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IL CORSO

La deriva Lgbt di Avvenire è ideologia e ribellione

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Il quotidiano dei vescovi dà spazio a un corso per la pastorale Lgbt+. Con i soliti noti (Piva, Grillo, Bordeyne, Fumagalli, Migliorini) e i soliti attacchi al magistero si afferma l'ideologia gender con la pretesa di umanizzare la sessualità. 

Editoriali 10_10_2023

Apprendiamo da Avvenire che i gesuiti di Villa San Giuseppe, a Bologna, hanno organizzato un corso di formazione per operatori di pastorale con persone LGBT+. Il quotidiano dei nostri pastori riporta anche alcune interviste a partecipanti e relatori. Vediamone qualche brano.

Partiamo da monsignor Philippe Bordeyne, teologo morale e preside del nuovo Pontificio Istituto Giovanni Paolo II: «Coloro che affermano che qualsiasi tipo di pensiero gender si oppone alla tradizione cristiana ci ingannano». Quindi anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, oltre al Pontificio Consiglio per la famiglia ci hanno ingannato. Vatti a fidare dei papi, santi per giunta…

Monsignore prosegue: «Dare forma al genere fa parte del compito a lungo termine di umanizzare la sessualità nelle sue dimensioni personali e sociali, senza essere un’ideologia». Per carità, non chiamiamola ideologia, che suona male. Un po' come le unioni omosessuali, che erano sostanzialmente un matrimonio civile, ma guai a chi le chiamava matrimoni!

Probabilmente occorrerà un chiarimento tra monsignor Bordeyne e Don Aristide Fumagalli, docente di Teologia Morale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e dell’istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano. Questi prende le distanze sia dall’ideologia gender che dall’ideologia sex. A chi si domandasse che diavolo sia, adesso, questa «ideologia sex», risponde che trattasi dell’ideologia «la quale, abbracciando la teoria dell’essenzialismo naturale, ritiene che il genere sessuale sia dato dalla natura biologica». In sostanza, circa tremila anni di antropologia classica e cattolica. Ideologia.

Dunque, dicevamo: non chiamiamo ideologia il gender. Ma non chiamiamolo nemmeno teoria, ci avverte il filosofo Damiano Migliorini: «L’espressione è stata inventata in alcuni testi redatti - purtroppo - per il Pontificio Consiglio per la famiglia intorno all’anno 2000. E serve per etichettare, deformare e delegittimare quanto prodotto nel campo degli studi di genere». Occorre anche ricordare – aggiunge prontamente l’autore dell’articolo - che tra gli autori di quei testi c’erano esperti poi completamente delegittimati sul piano ecclesiale e scientifico. Il famoso consenso (ecclesiale e scientifico) colpisce ancora.

Il teologo Andrea Grillo dichiara che è necessario un aggiornamento perché «siamo vittime della convinzione che la “fede” imponga certe soluzioni istituzionali e personali». Faccio outing: tra queste povere vittime della sciagurata convinzione che la fede imponga soluzioni personali, ci sono anche io. Me ne farò una ragione, non ho voglia di rivendicare alcunché.

La collega teologa Lucia Vantini sottolinea nuovamente l’importanza del linguaggio: «Le parole legate alla differenza sessuale generano un campo simbolico conflittuale per cui occorre sempre negoziarne il senso con attenzione». La parola queer, ad esempio, che letteralmente significa «strano», «bizzarro»: «Il termine può richiamare anche la tensione interna della dimensione cristologica o evocare creatività dello Spirito». Ammetto che non mi sarebbe mai venuto in mente.

Chiude la carrellata il gesuita Pino Piva, per il quale era necessaria questa giornata di formazione perché «la “questione gender” viene spesso usata come pretesto per banalizzare i giusti diritti delle persone LGBT+ e negare che ci possa essere una qualche pastorale con persone LGBT+». Dall’articolo apprendiamo che padre Piva propone questi percorsi da tre anni; infatti era tra i relatori di un incontro simile, tenuto a Catania poche settimane fa (vedi QUI).

Un’ultima cosa: apprendiamo che ha preso parte anche l’arcivescovo di Modena, Erio Castellucci, vicepresidente Cei per il Nord Italia.

Che dire, dunque. Ormai è chiaro e non dovrebbe scandalizzare più di tanto scoprire che la Chiesa (non solo italiana) è attivamente impegnata a sostenere e diffondere il gender e l’omosessualismo. Gli autorevoli teologi e filosofi intervistati da Avvenire negano recisamente che si tratti di una ideologia, anzi: organizzano queste iniziative proprio per condannare chi diffida dal gender e lo connota negativamente. Ma come chiamare un pensiero che pospone a diritti e principi, la vita e il bene delle persone? Questi illustri relatori sanno in cosa consista la cosiddetta «transizione»? Hanno mai visto qualche fotografia di questi interventi? Oppure bisogna vietarne la diffusione, come per le foto dei bambini di poche settimane nella pancia della mamma? Non è forse caratteristico dell’ideologia, negare l’evidenza dei fatti che la contraddicono?

Ma tutto questo ha un aspetto positivo. L’articolo insiste più volte sul fatto che è in atto una «sfida antropologica», ossia una battaglia alla visione classica (aristotelico-tomista) dell’uomo. Questo è il vero punto: non i diritti né, tanto meno, il bene delle persone. L’abbiamo visto più volte, nel corso della storia: ogni rivoluzione nasce per tutelare i diritti di qualcuno (operai, donne, immigrati…) per poi abbandonarli quando non possono più essere usati. Usati per cosa? Per aggredire l’ordine naturale, che promana direttamente dal Logos, Figlio e Sapienza divina. Come si chiami, questa ribellione, decidetelo Voi, cari lettori.