La dittatura gay spiegata da un protagonista
Presentiamo la lettera di un attivista gay protagonista della contestazione di domenica scorsa a Casale Monferrato. E' la dimostrazione più evidente di quanto andiamo dicendo da mesi: la dittatura omosessuale è alle porte.
Egregio direttore,
Ho letto attentamente l’articolo di mercoledì scorso “La dittatura gay comincia da Casale Monferrato”. Io sono uno degli scalmanati che compaiono nel video. Vorrei approfondire i motivi per cui abbiamo scelto questo tipo di contestazione.
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Come ammette lo stesso don Gigi Cabrino, responsabile diocesano della pastorale sociale, avevamo chiesto in anticipo di intervenire. Ci hanno risposto picche.
Allora abbiamo deciso che avremmo presidiato la sala del convegno, distribuendo materiale informativo e cercando di parlare con la gente.
Ma mentre svolgevamo questa attività di dialogo, i relatori stavano proferivano enormità come: "I gay devono portare rispetto per la Chiesa, almeno quanto la Chiesa ne porta per loro"; "l'ideogia gender vuole l'abolizione dell'eterosessualità"; "Il matrimonio gay porta alla teorizzazione dell'utero in affitto"; "Non c’è nessuna emergenza omofobica, perché non esiste la violenza omofobica"; “un atto violento contro un omosessuale è identico a qualunque atto violento".
A queste frasi, veri e propri falsi ideologici, non potevamo che ribattere immediatamente, interrompendo il relatore volta per volta, per evitare che il pubblico le prendesse per buone.
Abbiamo così ricordato che il rispetto che la Chiesa porta nei nostri confronti, si è concretato spesso in persecuzioni (“i gay sono una ferita per la pace”, scrisse Benedetto XVI non più di nove mesi fa). Abbiamo tranquillizzato di non volere affatto la fine dell’eterosessualità, perché tutti noi veniamo da famiglie eterosessuali, che amiamo. Abbiamo ribattuto che nessun gay ha mai teorizzato cose orribili come “l’utero in affitto”, e che solo una mente pervertita può convincersi di falsità simili. Abbiamo documentato che l’omofobia esiste eccome: 256 casi registrati solo nel 2013 (uno al giorno, più degli omicidi, più dei gravissimi femminicidi); cinque tentativi di suicidio in dieci giorni, ad agosto, dei quali due fermati per fortuna, e ben tre andati tristemente a segno.
Quanto alla gravità della violenza omofobica, non è argomento da liquidare in una battuta. L’omofobia è più grave di altre forme di violenza, sì, perché colpisce persone che non hanno scelto la causa della propria discriminazione. Una persona omosessuale è tale perché la natura l’ha fatta così.
Di conseguenza, la violenza omofobica produce sensi di inadeguatezza e di colpa, lesioni della personalità ben peggiori delle ferite del corpo. Uccide l’autostima, che può essere recuperata solo attraverso percorsi di cura psicoanalitica lunghissimi, incerti e costosi.
L’atto omofobico lede la persona nella sua intimità, insistendo su aspetti che la vittima potrebbe anche non aver ancora rivelato agli altri o addirittura a se stesso. E’ una sorta di stupro simbolico, che cambia definitivamente la vita di chi lo subisce.
Infine, l’atto omofobico non colpisce solo la persona che lo ha subito, ma danneggia anche tutte quelle che vivono le sue stesse inclinazioni, perché le induce a vivere nella paura e nel timore di non poter essere “accettate”.
Noi, che viviamo sulla pelle questi problemi, non potevamo “ascoltare civilmente” chi propagandava le sue menzogne tendenziose. Avremmo rischiato che, dal giorno dopo, un centinaio di nuovi potenziali omofobi si aggirassero per Casale. E questa non è civiltà.
Certo che non pubblicherete mai questa mia, o tutt’al più la manipolerete secondo le vostre necessità, porgo distinti saluti.
Massimo Battaglio
Caro signor Battaglio,
contrariamente a quello che pensa ho deciso di pubblicare la sua lettera, anche se la sua non è una offerta o richiesta di dialogo ma semplicemente il tentativo di giustificare un’azione che resta però ingiustificabile.
Ho deciso di pubblicarla per due ragioni: anzitutto perché malgrado i suoi pregiudizi credo che ci sia sempre una possibilità di superare steccati e barriere ideologiche per arrivare a un confronto reale e schietto sul senso della nostra esistenza e sul significato delle nostre azioni.
In secondo luogo perché le sue argomentazioni dimostrano in modo chiaro e lampante il rischio che la nostra società corre assecondando il vittimismo e la prepotenza. Anzi, bisogna riconoscere che ormai non è più un rischio: la dittatura gay è già una realtà, come dimostrano i fatti di Casale Monferrato e il caso Barilla scoppiato proprio in questi giorni. Quella che ama presentarsi come una piccola minoranza discriminata e fatta oggetto di violenze è in realtà una lobby potentissima che applica la violenza per mettere a tacere chiunque la pensi diversamente.
Lei si dice sicuro della manipolazione della sua lettera per piegarla alle mie necessità. La sua lettera è lì, così come ce l’ha mandata, mi risulta invece che sia lei a manipolare la realtà: non solo don Gigi Cabrino dice di non aver ammesso nulla – come lei vorrebbe far credere -, lei fa dire a Benedetto XVI cose che non ha mai detto. La sfido a trovare quel passaggio («i gay sono una ferita per la pace») che lei cita con tanta sicurezza. Invece papa Benedetto XVI, nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2013, ha detto che a ferire la pace e la giustizia è il tentativo di distruggere la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna promuovendo e dando pari dignità ad altri tipi di unione. Ma per sua comodità, le riporto l’intero passaggio così che il pensiero appaia chiaro:
“Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale.
Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.
Potrà anche non essere d’accordo, ma in nessun caso questo può essere definito persecuzione contro le persone omosessuali o istigazione alla violenza, o - più in generale – omofobia. E al proposito: quando mai la Chiesa ha perseguitato gli omosessuali, come lei sostiene dandolo per scontato? Oggi poi c’è una lobby gay anche nella Chiesa, figuriamoci se possiamo parlare di persecuzioni.
Dicevo poc’anzi della dittatura gay che è ormai una realtà: ebbene, lei me lo dimostra. Voi pretendete di intervenire e dire la vostra a un convegno organizzato da liberi cittadini per esporre le loro idee e preoccupazioni. E siccome – giustamente – rifiutano, voi impedite che l’incontro si svolga regolarmente. In italiano questo si chiama squadrismo, è chiudere la bocca a chi esprime opinioni che non ci piacciono, è una violenza inaccettabile. E’ come giustificare l’omicidio di una persona solo perché non voleva mollare il portafogli: «Io gli avevo chiesto il portafoglio, ma non me l’ha voluto dare, perciò l’ho dovuto uccidere». Un ragionamento che può apparire logico e naturale solo a chi è immerso in una cultura di violenza e di disprezzo per l’altrui pensiero ed esperienza. Cosa ancora più grave da parte di chi pretende che la legge sull’omofobia sia un provvedimento per fermare la violenza.
Lei ci dimostra con chiarezza quello che noi andiamo dicendo da mesi, ovvero che se il ddl sull’omofobia venisse approvato ogni espressione di pensiero non in linea con l’ideologia omosessualista verrebbe considerato un reato. Lei infatti considera «una enormità» ciò che invece è solo espressione di buon senso. O che addirittura è una realtà evidente, come il crescente fenomeno degli uteri in affitto per consentire a coppie omosessuali di avere figli. E’ una realtà ampiamente documentata, ne abbiamo parlato anche noi, e anche in Francia è già pronto un disegno di legge per liberalizzare la maternità surrogata proprio per accontentare le coppie omosessuali.
Lei cita «256 casi di omofobia registrati solo nel 2013». Ma qual è la fonte, visto che le statistiche – comprese quelle della principale associazione europea di Gay e Lesbiche Ilga-Europe – dicono cose molto diverse? E questo tenendo anche conto che le denunce non corrispondono necessariamente a un reato: ci si può sentire discriminati senza esserlo davvero. Peraltro il concetto di omofobia è così generico e nebuloso, che una legislazione in materia apre a qualsiasi arbitrio. E anche sui suicidi, non si può piegare la realtà ai propri interessi. Abbiamo pubblicato proprio pochi giorni fa una rigorosa e attenta analisi che mette in evidenza come il tasso di suicidi sia nettamente più alto nella popolazione omosessuale, ma non per l’omofobia dell’ambiente quanto per un disagio interiore che non si riesce a superare.
Infine, veniamo alla pretesa che l’omosessualità sia secondo natura. Anche nel caso di tendenze innate, non si può parlare di natura, perché il concetto di natura si riferisce alla finalità degli esseri viventi non al loro mero esistere. La natura dell’uomo è essere maschio e femmina e non sarà una legge a poter cancellare questa evidente realtà.
In ogni caso tutti questi argomenti non tolgono nulla al fatto che le persone omosessuali vadano – e sono - accolte nella Chiesa. Essa condanna il peccato, ma accoglie e cura le ferite del peccatore che si riconosce tale.