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SCANDALI SILENZIATI

La corruzione c'è ma non si dice: il caso Nigeria

Il premier britannico Cameron definisce la Nigeria un paese «incredibilmente corrotto» e si attira un mare di critiche. Eppure, il Fondo per la lotta all’Aids ha sospeso i fondi dopo aver constatato un buco di 3,4 milioni di euro. Briciole di fronte ai miliardi di euro spariti dai ricavi del petrolio e dalla lotta al terrorismo

Esteri 17_05_2016
Muhammadu Buhari, presidente della Nigeria

Il 6 maggio il Fondo globale per la lotta all’Aids, alla tubercolosi e alla malaria ha deciso la sospensione dei finanziamenti all’ente incaricato della lotta all’Aids in Nigeria dopo aver scoperto che in cinque anni, dal 2010 al 2014, il suo personale e i suoi consulenti hanno rubato 3,4 milioni di euro. 

Questo scandalo quasi non fa notizia al confronto dei casi di corruzione per importi miliardari che stanno venendo alla luce in Nigeria. Quello più clamoroso riguarda l’Ente petrolifero nazionale: per il solo 2014 si è verificato un ammanco pari a oltre 14 miliardi di euro su quasi 70 miliardi incassati. Segue a ruota lo scandalo dei fondi sottratti alla guerra contro il gruppo jihadista Boko Haram che ammontano a oltre 13 miliardi di euro, più della metà delle attuali riserve di valuta estera del Paese. 

«Le casse dello Stato sono vuote», denunciava un anno fa il presidente neoeletto Muhammadu Buhari che durante la campagna elettorale aveva promesso massimo impegno contro la corruzione, proprio come d’altra parte aveva fatto il suo predecessore Goodluck Jonathan cinque anni prima. Però Buhari sembra più intenzionato a mantenere la promessa, anche se l’opposizione sostiene che in realtà la sua è una caccia alle streghe per far fuori gli esponenti del precedente governo, il che non vuol dire che quello attuale intenda comportarsi meglio. 

Comunque sia, chissà perché ha destato tanto scalpore il fatto che il ministro britannico David Cameron abbia definito la Nigeria un paese «incredibilmente corrotto». Il 10 maggio il premier stava spiegando alla regina Elisabetta che una quarantina di capi di Stato e di governo erano attesi al summit anti-corruzione che si sarebbe aperto a Londra due giorni dopo. Sembra che a un certo punto abbia detto, forse ignorando di essere registrato: «Ci saranno anche i nigeriani... in effetti siamo riusciti a far venire alcuni dei leader dei Paesi più incredibilmente corrotti... Nigeria e Afghanistan, forse i due più corrotti al mondo».

Dall’Afghanistan e per l’Afghanistan nessuno si è lamentato. Anzi, il presidente Ashraf Ghani ha ammesso che il suo Paese è realmente uno tra i più corrotti. Invece l’accusa alla Nigeria ha suscitato reazioni, quasi che fosse falsa. L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby ha subito preso le parti di Buhari: «il presidente attuale non è affatto corrotto e si sta impegnando molto». Transparency International ha replicato: «certo che Nigeria e Afghanistan hanno avuto e tuttora presentano alti livelli di corruzione. Ma i loro leader stanno dando forti segnali di cambiamento (....) non dimentichiamo piuttosto che, con i loro paradisi fiscali, il Regno Unito, i suoi territori d’oltremare e le Dipendenze della Corona contribuiscono grandemente al problema della corruzione a livello mondiale».   È quasi come dire che ci sono le guerre perché si fabbricano le armi.

Il segretario di Stato britannico per gli Affari esteri e del Commonwealth Philip Hammond ha difeso Cameron dicendo che il premier ha semplicemente enunciato un dato di fatto. L’ex premier britannico Tony Blair ha osservato che la corruzione è un problema anche in Occidente, ma lo è soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, in Africa in particolare: «non serve far finta che il problema non esista, i problemi vanno affrontati». «Il presidente Buhari è profondamente scosso e a disagio», ha riferito invece alla Bbc il portavoce della presidenza nigeriana l’11 maggio, «il primo ministro Cameron ha in mente una vecchia immagine della Nigeria ormai sostituita dalla realtà attuale». 

Giunto a Londra per il summit, Buhari ha assicurato di non pretendere delle scuse, di essere piuttosto interessato a che i capitali rubati e depositati nelle banche inglesi vengano restituiti alla Nigeria. Inoltre, ha detto che la comunità internazionale deve eliminare i paradisi fiscali e garantire la restituzione dei capitali: «quando si tratta di affrontare il problema della corruzione, la comunità internazionale da troppo tempo volta la testa dall’altra parte e non fa niente». Qualcuno avrà osato far notare al presidente Buhari che, per eliminare i paradisi fiscali, tanto per incominciare basterebbe ad esempio smettere di servirsene? E che è sbagliato e controproducente continuare a rappresentare l’Africa come vittima di colpe solo e sempre altrui? 

La tendenza sembra essere stata a dargli tutto sommato ragione. Il summit di Londra, celebrato come una pietra miliare nella lotta alla corruzione benché mancassero molti Stati chiave, incluse alcune delle maggiori economie mondiali, si è infatti concluso con una generica dichiarazione di intenti e con la creazione di un Forum globale per la restituzione dei capitali rubati a Nigeria, Ucraina, Sri Lanka e Tunisia il cui primo incontro si terrà il prossimo anno negli Stati Uniti con il supporto di Nazioni Unite e Banca Mondiale. 

I paradisi fiscali, gli studi come il Mossack Fonseca di Panama e i loro clienti che, sottraendoli a fondi pubblici, portano capitali all’estero fanno i propri interessi. A farne le spese sono tutti gli altri, le persone comuni: nei Paesi a basso livello di sviluppo come la Nigeria, perché restano povere e prive di servizi essenziali; in quelli ad alto sviluppo come l’Italia, perché, se si pretende che a rimediare pensi la “comunità internazionale”, toccherà di fatto ai loro governi, principali finanziatori di Onu e Banca Mondiale, accollarsi il grosso dei costi del Forum globale e di chissà quali altre iniziative.