La civile solidità del denaro da S. Tommaso al bitcoin
Che cos’è la moneta? Raramente ci sorprendiamo a interrogarci sulla natura di quel denaro che quotidianamente usiamo. Alejandro A. Chafuen contribuisce a rispondere a questa domanda dimostrando che, dalla Scolastica in poi, è la moneta solida che rende l'uomo libero e l'economia prospera.
Che cos’è la moneta? Raramente ci sorprendiamo a interrogarci sulla natura di quel denaro che quotidianamente usiamo in forma di soldo, banconota o tessera magnetica (e già la forma fa la differenza), ma la domanda è tutt’altro che peregrina. Come affatto naïf è il titolo, Da san Tommaso al bitcoin. Che cosa ci insegna la Tarda Scolastica su moneta e denaro, della lezione tenuta mercoledì 25 ottobre da Alejandro A. Chafuen, presidente dell’Atlas Network di Washington, nell’Università di Lingue e Scienze della Comunicazione IULM di Milano, primo appuntamento di un seminario coordinato da Angelo Miglietta, professore ordinario allo IULM di Economia delle aziende e dei mercati internazionali nonché di Economia dell’Unione Europea, e da Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni di Torino e Milano.
È stata infatti la Scolastica (prima, tarda e seconda) a porre le questioni decisive da cui è sorta quella che oggi chiamiamo economia di mercato, addirittura di quella “parolaccia” di conio marxiano che è “capitalismo”, e di ciò Chafuen è un grande esperto. Argentino, da decenni negli Stati Uniti, già oggettivista randiano convertito al cattolicesimo, Chafuen è autore, fra l’altro, di un aureo libretto, Cristiani per la libertà. Radici cattoliche dell’economia di mercato (trad. it., con una introduzione di Dario Antiseri e prologo di Michael Novak [1922-2017], Liberilibri, Macerata 1999), un testo che tutti dovrebbero studiare e periodicamente ripassare per smetterla tanto di ripetere insensatamente che il “capitalismo” è figlio degno (cioè cattivo) del protestantesimo (e che il sociologo tedesco Max Weber [1864-1920] avrebbe sostenuto questo in sede accademica) quanto di pensare che l’economia adatta al cattolicesimo sia dogmaticamente solo una delle 50 sfumature del socialismo debitamente asperse.
Ricco di aforismi densissimi - «Come il costituzionalismo non è nato con John Locke (1632-1704), così l’economia di mercato non è nata con Adam Smith (1723-1790)» - e di notazioni più che preziose - «A monte della Costituzione degli Stati Uniti c’è meno John Locke e più san Roberto Bellarmino (1542-1621)» -, l’intervento di Chafuen allo IULM ha sottolineato che la caratteristica dello sguardo antico e medioevale sull’agire umano è eminentemente morale, teso a stabilire cosa sia bene e cosa sia male, e che non dissimile è l’atteggiamento assunto dagli studiosi di economia a partire dai secoli XVI e XVII attenti a delineare ciò che è buono prima per il regnante e per i governanti, dunque per il Paese, eventualmente poi per il partito e per l’ideologia. L’intuizione cardine della politica e dell’economia è dunque di natura etica, atta a comprendere e a costruire il bene comune, ivi compreso, paradossalmente, anche il riduzionismo ideologico che trasforma indebitamente il bene da comune in settario. I filosofi morali (anche Adam Smith lo era) si sono dunque anzitutto interrogati sulla natura della moneta, ovvero soprattutto su ciò che ne determina il valore, e - dice Chafuen - «nel farlo hanno agito da economisti puri».
Per la Scolastica, seguendo il filosofo greco Aristotele (384/383-322 a.C.), «la funzione essenziale della moneta è servire come mezzo di scambio» e come deposito di valore. Così sentenzia san Tommaso d’Aquino (1225-1274) nella Summa theologica (II-II, qu. 78, art. 5, resp.). Sulla stessa lunghezza d’onda si pongono due geni scientifici, noti per gli studi di fisica e di astronomia, ma autori di non meno importanti trattati di economia: il vescovo francese Nicola d’Oresme (1323-1382) e l’astronomo polacco Niccolò Copernico (1473-1543), canonico agostiniano. Se dunque la moneta è un mezzo, la sua stabilità è «[...] essenziale per fare il bene ed evitare azzardi morali». Storicamente, tale stabilità si è reificata nella materialità della moneta, una materialità di valore intrinseco e oggettivo: le conchiglie nella notte dei tempi, poi soprattutto l’oro e l’argento.
“Soldo” deriva dal latino solidum e un grande difensore della moneta solida è stato il luminare dell’economia di mercato spagnolo Juan de Mariana (1536-1624), gesuita, che definì l’erosione del valore della moneta da parte del potere politico un «infame ladrocinio», paragonando la svalutazione alla somministrazione di bevande alcoliche a un malato: dopo il sollievo iniziale, il morbo peggiora.
Il principio del gold-standard è dunque stato sempre il cardine dell’economia solida e libera. Ma oggi il gold-standard non è più il criterio di riferimento. Il valore del denaro è stabilito dai governi e dalle banche centrali, le quali sono anche la fucina della stampa on demand di cartamoneta sempre più svilita. La moneta cioè, spiega Chafuen, non è più, come per i medioevali, uno strumento e una misura dello scambio commerciale tra gli uomini dotata di valore oggettivo, ma un mezzo e una funzione delle politiche statali. Non a caso la solidità del denaro e la stabilità monetaria sono da sempre un mondo efficace per limitare il potere arbitrario, e nascosto, dello Stato.
Ma c’è una novità. Oggi si stanno affermando le cosiddette “criptovalute”, l’unica veramente valida delle quali è il bitcoin, una moneta elettronica creata nel 2009 da un anonimo che non fa capo ad alcun ente centrale di emissione e che viene gestita totalmente in rete attraverso lo scambio peer-to-peer (lo stesso, per intenderci, dei sistemi pirata per scaricare musica e film). Tutto ciò ne rende impossibili il blocco da parte di governi o altre autorità, il sequestro o la svalutazione. Dunque per molti è un “oro virtuale” che restituisce l’agognata solidità alla moneta. Per altri, però e fra questi Chafuen, forse. La sua pecca maggiore, dice lo studioso argentino, è che resta sempre una divisa virtuale. «Io», aggiunge, «mi pongo la stessa domanda che si ponevano i medioevali. La domanda morale. Il bitcoin fa bene o no, e a chi? Il punto è questo. La moneta elettronica ha certamente dei vantaggi, ma nessuno sa per ora dire se siano maggiori degli svantaggi possibili. Attenderei, dunque, prima di dire che abbiamo ritrovato... l’oro». Una classica questione su cui è prudente sospendere il giudizio per raccogliere più informazioni. Ovvero tutto è pronto per la seconda lezione del seminario IULM che con Ferdinando M. Ametrano, esperto del tema di IntesaSanPaolo, il 14 novembre si occuperà proprio di bitcoin.