La figuraccia di Macron, Francia in caduta libera
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Lecornu non riesce a formare il governo e di dimette. Ennesima figuraccia di Macron che ha fatto sprofondare la Francia nel caos. Ma proverà a tirare a campare per non tirare le cuoia.

«Meglio tirare a campare che tirare le cuoia», diceva il tanto vituperato ma ineguagliato statista italiano del secolo scorso Giulio Andreotti. Purtroppo questo adagio è divenuto lo stile di governo del peggiore presidente francese dal dopoguerra, Emmanuel Macron che, a causa delle sue scellerate e irresponsabili decisioni umorali dello scorso anno, sta sfasciando il Paese, umiliando la Repubblica, indebolendo l’economia e permettendo una pericolosa politicizzazione e attivismo della magistratura.
Ad un mese scarso dalla sfiducia e dimissioni dell’ennesimo premier Francois Bayrou e dalla nomina del nuovo primo ministro Sébastien Lecornu, domenica 5 ottobre e lunedì 6 ottobre sono andate in scena le tragicomiche conclusioni (per ora) del dramma francese. Il presidente francese Emmanuel Macron ha nominato 18 ministri per un nuovo governo, mettendo insieme una squadra di volti noti sotto la guida del primo ministro Sébastien Lecornu, l’ultimo dei giovani “talenti” incaricati da Macron per togliere il paese dalle secche economiche e dalla crisi politica.
L’annuncio del nuovo esecutivo ha mostrato tutti i suoi limiti in poche ore. Nonostante incontri e trattative con le diverse forze politiche, Lecornu non è riuscito a formare un governo accettabile per la maggioranza dell'Assemblea Nazionale perchè, l'elenco di nomi in gran parte noti, retaggi degli ultimi governi francesi, non è piaciuto né alla destra né alla sinistra che insieme detengono un’ampia maggioranza in parlamento. Un collasso, l’ennesimo, in sole 14 ore, tempo intercorso dalla nomina dei ministri alle dimissioni del primo ministro. Tutto dovuto alle colpe gravi e alla spocchia persistente di Emmanuel Macron.
Lo stesso presidente francese, in evidente impasse, nella serata di ieri ha fatto sapere che «si assumerà le sue responsabilità» in caso di fallimento delle «ultime trattative» di Lecornu, dopo che ha concesso al primo ministro dimissionario tempo fino a mercoledì sera per «definire una piattaforma di azione e stabilità».
Marine Le Pen del Rassemblement National già nella serata di ieri aveva definito la formazione del governo «patetica», mentre il presidente del suo partito, Jordan Bardella, ha minacciato un voto di sfiducia, affermando che il governo era «chiaramente incentrato sulla continuità, senza alcuna rottura con il passato che i francesi si aspettano». Boris Vallaud, capo dei parlamentari socialisti, ha accusato invece i sostenitori di Macron di voler far sprofondare la Francia «ancora più nel caos…Non hanno la maggioranza ma si rifiutano di scendere a compromessi. Vengono rovesciati ma restano in carica», ha scritto su X.
Stessi toni da parte di Jean-Luc Mélenchon, del partito di estrema sinistra “La France Insoumise”, che ha criticato una formazione di governo che non sarebbe resistita alla conta parlamentare e «tutto questo per cosa? Solo per ingrassare un'oligarchia parassitaria che vive alle spalle del Paese. Il conto alla rovescia per sbarazzarsene è iniziato». Nessuno domenica sera poteva però pensare né sperare alla conclusione così repentina cui abbiamo assistito lunedì dell’ennesimo governo francese, cocciutamente voluto da Macron per mantenersi ben stretto alla poltrona, nonostante l’affondamento del Paese da lui stesso causato.
Il presidente ha accettato le dimissioni del primo ministro Sébastien Lecornu, poche ore dopo aver presentato e concordato il suo gabinetto, facendo sprofondare ulteriormente la Francia in una situazione di stallo politico e incertezze economiche. Lecornu, nominato il 9 settembre terzo primo ministro dopo le elezioni parlamentari anticipate di giugno e luglio 2024, con le sue dimissioni, è diventato il capo del governo con il mandato più breve dal 1958.
La Francia sta correndo una grave crisi da quando Macron ha imposto le elezioni parlamentari anticipate a metà dello scorso anno, dopo la cocente sconfitta subita dal suo partito alle elezioni europee e la vittoria netta della destra di Marine Le Pen. Pur di riaffermare la sua autorevolezza e rafforzare il proprio consenso, già al lumicino, Macron pensava di riuscire con le elezioni politiche anticipate, anche con gli accordi sottobanco con le sinistre contro i candiati di destra, di accrescere il proprio potere e la maggioranza parlamentare.
Invero, la spericolata decisione di allora ha prodotto un effetto contrario, lasciando in minoranza non solo il partito e i parlamentari macroniani, ma soprattutto impedendo ai vincitori del voto popolare, Rassemblement National (RN) di Le Pen, di poter governare il paese. A Macron restano solo 18 mesi di presidenza, un periodo ancora lungo nel quale i danni che potrà fare sono ancora molto gravi, visto che continua a non volersi dimettere né a convocare nuove elezioni.
Macron intanto cercherà di tirare a campare mentre le cuoia le sta tirando il popolo francese e questo, in Francia, non è mai di buon auspicio per chi governa.