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PAPA FRANCESCO

La "cultura dello scarto" contro pace, vita e famiglia

Anche il terrorismo è parte della cultura dello scarto. È «cultura dello scarto applicata a Dio», perché «prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico». Lo dice Papa Francesco nel suo annuale discorso al Corpo Diplomatico.

Ecclesia 12_01_2015
Papa Francesco

Il 12 dicembre Papa Francesco ha rivolto il tradizionale discorso annuale al Corpo Diplomatico, incentrato su una nozione-chiave del suo Magistero sociale, la «cultura dello scarto», che mette da parte le persone che non sono «efficienti» e non servono, disprezza la vita umana e la famiglia e mette in pericolo la pace. Anche la famiglia, ha insistito Papa Francesco, è oggi «scartata» da chi «privilegia diverse forme di convivenza» piuttosto che sostenerla. 

Il rifiuto di Gesù Cristo che le Scritture attribuiscono al «cuore indurito dell’umanità» è all'opera ancora oggi come «indole del rifiuto».  È la «mentalità che genera quella cultura dello scarto che non risparmia niente e nessuno» ed è la radice ultima della «violenza e morte» che sono esplose  a Parigi come in tante altre parti del mondo, a cominciare dalla Nigeria e dal Pakistan, dove un mese fa oltre cento bambini sono stati «trucidati con inaudita ferocia».

Francesco ha citato il suo recente messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, spiegando che la cultura dello scarto mette la schiavitù al posto della libertà. L'uomo «da libero diventa schiavo, ora delle mode, ora del potere, ora del denaro, talvolta perfino di forme fuorviate di religione», come dimostrano i recenti episodi di terrorismo, parte - il Papa lo ripete - di una «vera e propria guerra mondiale combattuta a pezzi».

Non c'è solo il «terrorismo di matrice fondamentalista» . Il Pontefice chiede «un rinnovato spirito di legalità internazionale» per risolvere la crisi in Ucraina, e ricorda la posizione che la Santa Sede mantiene da molti anni per la Palestina, quella che auspica «la soluzione di due Stati». 

Anche il terrorismo è parte della cultura dello scarto. È «cultura dello scarto applicata a Dio», perché «prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico». In Iraq e Siria il terrorismo si fa Stato e diventa «ingiusta aggressione che colpisce anche i cristiani e altri gruppi etnici e religiosi della regione». Di fronte all'aggressione, «occorre una risposta unanime che, nel quadro del diritto internazionale, fermi il dilagare delle violenze, ristabilisca la concordia e risani le profonde ferite che il succedersi dei conflitti ha provocato». Ai governi e alla comunità internazionale il Papa chiede «iniziative concrete» per fermare la pulizia religiosa che sta eliminando i cristiani da tante aree medio-orientali: «un Medio Oriente senza cristiani sarebbe un Medio Oriente sfigurato e mutilato». Ma l'invito non coinvolge solo i governi. È assolutamente necessario che «i leader religiosi, politici e intellettuali specialmente musulmani condannino qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione, volta a giustificare tali atti di violenza».

Si scartano vite, donne, bambini, anche in Africa. Il terrorismo, ha ricordato Francesco, colpisce anche in Nigeria, in Libia non si ferma «la lunga guerra intestina», in Sudan, nel Corno d'Africa, in Centrafrica, in Congo continuano guerre crudelissime e dimenticate, e in tutte queste zone sono «in continua crescita il tragico fenomeno dei sequestri di persone» e «l’esecrabile commercio» delle «giovani ragazze rapite per essere fatte oggetto di mercimonio», spesso dopo essere state violentate. Più di una donna «non solo viene violata nell’intimità del suo corpo, ma pure della sua anima, con un trauma che difficilmente potrà essere cancellato». Come se tutto questo non bastasse, l'Africa è martoriata dal virus ebola, e talora i malati anziché essere accolti sono «isolati ed emarginati come i lebbrosi di cui parla il Vangelo». 

Come stupirsi, allora, della «fuga di migliaia di persone dalla propria terra d’origine», nonostante il rischio concreto per le persone di perdere «la vita in viaggi disumani, sottoposte alle angherie di veri e propri aguzzini avidi di denaro», non solo nel Mediterraneo ma ora anche nelle Americhe? È giusto combattere «il dramma del rifiuto» che spesso colpisce gli emigranti quando arrivano nei Paesi più ricchi, ma senza mai dimenticare che occorre «agire sulle cause e non solo sugli effetti» e creare condizioni perché dalla propria patria non si sia più costretti a fuggire.

Sbaglierebbe chi credesse che la cultura dello scarto non sia all'opera anche in Europa e in generale nel Nord del mondo. Anche qui ci sono «esiliati nascosti»: i giovani che non trovano lavoro, gli anziani talora abbandonati e disprezzati. Sempre di più diventa un'esiliata nascosta e una vittima della cultura dello scarto anche la famiglia. Sì, afferma il Pontefice, la famiglia oggi è «oggetto di scarto a causa di una sempre più diffusa cultura individualista», che causa anche una preoccupante denatalità, e soprattutto «di legislazioni che privilegiano diverse forme di convivenza piuttosto che sostenere adeguatamente la famiglia per il bene di tutta la società».

Francesco ha rivolto un cenno  anche all'Italia, dove la crisi economica «genera sfiducia e favorisce la conflittualità sociale», e tante persone si sentono scartate. L'Italia, ha detto il Papa, non deve cedere alla «tentazione dello scontro», ma ricordare che dalle crisi si esce con la fiducia e la concordia nazionale.

Francesco, poche ore prima di partire per Sri Lanka e le Filippine, ha ricordato i suoi viaggi, spiegando che la Chiesa opera anzitutto sul piano spirituale e del dialogo ecumenico e interreligioso, ma presta discretamente la sua opera, attraverso la sua diplomazia, per iniziative che ritiene possano contribuire alla pace e alleviare i prezzi dei conflitti e delle tensioni pagati spesso dalle popolazioni civili. Così è avvenuto per l'accordo fra Stati Uniti e Cuba e per gli accordi di pacificazione nazionale nel Burkina Faso e nelle Filippine. E la Chiesa opera perché torni la concordia civile anche in Colombia e in Venezuela, e perché il conflitto fra l'Iran e la comunità nazionale in materia di nucleare possa essere risolto con l'impegno iraniano a utilizzare l'energia nucleare in modo pacifico. Francesco ha anche indicato come segno positivo la chiusura definitiva del carcere di Guantanamo.  

La Chiesa, ha concluso Francesco, non si illude che il cammino verso la pace sia facile o possa essere risolto ignorando le radici profonde dei conflitti, con semplici gesti dimostrativi. Alla fine, la radice della pace è «la conversione del cuore».