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LA POLEMICA

La Chiesa silente del filosofo Reale

In un'intervista che prende il via dagli ultimi "veleni" vaticani, il filosofo teorizza l'assenza dei cattolici su leggi che hanno implicazioni morali.

Attualità 14_02_2012
Giovanni Reale
Nell’intervista che il bravo Luigi Mascheroni ha fatto su Il Giornale del 12 febbraio u.s. a Giovanni Reale («uno dei più accreditati filosofi italiani di orientamento cattolico») a commento della supposta lotta interna nella curia vaticana (vedi le lettere e le comunicazioni tra vescovi finite di recente sui media), l’ottantenne studioso dice delle cose altamente condivisibili a proposito della Chiesa: «La si attacca con ferocia, dimenticando il bene che realizza ogni giorno. Un’azione cattiva fa sempre molto più rumore di cento buone». E anche dei media: «Ma è indubbio che negli ultimi tempi il giornalismo è diventato a sua volta un potere sempre più forte, forse addirittura superiore a quello politico (…), un potere in grado di far cadere gli altri, o almeno di metterli in difficoltà».

Ma è l’ultima parte dell’intervista, quella in cui si danno giudizi, diciamo così, drastici, che ci lascia perplessi. Per esempio, ci sono affermazioni come questa: «Quando la Chiesa adotta le logiche di potere di questo mondo, giudicando se una determinata legge dev’essere approvata o no, si espone a pericoli gravissimi. Gli stessi cardinali, abbagliati da questa confusione, possono commettere enormi errori». Giustamente, l’intervistatore chiede chiarimenti: «Significa che la Chiesa deve stare zitta sulle materie morali?». Risposta: «No, significa che la Chiesa deve essere propositiva, mai impositiva. Cristo si è sempre proposto, mai imposto».

Confessiamo di non aver capito bene dove si vuole andare a parare. Le «materie morali», infatti, coprono praticamente tutte le attività umane, specialmente quelle pubbliche e suscettibili di modificare i comportamenti, come la politica. Se la Chiesa tacesse sulle leggi (tra cui aborto, divorzio, eutanasia, ma anche tasse) non si capisce cosa ci stia a fare. Cristo ha fondato un pool di «pastori di uomini», non un comitato di beneficenza. I pastori guidano il gregge in direzione del giusto pascolo, curano le pecore ammalate, riportano quelle smarrite, le difendono dai lupi. E dai ladri.

E’ vero, Cristo era propositivo. Infatti, non dotò i suoi Apostoli di un corpo di polizia. Ma il suo precursore, Giovanni Battista, era meno «cristiano» di lui quando bacchettava Erode a proposito della moglie fregata al fratello? Perché la Chiesa viene chiamata in causa per non essersi opposta abbastanza al nazismo e alle sue leggi (cosa peraltro falsa) ma le si impone di farsi i fatti suoi quando le stesse leggi le approva o rischia di approvarle la democrazia contemporanea?

Il filosofo dà un’altra martellata al suo «orientamento cattolico» di fronte alla domanda: «Il cristiano deve fare politica?». Infatti, risponde: «Ma certo, come uomo, Come cristiano deve solo testimoniare la propria fede». E dire che il filosofo Reale deve pur sapere che il suo collega Buttiglione fu cacciato dalla Ue quando si dichiarò cristiano e, dunque, poco disponibile ad approvare nozze gay e cose simili. Il cristianesimo deve essere lasciato fuori dai parlamenti come un ombrello bagnato? Forse la stessa cosa viene chiesta ai politici marxisti, liberali, socialdemocratici, ecologisti e animalisti? Come può uno, che non sia schizofrenico, separare ciò in cui crede da quello che fa? Forse Reale ci riesce, non intendiamo giudicarlo.

Ma rimane la domanda – ed è strano che un filosofo emerito e qualificato non se la ponga -: se ognuno deve rinunciare al proprio credo, in politica, qual è il credo della democrazia contemporanea? Infatti, se l’ideale cristiano confligge con quello politico, vuol dire che il secondo deve essere considerato superiore al primo. Strana posizione, per un filosofo di «orientamento cattolico». Ultima, stravagante, martellata: «Le faccio io una domanda: lei crede che Cristo fosse bello?». Mascheroni: «Beh sì, così lo rappresenta l’iconografia». Il filosofo: «Dal Rinascimento in avanti… ed è tutta sbagliata. In realtà Cristo era brutto, lo dicono Elia e i Padri della Chiesa». Insomma, prima del Rinascimento, Cristo era raffigurato brutto. Boh. Ma le ha viste le pitture nelle catacombe? Ma l’ha vista la Sindone? Possibile che il filosofo che «sta curando una versione delle Confessioni di sant’Agostino in uscita fine anno» non sappia che l’immagine biblica del «servo sofferente» fa il paio con quest’altra: «Tu sei il più bello tra i figli degli uomini»? Forse il filosofo è caduto nella tentazione, comune a molti, di voler insegnare al Papa il suo mestiere?