La famiglia va in Germania
Almanya è un ottimo esempio di commedia intelligente e non banale che mette a tema l'integrazione tra culture lontane.
Per Hüseyin Yilmaz, emigrato in Germania dalla Turchia nel periodo del boom economico, ricevere quando è ormai anziano il passaporto tedesco, più che un privilegio sembra l’inizio della fine… La sua famiglia, un quasi perfetto esempio di integrazione, non capisce le ragioni di tanto disagio né la necessità di partecipare al viaggio in patria in cui l’anziano signore sembra deciso a coinvolgere tutti quanti. L’unico veramente interessato alla storia di famiglia è il piccolo Cenk a cui la cugina Canan (che nasconde il segreto di una gravidanza fuori dal matrimonio) racconta la “saga” della vita del nonno in un colorito amarcord dai toni surreali…
Detta così è chiaro che se l’accesso nel club europeo si giocasse a colpi di simpatia la famiglia Yilmaz avrebbe già guadagnato alla Turchia quel posto che i rischi dell’autoritarismo e di una nuova deriva fondamentalista le hanno fino ad ora precluso.
La scoppiettante pellicola delle sorelle Samdereli (una lunga e felice esperienza televisiva alle spalle per rodare la penna e la macchina da presa) è infatti di quelle capaci di strappare molte risate e una sincera emozione.
Sulla scia di commedie etniche come East is East, ma anche Sognando Beckham o Soul Kitchen, Almanya viaggia avanti e indietro tra l’oggi di una Germania in cui il multiculturalismo sembra morto, e gli anni ’60 “quando tutto è cominciato”.
Raccontata nella chiave di una favola colorita e umoristica, ma non priva di verità, dalla nipote Canan (che ha il suo piccolo segreto da nascondere, aspetta un figlio dal fidanzato inglese di cui la famiglia non sa nulla), la saga del testardo Hüseyin, della sua coraggiosa consorte Fatma e dei loro figli parte dall’Anatolia rurale per arrivare in una Germania all’alba del boom economico.
Lo sguardo curioso e stupito dei turchi nei confronti dei tedeschi e delle loro bizzarre abitudini (tra cui portare a spasso dei grossi topi al guinzaglio – trattasi di bassotti…) è reso ancora più gustoso dall’invenzione di una lingua immaginaria che rende la comunicazione tra stranieri e autoctoni ancora più complicata.
E arrivando all’oggi non pare che l’integrazione sia diventata poi tanto più semplice. Il vecchio Hüseyin, che ha gli incubi al pensiero di ricevere il passaporto tedesco (ed essere di conseguenza costretto a mangiare maiale, bere birra e ascoltare terribili Lieder), non ha nessuna intenzione di lasciare che la sua famiglia perda i contatti con la sua storia e così obbliga figli e nipoti a seguirlo in vacanza nella terra natia.
L’unico a dargli veramente retta è il nipotino Cenk (padre turco e biondissima mamma tedesca), che a scuola è stufo di rimanere fuori sia dalla squadra dei locali che da quella degli stranieri e sogna di accompagnare il nonno a pronunciare il suo discorso di immigrato esemplare di fronte alla cancelliera Angela Merkel. Del resto Hüseyin, messa da parte l’iniziale ritrosia, è ben pronto a far sentire la sua voce senza nemmeno un briciolo di paura; e tutto sommato ha pure le sue ragioni: in fondo sia lui che la cancelliera vengono dall’Est…
Divertente, ma anche profondo, capace di mettere a confronto culture e generazioni diverse, il film delle sorelle Samdereli è un ottimo esempio di commedia intelligente e non banale capace di raccontare l’oggi senza scadere nell’ideologia, ma senza nemmeno eludere le sfide del presente. Un'operazione rara a cui si possono perdonano alcune battute un po' infelici riferite ai cristiani, pure se dispiace ricordare che sarebbe difficile anche solo immaginare di poter far