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VITA

La figlia di una santa e il miracolo dei 5mila euro

Mi sento come una persona scelta perché possa avvenire il miracolo. E così è stato. Claudia, una bimba e un'altra in arrivo, è gravemente malata e ha bisogno di aiuto anche finanziario per portare avanti la sua gravidanza. Il marito, poi, è rimasto senza lavoro e non sa come andare avanti. Ma quando tutto pare perduto, ecco il miracolo.

Editoriali 04_10_2014
Aiuto alla vita

Mi sento come una persona scelta perché possa avvenire il miracolo. Claudia aveva chiesto un appuntamento con me per riversare un po’ della sua grande preoccupazione nella relazione importante creatasi, due mesi fa, tra noi. Il nostro primo incontro: «Ho una grave situazione di salute: due fibromi molto grandi si sono formati nel mio utero. I medici sanno di non potermi praticare un taglio cesareo per la possibilità di gravi emorragie, ed è molto improbabile che possa avere un parto spontaneo. Come faccio a portare avanti questa seconda gravidanza?». Così diceva guardando con sofferenza la sua prima bambina, quasi come si dicesse perché Cecilia sì e quest’altro figlio no?

«Sono davvero spaventata! Solo avendo la certezza di poter essere seguita da un bravo medico che si voglia prendere cura di me potrei cambiare idea. Io, però, non posso permettermi un medico privato». «Claudia, siamo all’interno della Mangiagalli, una struttura molto avanzata in questo senso! Di certo troveremo il medico che si farà carico in modo adeguato della sua situazione. Sarà così». Senza perdere nemmeno un attimo, mi attacco al telefono e, senza grandi difficoltà, troviamo la ginecologa che si prenderà a cuore il problema di Claudia. Una prima visita con consulto e la gravidanza di Claudia che prosegue. Poi l’estate, le ferie, forse le dimenticanze. Agli appuntamenti fissati nel programma, Claudia trova sempre un medico diverso. Sportello per il pubblico: «La dottoressa Bianchi, mi aveva detto di chiedere di lei». «Per questa modalità, lei deve farsi seguire privatamente».

Stamani, delusa e preoccupata anche per una serie di altri motivi, Claudia si siede davanti a me. «Non è successo come diceva lei», mi racconta, «e in più sono accadute tante cose negative che mi fanno vivere molto male». In ansia e con il dispiacere che il progetto non sia funzionato, la sollecito perché mi metta al corrente. «Per fortuna ho Cecilia! È la mia fonte di gioia. Tutto il resto è fatto di cose buie. Mio marito, infatti, ha perso il suo lavoro di operaio. La ditta ha chiuso i battenti e non abbiamo ancora ricevuto un centesimo per la cassa-integrazione. Io non posso fare sforzi e, comunque, in gravidanza nessuno mi dà la possibilità di lavorare. Potrei stirare, fare compagnia a una persona anziana, occuparmi dei bambini, ma nessuno mi vuole. Solo l’affitto è di quasi ottocento euro al mese e, poi, tutto il resto. Il Cav mi offre un aiuto mensile e le sono molto grata. Nonostante tutto, però, non ce la facciamo».

Ora piange silenziosamente. Come vorrei la bacchetta magica in questi momenti. Giulia, la nostra operatrice, al giovedì è in pronto soccorso. La chiamo perché mi aiuti a rimettere Claudia in contatto con la dottoressa. Si organizza in fretta e raggiunge il risultato. Aspettiamo. Intanto rimugino su ciò che ho sentito raccontare da Claudia. Che cosa fare? L’eterna domanda che sembra non trovare risposta.

Illuminazione: qualche tempo fa, una mia cara amica ha regalato al nostro Centro cinquemila euro, per aiutare una mamma senza speranza perché possa portare avanti con serenità la sua gravidanza. Non li ho ancora spesi, mi dico. La mia cara amica si chiama Gianna Emanuela ed è la figlia per la quale la sua mamma, Gianna Beretta Molla, ora santificata, ha rinunciato alle cure invasive per il bimbo che portava nel suo grembo. Questa decisione l’ha portata alla morte, ma Gianna Emanuela è nata ed è una meravigliosa persona.

D’un fiato, narro tutto ciò a Claudia che vuole conoscere la storia. Racconto e racconto emozionandomi sempre di più. Claudia non ha ancora realizzato che questo è un regalo per lei. Glielo comunico. Come ti sento viva dentro di me Gianna! Finalmente: «Per me?». Al mio «sì, proprio per lei», il suo pianto silenzioso è divenuto dirompente e le lacrime si mescolano a singulti profondi. L’ho lasciata piangere sperando in uno sfogo liberatorio. Non riusciva a smettere. «Claudia, stiamo spaventando Cecilia», che, infatti, le si rivolgeva come chiedendo di essere consolata. «Mi racconti ancora».«Volentieri ma solo se smette di singhiozzare. Anzi, sa che cosa facciamo? Chiamiamo al telefono Gianna Emanuela». Speranzosa compongo il numero di telefono e lei: «Paola», mi saluta con la sua bella voce di sorriso, «mi vuoi ricordare che ti ho promesso di venire a trovarti? Ogni promessa è un debito. Verrò, verrò».

Le narro che cosa sta accadendo nella mia stanza. «Vuoi parlarle tu? Chissà che tu riesca a fermare questo fiume in piena». Essere presente a questa loro conversazione ha davvero il senso della grazia, del gratuito che ti viene messo in mano. Si salutano con gioia. Gianna Emanuela chiede di restare in contatto perché vuole sapere come andranno avanti le cose. Poi: «Non glielo ho detto prima. Ieri, per incoraggiarci a vicenda, con mio marito cercavamo di parlare delle cose belle che ci riserverà il futuro. Ho chiesto a mio marito: “Come lo chiameremo questo bambino? Non so perché mi è venuto in mente un nome a cui non avevo mai pensato: Emanuela se bimba o Emanuele se sarà un maschietto. Come ti sembra? Sa come sono gli uomini, senza tanto pensarci Antonio mi ha risposto che per lui andava bene. Oggi, so perché mi è balenato quel pensiero sul nome e proprio quello». «Sono felice della sua felicità. Ora, però, dobbiamo pensare alla sua salute e con Giulia andrà a cercare la dottoressa. Chissà che i miracoli non finiscano qu». Ci siamo abbracciate strette strette. Forse, tra le due, la più felice ero io. Grazie Gianna!