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IL VESCOVO ARRESTATO

La Germania si batte per la libertà religiosa in Cina

Il 20 giugno si è registrato un fatto raro nella storia diplomatica recente. L’ambasciatore tedesco in Cina, Michael Clauss, ha scritto sul sito dell’ambasciata, la richiesta di liberazione del vescovo cattolico Pietro Shao Zhumin, ripetutamente arrestato e tuttora nelle mani della polizia.

Libertà religiosa 24_06_2017
Pietro Shao Zhumin

Il 20 giugno si è registrato un fatto raro nella storia diplomatica recente. L’ambasciatore tedesco in Cina, Michael Clauss, ha scritto sul sito dell’ambasciata, la richiesta di liberazione del vescovo cattolico Pietro Shao Zhumin, arrestato senza motivo dalla polizia il 18 maggio e tuttora detenuto in una località segreta, dal 16 giugno probabilmente agli arresti domiciliari. Una richiesta di scarcerazione di un religioso cinese non si vedeva da un decennio. Le ultime volte era ai tempi in cui George W. Bush era presidente degli Stati Uniti. Anche l’Ue nel suo complesso aveva osato chiedere tanto (ma la responsabilità era collettiva, dunque la missione meno rischiosa).

“Do il benvenuto all’intenzione dichiarata della Cina di giungere a un miglioramento riguardo alla Chiesa cattolica. Comunque, nonostante vi siano progressi in questa direzione, vediamo che vi sono anche dei passi indietro nel garantire la libertà religiosa. Un caso che suscita crescente preoccupazione è il modo in cui è trattato dalle autorità il vescovo Shao Zhumin. Dall’autunno dello scorso anno egli sembra essere stato forzato a trasferirsi in località sconosciute per almeno quattro volte e ora sembra confinato in casa sua dopo il suo ritorno. Si dovrebbe garantire la sua piena libertà di movimento”. Queste le parole dell’ambasciatore Clauss. Come mai proprio la Germania? Non è un paese qualunque, agli occhi della Cina. Infatti la Renania è la stazione terminale della nuova Via della Seta, il principale progetto commerciale di Pechino. Subito dopo la richiesta di scarcerazione del vescovo sotterraneo, infatti, l’ambasciatore di Berlino ha posto sul tavolo anche la questione della Via della Seta, invitando la Cina a rispettare le regole del mercato e a non trasformare la nuova rotta mercantile in un monopolio di Stato dominato dal regime comunista. Il fatto che si inoltrino precise richieste sulla libertà di religione indica la volontà tedesca di non rimanere solo un partner commerciale moralmente asettico e disinteressato. La Germania si sta assumendo anche il ruolo di guida morale della controparte europea.

Perché la vicenda del vescovo Pietro Shao Zhumin è così importante? Non perché sia un caso unico, ma perché è clamoroso. Come sottolinea l’ambasciatore di Berlino, i suoi arresti sono quattro. Prima del 18 maggio era letteralmente scomparso durante la Settimana Santa ed era ricomparso in pubblico solo dopo Pasqua. Ordinato vescovo alla morte del suo predecessore Vincenzo Zhu Weifang il 7 settembre 2016, Shao Zhumin non ha mai potuto guidare la sua diocesi di Wenzhou. Confermato dalla Santa Sede, non è mai stato riconosciuto dal regime di Pechino. E’, a tutti gli effetti, un vescovo “sotterraneo”, fedele al Papa, ma inviso al regime. Per questo viene arrestato anche senza alcuna accusa, per il solo fatto che non aderisce all’Associazione Patriottica controllata dal Partito Comunista e nel corso delle sue detenzioni subisce percorsi forzati di rieducazione ideologica, come tutti gli altri religiosi che finiscono nel mirino di Pechino.

I vescovi che si trovano nelle stesse condizioni di persecuzione di Shao Zhumin sono Vincent Guo Xijin, vescovo di Mindong, sottoposto a rieducazione ideologica “perché studi e impari” (secondo quanto afferma la stessa polizia cinese) e monsignor Thaddeus Ma Daqin, vescovo di Shanghai, la diocesi più popolosa della Cina. Queste persecuzioni avvengono in un momento di stallo del lungo negoziato fra Vaticano e Pechino sulla nomina dei vescovi. Le condizioni poste dal regime cinese, specie dopo l’introduzione della nuova legge (più repressiva) sulle religioni del 2015, sono quelle di una chiara sinicizzazione della religione. Un suo adeguamento alle norme, agli usi, ai costumi e soprattutto all’ideologia del regime di Pechino. Il tutto nell’ambito della lotta serrata alle “influenze straniere”, che porta il Partito a vietare addirittura le cartoline di Natale, come è successo l’anno scorso. La grande scommessa per il futuro, per il Vaticano, sarà quella di accettare il dialogo senza snaturare la Chiesa cinese, con i suoi milioni di martiri dal 1949 ad oggi. Lo farà con lo spirito con cui Martin Scorsese ha descritto i martiri del Giappone in Silence (la cui conclusione è: l’importante è continuare a credere in Cristo, nel tuo cuore, indipendentemente dalle formule imposte dal regime esteriormente)? Oppure lo farà persuadendo il regime cinese a rispettare genuinamente la libertà di religione? E’ questa, in fondo, la vera ragione dello stallo.

Nel frattempo è un ambasciatore europeo, tedesco in questo caso, a ricordare ai cinesi uno dei tratti salienti della civiltà occidentale.