La Corea del Nord fa ripartire la corsa al riarmo
Il terzo test nucleare di Pyongyang ha fatto arrabbiare soprattutto l'alleato cinese, perché sta favorendo il rafforzamento degli Stati Uniti nella regione, con un forte aumento dell'export di armi verso Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Filippine.
La comunità internazionale invoca significative reazioni da parte delle Nazioni Unite, nuove sanzioni contro il regime di Pyongyang lamentando la minaccia rappresentata dall?'arsenale atomico che la Corea del Nord sta sviluppando e testando. Eppure, paradossalmente, il terzo esperimento nucleare nordcoreano, effettuato in profondità la notte scorsa provocando un
sisma di oltre il quinto grado della scala Richter, ha fatto arrabbiare soprattutto la Cina, la maggiore potenza asiatica che consente al regime comunista coreano di sopravvivere economicamente e che ha convocato immediatamente l'?ambasciatore a Pechino.
I cinesi non sembrano considerare troppo pericoloso l'?arsenale atomico di Pyongyang né temono che il giovane dittatore Kim Jong-Un voglia dare un concreto sviluppo alle minacce di guerra agli Stati Uniti dopo che, alla fine di gennaio, Pyongyang aveva anticipato che il test atomico e il lancio di missili a lunga gittata avrebbero avuto "come target il nostro nemico giurato gli Stati Uniti".
Al contrario a Pechino temono che la trasformazione della Corea del Nord da ?potenza nucleare virtuale? a ?potenza nucleare effettiva? possa determinare un'?ulteriore corsa al riarmo in tutta l'?Asia che favorirebbe indirettamente gli Stati Uniti in termini strategici e di export militare. L'?intelligence statunitense e sudcoreano hanno confermato che il test atomico della notte scorsa aveva una potenza di sei o sette chilotoni, decisamente di più degli esperimenti effettuati nel 2006 (un kilotone la potenza stimata) o nel 2009 (due/sei).
L?'obiettivo dell?'esperimento, sulla base delle prime informazioni, è di acquisire la capacità di sviluppare una testata miniaturizzata ma ad alto potenziale per i missili a lungo raggio come il vettore Unha-3, derivato dal Taepodong-2, lanciato con successo nel dicembre
scorso dopo molti fallimenti. Dopo quel test missilistico Seul, in prima linea contro il pericolo nordcoreano, ha ordinato alcuni droni strategici Global Hawk statunitensi per sorvegliare costantemente i siti atomici e missilistici nordcoreani.
Oltre a minacciare Washington e i suoi vicini, il regime nordcoreano punta a sviluppare la capacità di produrre testate missilistiche atomiche anche per esportarle in Iran, cliente che ha già acquisito i suoi missili e le tecnologie per produrli ed è alle prese con un ampio programma nucleare. Questione non secondaria per il ?regno eremita? che ha nell'?export di armi l?'unica sua fonte di valuta pregiata. Secondo le stime, gli arsenali missilistici comprendono un migliaio di armi di vario tipo a breve, medio e lungo raggio alcuni dei quali - secondo il Council of Foreign Relations - avrebbero anche la capacità di portare testate nucleari che i nordcoreani non sono però stati finora in grado di realizzare.
Una valutazione condivisa dall'International Peace Research Institute di Stoccolma (Sipri) che ritiene che Pyongyang stia lavorando a una testata leggera e compatta per i suoi missili a lungo raggio. La capacità del regime nordcoreano di colpire con armi atomiche la costa occidentale degli Stati Uniti, tutta l?'Asia, il Pacifico e attraverso la rotta polare anche l'?Europa, avrà un impatto relativamente modesto tra i Paesi che già dispongono di una deterrenza nucleare, ma potrebbe indurne altri a dotarsi di armi atomiche per far fronte alla minaccia. Primo fra tutti il Giappone che sta già potenziando i suoi arsenali convenzionali per contrastare l'?espansionismo navale cinese e che potrebbe essere tentato dal diventare una potenza nucleare. Un salto per il quale a Tokyo non mancano certo le tecnologie ma solo la volontà politica.
La crescente minaccia nordcoreana e l?'espansionismo cinese, evidenziati dalle crisi con i Paesi vicini per il controllo degli arcipelaghi del Mar della Cina, stanno determinando un
rapido compattamento di tutti i Paesi dell?'Asia Orientale intorno all'?alleanza con gli Stati Uniti che stanno vendendo (insieme agli europei e ai russi, anche se in misura minore) armi sofisticate per centinaia di miliardi di dollari a Giappone, Taiwan, Singapore, Malaysia, Indonesia, Corea del Sud e Singapore mentre le Filippine hanno chiesto a Washington di riprendere possesso delle basi aeree e navali abbandonate (su richiesta di Manila) nel 1992 e persino l?'ex nemico Vietnam ha aperto la sua base navale di Cam Ranh Bay alla Settima flotta americana.
Di fatto le scelte strategiche cinesi e le aspirazioni da grande potenza nordcoreane stanno rivelandosi un autogoal favorendo la leadership statunitense nel Pacifico e il riarmo dei principali rivali dei due Paesi comunisti: Australia, Giappone, Taiwan e Corea del Sud. Un contesto che, in assenza di imprevisti sviluppi politici a Pyongyang, minaccia di protrarsi per molto tempo trasformando l'?Asia Orientale nell?'area di maggiori tensioni e al tempo stesso nel più grande mercato per le tecnologie militari.