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La chiesa del Santo Sepolcro nel cuore di Milano

La basilica del Santo Sepolcro di Milano, costituita da due chiese, quando venne edificata rispose al desiderio di offrire al popolo milanese la possibilità di pregare in un luogo dove rivivere i momenti della Passione e della Resurrezione di Cristo. La fondazione del primitivo edificio risale all’anno 1030.

Cultura 26_03_2016
La facciata della chiesa del Santo Sepolcro a Milano

Imitazioni architettoniche del sepolcro gerosolimitano sono presenti nell’Occidente cristiano fin dal IV –V secolo. La chiesa del Santo Sepolcro di Milano, costituita da due chiese, una inferiore e una superiore, non ha origini così antiche ma quando venne edificata rispose anch’essa al desiderio di offrire al popolo milanese la possibilità di pregare in un luogo dove rivivere  i momenti della Passione e della Resurrezione di Cristo.

La fondazione di un primitivo edificio, sorto in forma privata, intitolato alla SS. Trinità, si deve al maestro di Zecca, Benedetto Ronzone. Correva l’anno 1030. Poco più tardi, nel 1100, fu l’arcivescovo Anselmo da Bovisio, in occasione del primo anniversario della crociata lombarda a Gerusalemme e appena prima della seconda spedizione padana in Terra Santa, a dedicare il tempio al Santo Sepolcro. Di originario e medievale resta oggi l’ambiente ipogeo, perfettamente conservato e proprio di recente riaperto dopo un importante intervento di restauro, non ancora del tutto concluso. 

Il suo pavimento è rivestito di pietre bianche di Verona, provenienti dal lastricato del foro romano, sulla cui area, nell’XI secolo, era stata eretta la chiesa. Lacerti di affreschi trecenteschi impreziosiscono le pareti delle navate, al centro delle quali è posto il fulcro simbolico dell’edificio: un sarcofago di probabile fattura campionese di inizio Trecento, raffigurante in rilievo il sepolcro di Cristo semiaperto e due pie donne. La leggenda vuole che esso contenga la terra di Gerusalemme portata a Milano dai crociati. Qui davanti, inginocchiato in preghiera, un simulacro di San Carlo ricorda il forte legame che si era instaurato tra i Borromeo e la chiesa. 

Se Carlo, arcivescovo di Milano a partire dal 1564, aveva affidato l’edificio alla congregazione degli Oblati le cui pratiche devozionali incrementarono in questo luogo il culto della Passione, Morte e Sepoltura di Cristo, suo nipote Federico, patriarca milanese qualche decennio più tardi, si fece carico del restauro complessivo della chiesa superiore, eseguito in stile barocco. I lavori furono affidati all’inizio del Seicento all’architetto Aurelio Trezzi. L’atrio di Francesco Maria Richini fu incorporato nello spazio interno. I matronei romanici furono sostituiti con lunghe tribune chiuse e gli otto pilastri in cotto con altrettante colonne di granito sormontate da capitelli corinzi.

Due gruppi scultorei, a destra e a sinistra dell’altare maggiore, permettono al fedele di immedesimarsi in alcuni momenti vissuti da Gesù durante la Sua Passione. Sulla sinistra tredici statue in terracotta policroma raccontano la lavanda dei piedi, con i discepoli disposti  attorno ad una tavolata ed il Cristo inginocchiato che sciacqua i piedi a Pietro. Sulla destra i personaggi a grandezza naturale mettono in scena altri tre episodi: il sommo Sacerdote Caifa che si straccia le vesti, Gesù deriso dai soldati e il tradimento di Pietro. 

Anche la facciata fu interessata da restauri. Sul finire dell’Ottocento secondo il gusto storicista dell’epoca, in stile neoromanico, si riadattò il prospetto principale, compresi i due campanili gemelli, del XII secolo, rispettivamente simbolo dell’Antico e del Nuovo Testamento.