con arretrati) da due scuole cattoliche (clicca qui per il nostro commento, e qui per la reazione della CEI).
Non a caso monsignor Negri è stato protagonista per diversi decenni, a fianco di don Luigi Giussani, della battaglia per la libertà di educazione, che da sempre contraddistingue il movimento di Comunione e Liberazione. «La Cassazione – prosegue mons. Negri – ha confermato orientamenti più volte emersi negli ultimi anni e ribaditi da diverse parti. Ma tutto ciò probabilmente non accadrebbe se tra i cattolici non fosse prevalsa in questi anni l’idea che la fede non deve disturbare. E c’è il rischio che anche davanti a questo attacco alla radice della libertà di educazione si cerchi una comoda via d’uscita».
Quale?
Mi è suonato un campanello d’allarme in questi giorni quando ho visto l’invito a un importante incontro sulla scuola, che nel titolo dice “non importa se statale o paritaria, basta che sia migliore”. Sembra il prevalere del concetto di efficienza, una posizione che contraddice 50 anni di battaglie per la libertà di educazione, che si fondano invece sulla richiesta di un autentico pluralismo di posizioni culturali e quindi di plurime vie educative. Perché le posizioni culturali se non sono contrappuntate da vie educative, si irrigidiscono in ideologie e si perdono in emotivismo. L’efficienza è un salvagente meschino, speriamo che tutto il mondo cattolico serio rifiuti questa via di fuga verso il nulla. Ma questa è anche la conferma dell’aspetto profetico dell’ultimo insegnamento di don Giussani, che vent’anni fa non a caso denunciava il prevalere nel mondo cattolico di una “mediocrità cordiale”.
Che cosa vuol dire?
Rivolgendosi agli studenti universitari, disse che “Il nostro nemico è una mediocrità cordiale che impera tra di noi nella misura in cui la nostra compagnia non diventa luogo della memoria di Colui per cui si vive”. Stava parlando a dei ragazzi che pure vivevano nell’ambiente, per una presenza di fede e non per la ricerca dell’egemonia come qualche volta si dice adesso. Erano educati a usare tutto – lezioni, esami, tutto quanto accadeva – per incrementare la consapevolezza della fede, tutto serviva alla maturazione della fede nella missione. Perché “La fede si irrobustisce donandola”, come scriveva Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Missio. Una frase che questi ragazzi hanno sentito ritornare con insistenza negli interventi di don Giussani, che proprio per questo a loro indicava il vero nemico che si stava palesando.
In che senso si tratta di un’affermazione profetica?
Giussani aveva intuito con chiarezza cosa sarebbe successo nel giro di qualche anno. Si parlava allora di un mondo post-ideologico, de-ideologizzato, invece sarebbe stato presto dominato da una delle ideologie più pervasive: quella del consumismo, dei desideri - anche quelli meno nobili - concepiti come diritti, che avrebbe chiesto al diritto e alla tecno-scienza gli apporti per affermarsi con quella terribile forza che papa Francesco ha più volte richiamato con l’espressione tagliente “pensiero unico dominante”. Alla fine non ci sarebbe stato lo scontro sul piano delle ideologie, delle visioni globali, ma questo lento esaurimento della fede che avrebbe accettato di convivere con questa ideologia, accettando il posto che l’ideologia dominante tecno-scientista avrebbe assegnato. È cio che è effettivamente accaduto.
A venti anni di distanza da quando queste parole furono pronunciate appare chiaro qual è il posto che l’ideologia dominante affida alla Chiesa, alla presenza cristiana, in attesa di vederla finire quasi per eutanasia. È lo spazio di un buonismo, è il trionfo dell’ideologia buonista.
Lei ritiene che i cattolici in questa società abbiano già alzato bandiera bianca.
Io sono atterrito - e lo dico consapevolmente - tutte le volte che vengo a contatto con prese di posizione di esponenti cristiani. Interventi scontatissimi, le stesse cose, cambiano solo i nomi di quelli che intervengono.
Il cattolicesimo getta secchiate d’acqua buonista in una società che non accetta di essere interloquita sui fondamenti, perché i fondamenti sono solo quelli di questa terribile deriva di carattere individualistico-soggettivistico; ma è individualismo e soggettivismo massificato, fortemente condizionato da una mentalità dominante con nessuna obiezione.
In effetti il buonismo sembra oggi il tratto dominante in tanto mondo cattolico.
Il buonista è per sua definizione un connivente, un complice, perché chiunque voglia dialogare con il mondo – e questo riguarda qualsiasi uomo di buona volontà - deve preoccuparsi anzitutto di impostare la questione sul piano della concezione, dei fondamenti della società. E invece questo è severamente bandito, non si deve parlare di queste cose, disturbano.
A volte sembra che ci sia più paura di creare lacerazioni nella società che non la preoccupazione di affermare la verità.
E questo è ancora peggio. “Non dobbiamo distruggere l’unità”, si sente dire. Si dà per scontata una unità previa, come se la società fosse un’unità. La società è un vasto impero in decomposizione tenuto insieme dal fatto che non si possa e non si debba discutere i fondamenti consumisti e tecno-scientisti. In cui non si deve neanche osare porre quelle che Giussani definiva “le grandi domande di senso”. E io, semplice cittadino, dovrei avere il problema di non urtare questa unità? Forse che Gesù Cristo ha avuto il problema di non urtare l’unità della società giudaica, che era obiettivamente in decomposizione, divisa tra le urla dello zelotismo che voleva distruggere il predominio romano e la connivenza delle caste sacerdotali che erano anche caste economiche?
“Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti”; Questa frase di Nostro Signore Gesù Cristo vorrei che fosse ogni tanto commentata insieme ad altre frasi che finora non sono state tolte dal vangelo, e che ribadiscono l’assoluta eccezionalità del mistero di Cristo. Che non è contro nessuno, è pienamente il mistero della presenza di Dio nel mondo e nella storia. Chi si oppone, si oppone a lui per le sue ragioni e non tocca a me giudicare le ragioni personali con cui uno obietta alla fede. Ma la fede non può avere la preoccupazione di non disturbare.
E invece oggi sembra proprio questa la preoccupazione maggiore…
Il cattolicesimo è il più grosso fattore di complicità di questa situazione che ormai sembra irreversibile. Ho ritrovato una frase che costellava gli appunti di quando studiavo filosofia in Università Cattolica: “Dio perdona senz’altro, la storia non perdona”. Quando si farà la storia di questo drammatico, convulso e lacerato momento storico, allora sarà chiarissimo da quale parte è stato questo cattolicesimo buonista. Il buonismo è il rifiuto della fede, è l’abbandono della fede al potere mondano con la speranza di poter salvaguardare un po’ di spazio psicologico, affettivo, di quella religione fai da te che giustamente il papa emerito Benedetto XVI ha più volte denunciato.