La famiglia modello? Per Rai 3 è quella lesbica
Madre, madre e quattro figli: così, nella puntata dedicata a "Onora il padre e la madre" della trasmissione "I dieci comandamenti", la Rai ha presentato la "vera" relazione che trasmette i valori positivi della famiglia.
ll 3 giugno su Rai 3 è andata in onda una puntata della trasmissione I Dieci Comandamenti. Trasmissione a carattere religioso chiederete voi? Non proprio, dato che raccontava la vita di due lesbiche – Maria Silvia e Francesca - con quattro figli. La trasmissione in ogni puntata prende spunto da un comandamento di Dio. Questa puntata riguardava il comando: “Onora il padre e la madre”. Dato che nella vicenda di Maria Silvia e Francesca del padre non c’è manco l’ombra, dovremo depennare dal Decalogo questo precetto divino, farlo diventare così un Ennalogo e spiegare a Dio che i tempi sono cambiati.
Le due signore milanesi - fondatrici della casa editrice Lo Stampatello che ha pubblicato il libro per l’infanzia sull’omosessualità dal titolo “Piccolo Uovo” (ne avevamo già parlato: “Uno spettacolo per educare i bambini alla cultura gay”) - hanno avuto quattro figli con la fecondazione artificiale di tipo eterologo effettuata in Olanda per i primi tre e in Belgio per l’ultimo arrivato. A margine: un bel comportamento in frode alla legge, dato che la legge 40 sulla fecondazione artificiale proibisce le pratiche eterologhe. Manco a dirlo le due sono state “costrette” ad andare all’estero perché l’Italia è “un paese retrogrado, un paese omofobo”: gli italiani ringraziano.
Nel loro racconto da una parte si squaderna parte del solito repertorio per difendere la “famiglia” omogenitoriale, dall’altra si fanno innocenti e forse inconsapevoli ammissioni che tutta normale questa famiglia proprio non è.
Ad esempio Maria Silvia, in risposta all’intervistatore che la stuzzica sul fatto che a questi quattro bambini manca un padre, ribatte che ci sono bambini senza padre i quali sono cresciuti benissimo. Usando le parole di Nicoletta Pardi, la madre di Francesca, potremmo dire che “il legame di sangue non conta nulla, conta l’amore”. Insomma etero ed omo pari sono sotto le ali di Cupido. Ma è proprio nella prospettiva dell’amore che le cose non funzionano per il bambino che cresce in una coppia omosessuale. Perché il bambino non ha bisogno di un generico ambiente affettuoso, ma necessita di un amore paterno/maschile e di uno materno/femminile.
La tesi “ma anche tra gli eterosessuali ci sono pessimi genitori” per paradosso porta l’acqua al mulino del fronte che sostiene la famiglia naturale. Infatti la constatazione che anche tra genitori eterosessuali ci sono pessimi padri e madri spinge ancor di più tutti noi ad avere come base di partenza una famiglia il più possibile sana. Occorre trovare tutte quelle situazioni ambientali ed educative che per loro natura – almeno sulla carta – sono le migliori possibili per il figlio. E’ come sostenere che una sana alimentazione e una corretta educazione fisica non fanno la differenza in merito alla propria salute perché anche tra coloro che mangiano sano e fanno sport ci sono persone malate. Vero, ma è meglio viver sani piuttosto che condurre una vita d’ozio e di stravizi, perché una vita sana è condizione che, se non assicura di essere sempre in salute, di certo ne aumenta le probabilità. Oppure, facendo un altro esempio più vicino al tema in oggetto, pensiamo a quanti bambini di genitori separati non sono depressi o vivono gravi traumi psicologici: ma vuoi mettere quanto starebbero meglio con papà e mamma di nuovo assieme? O quanti bambini si trovano accolti e amati in orfanatrofio, ma non per questo si decide di lasciarli lì a vita. Si vuole il meglio per i propri figli.
Sempre Maria Silvia poi aggiunge che è ormai è assodato che “è la qualità delle relazione a creare il benessere di una famiglia”. Ed ha ragione da vendere la signora se andiamo a vedere cosa dicono gli studi di settore sugli effetti negativi dell’educazione di un figlio che cresce in una relazione omosessuale (rimandiamo ai dati scientifici ricordati in un precedente articolo: “Famiglie gay: la Cassazione riscrive la Costituzione”).
Per completare il copione in stile gender non è mancata la solita stoccata alla figura paterna/maschile, non solo inutile ma dannosa. Il colpo di fioretto non viene portato da nessuna della due donne ma dall’unico uomo intervistato, non sospetto dunque di partigianeria alcuna: il padre di Maria Silvia. Interrogato sull’assenza della figura maschile, afferma: “l’elemento maschile si porta dietro la prevaricazione, la forza senza ragione, l’imperio, il comando, il peggio del concetto del maschio”. Anche qui, tutti i maschietti ringraziano. A parte il fatto che “imperio e comando” sono cose buone, è interessante notare che più volte nella trasmissione si mette l’accento sul fatto che occorre incontrare persone come Maria Silvia e Francesca per capire che i giudizi negativi sull’omosessualità sono solo pregiudizi, astrazioni impietose da salotto conservatore: la realtà è ben altra. Ma poi se si parla del maschio eterosessuale ecco sciorinare una sfilza – questi sì – di logori pregiudizi. Due pesi e due misure insomma.
Ma l’intervista offre anche qualche ammissione da parte delle due lesbiche in relazione al fatto che tutta questa normalità forse è più asserita che vissuta. Ad esempio Francesca nell’assistere Maria Silvia che partorisce si è sentita come un padre: “mi sono identificata moltissimo nei papà in quella circostanza”. Prova inconfutabile, perché offerta proprio da un’omosessuale, che le figure paterne e materne, i ruoli maschile e femminile nella famiglia non sono un’invenzione dell’uomo, bensì sono così naturali che gli stessi gay devono ammetterne l’esistenza e addirittura sono spinti a mimarli, a recuperarli nel loro vissuto affinché la loro unione si avvicini il più possibile ad un ideale di normalità. In un altro passaggio dell’intervista poi Maria Silvia ammette che la loro unione è “uno snaturamento”.
La puntata si è chiusa con la condanna dello Stato italiano perché non permette loro di sposarsi – sono “solo” registrate come unione civile presso il Comune di Milano – e l’elogio della progressiva Spagna dove sono convolate a “nozze”. Ovviamente non è mancato video finale della celebrazione.
Un nota sulla Rai. La puntata come tradizione era a senso unico senza contraddittorio reale – le domande dell’intervistatore parevano pasciuti agnelli offerti al lupo affamato - ma anzi con un contorno di maestre e nonni tutti compiacenti e felici come una pasqua per aver aperto loro occhi e testa sul mondo omosessuale, grati poi del fatto che le due signore siano alla fine le uniche dispensatrici di valori in questo mondo etero così ipocrita. Inoltre tutto il tono narrativo, assai sapiente nella costruzione, era immerso nello zucchero filato: sorrisi a non finire, risolini dei bambini in sottofondo, la casa normalmente disordinata come quelle delle coppie etero (il caos non ha genere), il caminetto acceso, i bimbi che giocano sulle ginocchia di tutti, baci e abbracci. La solita atmosfera dorata perché, si sa, lo spettatore medio pensa più con la pancia che con la testa. W la Rai, dunque, come cantava Renato Zero.