La conversione sconosciuta di Tamara de Lempicka
L' artista Tamara de Lempicka, cui ora è dedicata una mostra a Parigi, dopo anni di follie si sarebbe riavvicinata alla religione cattolica grazie all'incontro con una religiosa di Parma, ritratta nel quadro "Madre Superiora".
Fino al 9 settembre 2013 la Pinacothèque de Paris ospita la mostra «Tamara de Lempicka. La regina dell’Art Déco», insieme a un’altra sull’Art Nouveau, quest’ultimo il movimento artistico – noto in Italia come Liberty – che precede cronologicamente l’Art Déco. Curata da Gioia Mori, la mostra su Tamara de Lempicka presenta una ricca scelta di opere, fra cui alcune delle più note degli anni 1920 e 1930, e piccole scoperte come il disegno dove copia – a modo suo – il famoso quadro romantico «Il bacio» di Francesco Hayez (1791-1882) che si trova nella Pinacoteca di Brera a Milano.
Tamara de Lempicka (1898-1980) nasce a Varsavia in una famiglia polacca cattolica e benestante. Dopo un’infanzia trascorsa nel lusso e nelle località alla moda europee, sposa l’avvocato Tadeusz Lempicki (1888-1951), d’illustre famiglia e di modi impeccabili, ma di scarsi mezzi. Il matrimonio, fastoso, è celebrato nella cappella cattolica dei Cavalieri di Malta a San Pietroburgo nel 1916, alla vigilia della Rivoluzione bolscevica. Dopo la Rivoluzione Tadeusz, ostile al nuovo regime, è arrestato. Grazie alle sue amicizie in ambienti diplomatici, la moglie riesce a farlo liberare e fuggire dalla Russia sovietica. Gli sposi si stabiliscono a Parigi, dove nel 1920 Tamara dà alla luce la figlia Kizette (1920-2001), che diventerà la modella di alcuni dei suoi quadri più famosi.
A Parigi Tamara decide di diventare pittrice: studia con il pittore simbolista, fervente cattolico, Maurice Denis (1870-1943) e con il pittore cubista, di tutt’altre opinioni, André Lhote (1885-1962). Nel 1922 arrivano la prima esposizione e il successo, che portano Tamara, tra Parigi e l’Italia, a immergersi nell’atmosfera degli «anni folli», sperimentando numerosi e multipli legami con uomini e con donne, tutti consegnati ai posteri nei suoi raffinati ritratti, eseguiti con uno stile unico a metà strada fra i suoi due maestri, tra simbolismo e cubismo. In questo periodo si situa anche, nel 1926, l’episodio per cui è più conosciuta in Italia: unica tra le tante donne celebri invitate dal poeta nella sua residenza del Vittoriale, a Gardone Riviera, Tamara rifiuta di concedersi a Gabriele D’Annunzio (1863-1938). Nella mostra di Parigi un’intera sala espone lettere e documenti sull’episodio, di cui le carte suggeriscono una spiegazione prosaica: l’artista polacca, raggiunta dalle voci secondo cui il poeta ha la sifilide, teme seriamente di essere contagiata. D’Annunzio o no, il marito Tadeusz nel 1928 decide che i continui tradimenti non sono più tollerabili e divorzia.
Tamara si risposa con uno dei maggiori collezionisti dei suoi quadri, il barone ungherese Raoul Kuffner (1886-1961), che adotta anche Kizette, cui trasmetterà il titolo di baronessa. Pur avendo in precedenza simpatizzato per un movimento di destra, l’Action Française, Tamara detesta il nazismo e convince il barone a trasferirsi negli Stati Uniti, dove l’artista, vedova dal 1961, rimarrà fino al 1978. Nel 1935, mentre prepara un primo viaggio in America, Tamara sperimenta la depressione e trascorre a Salsomaggiore un periodo dove cerca sollievo nelle cure termali. Qui, del tutto inaspettatamente, si riavvicina anche alla religione cattolica della sua infanzia. Bussa alla porta di un convento a Parma e si fa ricevere dalla Madre Superiora, che – riferirà poi in diverse interviste – si limita a fissarla con uno sguardo che contiene «tutta la sofferenza del mondo».
Tamara sta partendo per New York, dove alloggia al Ritz ma affitta un «vecchio e polveroso studio, con un gatto e una sedia» per dipingere. E qui – sempre secondo due lunghe interviste del 1978 e 1979 – sulla sedia un giorno appare la Madre Superiora… che non si era mai mossa da Parma. Ci rimane per tre settimane, parlando con Tamara e lasciandosi ritrarre. Scompare quando il piccolo dipinto «Madre Superiora» è finito.
Sia Tamara sia il marito, il barone Kuffner, considerano «Madre Superiora» la migliore opera dell’artista, che non accetterà di venderlo per nessuna cifra, donandolo infine al Museo di Belle Arti di Nantes, che era stato il primo museo ad acquistare suoi quadri. I critici non sono sempre stati d’accordo: l’americano Charles Phillips parlerà di «emotività di bassa lega» e «lacrime di glicerina», liquidando il racconto della bilocazione newyorchese come pura affabulazione o come allucinazione. A Parigi il quadro non è esposto, anche se ci sono delle sue fotografie – e spesso Tamara si faceva ritrarre, da sola o con altri, insieme a «Madre Superiora». Il giudizio artistico dipende da numerosi fattori, ma talora forse non manca un pregiudizio ideologico che porta a concludere che la «grande» de Lempicka è quella degli «anni folli» e dei ritratti di dandy, prostitute e lesbiche mentre, quando diventa la più pacata baronessa Kuffner, Tamara si fa ripetitiva e meno interessante. Anche Hollywood si è divisa: Madonna colleziona le tele più trasgressive, Jack Nicholson – l’attore il cui occhio da collezionista i galleristi hanno imparato a rispettare – anche i lavori dei decenni successivi, che si sono puntualmente rivalutati. La svalutazione della fase «Kuffner» è condivisa da Gioia Mori, che ha curato la mostra parigina, la quale resta comunque la migliore studiosa dell’artista e ha il merito di avere esposto a Parigi anche quadri di soggetto religioso degli anni 1930 - «San Giovanni Battista», 1936 – e oltre: «Trompe-l’oeil di Botticelli», 1946.
Non possiamo peraltro parlare di una completa conversione religiosa della pittrice negli anni 1930 o 1940: resta una divorziata risposata, ed è consapevole della sua situazione irregolare per la Chiesa, oltre a restare capricciosa e volubile. Sono però emerse testimonianze relative agli ultimi anni della sua vita, quando nel 1978 si trasferisce a Cuernavaca, in Messico, e si lega al giovane scultore Victor Manuel Contreras. Divenuto il confidente dell’ottantenne baronessa, Contreras ha raccontato della sua frequenza regolare alla Messa e della recita del Rosario negli ultimi due anni di vita. Tamara muore nel sonno il 18 marzo 1980, ma lascia precise disposizioni, che Contreras s’incarica di fare rispettare, per un funerale cattolico e per una novena di Messe quotidiane tra la sua cremazione e il volo degli amici e della figlia sul vulcano Popocatepetl, dove aveva chiesto che fossero sparse le sue ceneri. Un gesto teatrale, da artista: ma la Chiesa non vietava più la cremazione dal 1963. A credere a Contreras, il rosario di Tamara sarebbe stato addirittura protagonista di fenomeni straordinari dopo la sua morte.
Certo, Tamara amava creare intorno a sé miti e leggende, ed è difficile discernere il vero dal falso e dal mitologico. Non si devono tuttavia censurare gli episodi religiosi e cattolici della sua vita per preservare soltanto l’immagine della «cattiva ragazza» degli anni 1920, che non è l’unico volto dell’artista. E forse si può lanciare una ricerca fra chi ci legge da Parma e dintorni. La Madre Superiora non è mai stata identificata. Qualcuno riconosce nel quadro una superiora di casa religiosa presente a Parma nel 1935?