La fame di Lenin contro la Chiesa
Tra il 1921 e il 1922 il regime bolscevico, con la sua politica di confisca di cibo e sementi, provocò una carestia che fece 25 milioni di morti nella regione del Volga. Fu l'antipasto dell'attacco contro il clero e i credenti.
Tra il 1921 e il 1922 il regime bolscevico, con la sua politica di confisca di cibo e sementi, provocò una terribile carestia che fece 25 milioni di morti nella regione del Volga. Il patriarca ortodosso Tichon offrì i beni della Chiesa ortodossa ma Lenin pretese anche la cessione dei vasi sacri. All’inizio del marzo 1922 l’American Relief Administration aveva accumulato tanti aiuti nei porti russi da mettere in crisi i trasporti. Infatti, alla fine dell’anno la Russia bolsevica esportò un milione di tonnellate di grano.
Ma a Lenin interessava la lotta alla Chiesa. Il Vaticano mise a disposizione una somma pari ai beni confiscati agli ortodossi ma Lenin la rifiutò. Il 19 marzo, in piena carestia, Lenin aveva presentato un memorandum al Politburo. In esso si diceva chiaramente: «Questo momento non è soltanto eccezionalmente favorevole ma ci offre il novantanove per cento di probabilità di distruggere il nemico e di assicurarci per decenni le condizioni di cui abbiamo bisogno. È adesso e soltanto adesso, quando nelle regioni afflitte dalla carestia c’è il cannibalismo e le strade sono ricoperte da centinaia se non da migliaia di corpi, che possiamo (e dunque dobbiamo) proseguire nell’acquisizione dei beni della Chiesa con la più feroce e spietata determinazione, non fermandoci di fronte a nulla pur di sopprimere ogni forma di resistenza» (Michael Burleigh, In nome di Dio, Rizzoli, p. 64).