La corsa all'"oro verde" che non rispetta la legge
Quello cha salta agli occhi della cosiddetta cannabis light è che le offerte esistenti sul mercato sono caratterizzate da assenti informazioni sulle caratteristiche del prodotto, sui possibili danni ed effetti collaterali, ma soprattutto non viene evidenziato il reale uso che ne fanno i consumatori e cioè l’assunzione tramite combustione e inalazione del fumo derivante o l’ingestione.
Caro direttore
È ormai più di un anno che stiamo subendo pubblicità insistenti e un forte impegno di marketing con l’apertura di oltre 700 nuovi negozi in tutta Italia per la cosiddetta “Cannabis Legale, cannabis light, cannabis per tutti” in totale assenza di interventi dello Stato.
Sono prodotti derivati dalle inflorescenze della cannabis sativa che hanno un contenuto di delta 9 THC (il principio attivo della sostanza stupefacente) oscillante tra lo 0,2 e 0,6 % - e quindi molto meno della Cannabis illegale che naturalmente oscilla tra il 2-6% ma puòarrivare anche a molto di più. È per questo che furbescamente vengono denominati light e restano sotto i livelli previsti dalla legge sulla droga. Prodotti però che contengono anche un secondo importante principio farmacologicamente attivo quale è il CANNABIDIOLO (CBD).
In Italia tale pianta sarebbe destinata ad usi agroindustriali e non certo per essere fumata e la coltivazione e l’utilizzo è regolato dalla Legge 242 del 2016, che in questo caso non sembrerebbe proprio essere rispettata.
Ma quello che stupisce è che comunque le vendite continuano e vanno alle stelle. Quello cha salta agli occhi è che le offerte esistenti sul mercato sia presso negozi specializzati, addirittura presso alcuni tabaccai e internet sono caratterizzate da scarse/assenti indicazioni ed informazioni sulle caratteristiche del prodotto, sui possibili danni ed effetti collaterali (che possono esistere) ma soprattutto non viene evidenziato il reale uso che ne fanno i consumatori e cioè l’assunzione tramite combustione e inalazione del fumo derivante o l’ingestione.
Non sono riportati gli effetti collaterali che sono possibili anche con queste basse percentuali di principio attivo, anche perché non si tiene in considerazione una legge basilare della farmacologia e cioè che i livelli di assorbimento, accumulo per lungo tempo nei tessuti grassi e la presenza nel sangue del delta 9 THC, sono molto variabili da persona a persona, come riportato da anni nella letteratura scientifica. Questo avviene anche per basse concentrazioni di THC nel prodotto fumato.
Quello che aggrava la situazione è anche il fatto che in tali prodotti siano presenti alte quantità di Cannabidiolo (CBD) che è una sostanza farmacologicamente attiva in grado di creare effetti “percepibili” sul cervello oltre che su vari altri organi e questi effetti sono stati anche pubblicizzati strumentalmente dai venditori in varie interviste su giornali, internet e TV per incentivarne l’acquisto.
Non si comprende come sia possibile che il Ministero della Salute e le varie altre istituzioni preposte permettano che venga messa in commercio una sostanza farmacologicamente attiva, solo dichiarando che è per “ricerca o collezione” sapendo benissimo invece che se ne fa un uso umano fumandola. È tempo che i cosiddetti “preposti” intervengano e lo facciano con perizia, coscienza e decisione.
Sappiamo che i prodotti contenenti Cannabidiolo dovrebbero essere autorizzati alla vendita come veri e propri “medicinali” in base al decreto legislativo 219 del 2016. Questo comporta che tali sostanze dovrebbero essere prodotte nel rispetto delle regole previste dall’AIFA e dalle agenzie Europee per garantire sicurezza e scientificità, ma questo non avviene per questi prodotti. Questo è l’aspetto più inquietante di queste sostanze che vengono prodotte fuori dalle regole previste per tutti i medicinali e le sostanze farmacologicamente attive usate sull’uomo. È proprio questo aspetto che la Germania, per esempio, ha invece imposto per assicurare al consumatore qualità e sicurezza di qualsiasi prodotto per uso umano farmacologicamente attivo e che dovrebbe essere immediatamente applicato anche in Italia.
Oltre a questi fattori tecnici c'è il fatto anche che i prodotti vengono venduti “sotto mentite spoglie” senza informazioni complete sui possibili danni alla salute che essi possono comunque produrre, proprio in considerazione della variabilità individuale di risposta, della dose che volontariamente la persona decide di acquisire (potendone quindi assumere anche grandi quantità e arrivando a quelle soglie, peraltro molto variabili da individuo a individuo – da 2 a 44 microngrammi di principio attivo THC nel cervello – che producono i cosiddetti effetti farmacologici tossici.
Nascono e crescono sempre di più quindi queste catene di “negozietti” e punti vendita su internet che spesso alla loro apertura vedono file di una sconsolata moltitudine di varie persone anche in età matura, aspettare anche per ore il loro turno per poter fare il loro desiderato acquisto.
Ma fa tristezza tutto ciò e soprattutto mi preoccupa la grande spinta di marketing che sta dietro a tutto questo e le potenti lobbyes che si stanno organizzando e diffondendo. L’effetto di “normalizzazione” è veramente negativo perché sfrutta sia il simbolo della Cannabis (inflazionato in tutte le salse in questi esercizi commerciali e attrattivo soprattutto per i giovani più vulnerabili alle droghe) sia il fatto che tutto sembra predisposto per poter poi convertire questi negozi in veri e propri dispensari della cannabis con alta percentuale di THC, una volta attivata la legalizzazione di tale sostanza.
Insomma, una corsa in anticipo “all’oro verde”, come lo definiscono in America, per poter arricchirsi velocemente sfruttando la scarsa consapevolezza delle persone all’interno di un sistema sanitario nazionale e regionale che si muove con la lentezza di un bradipo nel tutelare la salute delle persone e soprattutto delle giovani generazioni. Si, perché il danno più grave che si può produrre è proprio quello della diminuzione della percezione del rischio dell’uso di droghe nei giovani, di illuderli che “adesso esiste una cannabis legale che posso fumare” ma devo dire che la vendo per collezione o per ricerca, escludendo l’uso umano che in realtà è quello che avviene.
Un dato economico su tutti: il fatturato del mercato della Cannabis nel 2017 negli USA è stato di 4 volte quello di Mac Donald! Una forza economica veramente preoccupante al servizio della diffusione della cannabis.
*Neuropsichiatra, direttore servizio antidroga Asl n°9, Verona