La cultura di Don Ricci nella casa di Giussani
Due volumi presentati a Rimini ricordano la figura del sacerdote romagnolo. Il movimento ha dato forma alla sua missione.
Una Chiesa senza coscienza della propria storia, è una Chiesa fragilissima. Per trovarne un esempio non serve andare troppo lontano, basta guardare in casa propria, cioè in Italia, dove qualcuno nel mondo cattolico si è dimenticato da dove viene, e quindi fatica a capire dove va. Monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, ancora una volta non usa tanti fronzoli, e nel cercare di consolidare la memoria del popolo cristiano, al Meeting di Rimini presenta un libro – anzi due – su don Francesco Ricci, lo straordinario sacerdote romagnolo di Forlì morto vent'anni fa con sessantuno primavere alle spalle dopo aver fatto il giornalista, l'editore e aver girato mezzo mondo, soprattutto i Paesi dell'est Europa quando il regime sovietico-comunista opprimeva qualsiasi anelito di libertà.
I due volumi portati alla ribalta alla manifestazione agostana di Cl sono “La più umana delle passioni. Storia di Francesco Ricci” (Bur-Rizzoli), scritto dal giornalista Alessandro Rondini - che di Ricci è stato allievo, amico e collaboratore nelle sue iniziative editoriali che oggi continuano, come il Centro studi Europa Orientale (Cseo) - “Don Francesco Ricci. Fino agli estremi confini della terra” (Itaca) di Marco Ferrini, direttore della Fondazione internazionale Giovanni Paolo II, che ha raccolto e sviluppato gli atti di un convegno tenutosi nel 2007 a San Marino su questo straordinario sacerdote romagnolo.
L'amicizia con don Luigi Giusanni, fondatore di Comunione e Liberazione, è un filo rosso nella vita di don Ricci, fin dal loro incontro a cavallo tra gli anni '50 e '60, quando il sacerdote brianzolo avviava l'esperienza di Gioventù studentesca al liceo Berchet di Milano, e il suo amico in tonaca la riproponeva a Forlì, quindi in tutta la Romagna. “La missione per don Ricci era un istinto, poi l'esperienza di Cl in lui ha dato un'idea e una forma a questa sua esigenza – commenta monsignor Negri -. Istintivamente, don Francesco era un uomo che andava incontro a tutti, non era indifferente a nessuno”.
Ma è soprattutto la grande “cultura” di don Ricci ad aver affascinato tanti suoi amici e allievi, una cultura – precisa il vescovo di San Marino - “che consisteva in una posizione umana diversa di fronte a tutto, a partire dalla propria vita”. Negri racconta di aver visto, da ragazzo, “don Ricci seguire senza remore don Giussani, una sequela piena di sacrifici perché non sempre andavano d'accordo, ma senza sacrificio qualsiasi rapporto diventa una mera affermazione di sé”. E così, se “don Giussani ha creato una casa con il Movimento, don Ricci gli ha dato una cultura, perché – conclude il vescovo – una casa senza cultura è un casino, mentre una cultura senza una casa è solo un'ideologia. Ecco la potenza dell'unità tra Giussani e Ricci”. Da cui, è proprio il caso di dirlo, la Chiesa intera deve imparare.