La Corea del Nord muore di fame, ma lancia missili
Due lanci di missili in tre giorni. La Corea del Nord sta di nuovo alzando il livello di tensione in Estremo Oriente. Il problema è capire il perché. Soprattutto perché proprio durante una pesante crisi economica, denunciata dagli stessi vertici dello Stato nel “regno eremita” e dovuta alla completa chiusura della frontiera con la Cina.
Due lanci di missili in tre giorni. La Corea del Nord sta di nuovo alzando il livello di tensione in Estremo Oriente. Il problema è capire il perché. Soprattutto perché proprio durante una pesante crisi economica, denunciata dagli stessi vertici dello Stato nel “regno eremita” e dovuta alla completa chiusura della frontiera con la Cina.
La Corea del Nord, sabato 9 settembre ha celebrato il 73mo anniversario della fondazione dello Stato (avvenuta sotto l’egida sovietica nel 1948). Nella parata i missili sono passati in secondo piano, mentre sono state sfoggiate le truppe “anti-Covid” con una spettacolare tenuta Nbc (anti nucleare, batteriologica e chimica) di colore arancione. La Corea del Nord denuncia zero casi di Covid dall’inizio della pandemia. Però fa sfilare in parata le truppe che teoricamente verrebbero impiegate per il contrasto della malattia. Quattro giorni dopo la parata, lunedì 13 settembre, i nordcoreani hanno lanciato missili da crociera (che volano raso terra a velocità sub-sonica) capaci di portare anche una testata nucleare. I nuovi ordigni, secondo il comunicato della Kcna (l’agenzia statale del regime di Pyongyang) hanno colpito bersagli a 1500 km di distanza rispetto al punto di lancio. Quindi sono teoricamente in grado di mettere sotto tiro tutto il Giappone, inclusa la base statunitense di Okinawa. I missili da crociera non sono direttamente sanzionati dall’Onu, che vieta solo i lanci di missili balistici, considerati più pericolosi (quelli a raggio intercontinentale sono in grado di colpire gli Stati Uniti). Ma per non far mancare nulla, il 14 settembre i nordcoreani hanno testato anche missili balistici. Però a corto raggio. Sono in grado di colpire, anche questi, il Giappone e la Corea del Sud. Quel che però preoccupa maggiormente la comunità internazionale, è la ripresa dell’attività del reattore di Yongbyon per la produzione di plutonio, materiale fissile con cui è possibile costruire testate nucleari. Lo riferisce un rapporto dell’Aiea, l’agenzia atomica delle Nazioni Unite, pubblicato a fine agosto. L'attività di produzione del materiale nucleare sarebbe ricominciata da luglio.
La ripresa dell’attività nucleare e missilistica ricorda la grande crisi militare del 2017, quando Corea del Nord e Usa arrivarono veramente ai ferri corti, prima del disgelo (anche personale) fra Donald Trump e Kim Jong-un. Questa ultima escalation, però, è particolarmente sbalorditiva perché il “regno eremita” non sarebbe nelle condizioni economiche per potersela permettere. La crisi dovuta alla pandemia, infatti, ha isolato ulteriormente la Corea comunista, costringendola a chiudere anche la frontiera con la Cina e con la Russia. Il commercio fra cinesi e nordcoreani ha subito un calo dell’82%. La crisi economica che ne è derivata è la più grave degli ultimi due decenni, visto che l’economia nordcoreana, già una delle più povere del mondo, dipende quasi interamente da Pechino. Sebbene non si conoscano le statistiche, l’accento posto sull’autosufficienza (autarchia) nei prodotti agricoli e discorsi molto critici dello stesso Kim Jong-un sugli “obiettivi mancati” in economia, fanno pensare ad una crisi senza precedenti. Già la spesa militare nordcoreana, in rapporto al suo Pil, è la più alta del mondo. Riprendere un’attività costosa, come quella di questi mesi, in un momento di estrema crisi, è un impatto particolarmente doloroso. Ci deve essere una motivazione molto forte.
Una spiegazione locale e di breve periodo è che i lanci nordcoreani servano solo a risollevare il morale della popolazione. Una mossa puramente propagandistica, insomma, all'indomani delle celebrazioni del 73mo anniversario della fondazione. Gli osservatori più esperti delle parate nordcoreane hanno notato come questa edizione fosse più modesta del solito, senza esibizione di nuovi armamenti e tecnologie militari.
Una spiegazione regionale vuole che i nordcoreani abbiano voluto precedere di un giorno un test di missili balistici lanciati da sottomarini sudcoreani. Il test sudcoreano era annunciato da tempo ed è stato effettuato il 15 settembre, ieri, poche ore dopo l’analoga operazione dei nordcoreani. Contemporaneamente, era il giorno della visita di Wang Yi, ministro degli Esteri cinese, a Seoul, per discutere proprio sulla denuclearizzazione della Corea del Nord. Può darsi che Kim Jong-un abbia voluto “dire la sua”, ovviamente a modo suo. Comunque la si pensi sul possibile coordinamento fra la politica estera cinese e le azioni provocatorie della Corea del Nord, il timing, questa volta, è stato perfetto.
Una spiegazione internazionale, sempre di breve periodo, è nel cambio di amministrazione statunitense. Ogni volta che si succedono amministrazioni americane, il regime nordcoreano flette i muscoli con test missilistici e (talvolta) nucleari. Come era stato nel 2017, appunto, subito dopo l’insediamento dell’amministrazione Trump. La propaganda del regime comunista sta insultando pesantemente il nuovo presidente. Biden è definito un “folle” con “un basso quoziente intellettivo”, talvolta anche “un cane rabbioso che deve essere ammazzato a bastonate”. I nordcoreani potrebbero voler testare la sua determinazione, dopo aver respinto le prime aperture ed offerte di dialogo sul nucleare, un dossier che gli Usa intendono riaprire al più presto.
Se si osserva, però, l’attività missilistica e nucleare della Corea del Nord nel lungo periodo, chiunque può constatare che non si è mai realmente fermato. A prescindere dai momenti di maggiore o minore tensione con il Sud, dell’avvicendarsi di amministrazioni americane democratiche o repubblicane, di periodo più o meno drammatici dell’economia nordcoreana, il regime comunista di Pyongyang, ha perseguito sempre lo stesso obiettivo prioritario per vent’anni: costruire un credibile arsenale nucleare. Attualmente dovrebbe possedere dalle 20 alle 60 testate atomiche e dispone già di missili balistici intercontinentali, gli Hwasong-15 (testati nel 2017), capaci di raggiungere tutte le città nemiche, incluso l’intero territorio statunitense. Cosa intenda fare Kim Jong-un di quell’arsenale non è dato saperlo. Nella migliore delle ipotesi è una sorta di assicurazione sulla vita del regime: nessuno attaccherebbe una potenza nucleare. In ogni caso, ogni negoziato, per quanto promettente sembrasse (inclusi i due unici incontri a livello presidenziale, quelli fra Trump e Kim), è solo servito ai nordcoreani per guadagnare tempo e continuare ad arricchire l’arsenale.