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LITUANIA E LETTONIA

La Chiesa dei paesi baltici divisa sulla Russia

Toni allarmati e determinazione a resistere in Lituania. Atteggiamento cauto e distensivo in Lettonia. La Chiesa cattolica nei paesi baltici, a fronte della crisi con la Russia, assume posizioni e atteggiamenti opposti. Premesso che la crisi è reale, le differenze sono dovute a fattori contingenti più che culturali. Vediamo quali.

Esteri 17_12_2016
La cattedrale di san Giacomo a Riga

Brexit ed elezione di Donald Trump hanno monopolizzato l’attenzione negli ultimi mesi. Col riflettore dei media puntato a occidente, sul mondo anglo-sassone, molta meno attenzione è stata riservata all’oriente dell’Europa, al mondo ex sovietico, ai paesi baltici, che pure sono ancora nel bel mezzo di una crisi militare e politica con la Russia. Ad ottobre, i russi hanno schierato nell’exclave di Kaliningrad missili Iskander a corto raggio (potenzialmente anche nucleari). Mentre nei primi mesi del 2017, dunque fra pochissimo, inizierà lo schieramento della nuova forza multi-nazionale della Nato nelle tre repubbliche baltiche e in Polonia. La risposta russa e le contro-reazioni occidentali saranno cruciali per determinare l’esito della crisi, tenendo anche conto che il neo-eletto presidente Usa e il suo segretario di Stato prescelto, Rex Tillerson, sono molto più filo-russi dei loro predecessori. Dunque potrebbero cambiare tutte le carte in tavola. Ma c'è chi, fra le classi dirigenti locali, ipotizza che Putin possa "testare" le intenzioni del nuovo presidente, aprendo una crisi senza precedenti nel Baltico, immediatamente prima del suo insediamento.

Questa tensione ha anche una dimensione religiosa. Un paese come la Lituania, centro della resistenza cattolica all’Unione Sovietica, vive questa stagione come un incubo e i vescovi locali sono in allerta per il comportamento del vicino russo. L’arcivescovo Gintaras Grusas, presidente della Conferenza Episcopale Lituana, nato negli Stati Uniti negli ambienti della diaspora lituana, ritiene che, allora come oggi: “La mentalità del vecchio impero sovietico è ancora viva, molti in Russia considerano le tre repubbliche baltiche come parte di questo impero – come dichiarava nei giorni scorsi l’arcivescovo al quotidiano cattolico statunitense America – Ma i lituani hanno combattuto duramente per ripristinare la loro indipendenza e sono determinati a difenderla. Hanno dimostrato di avere la volontà di pagare un alto tributo per la libertà e la stanno dimostrando di nuovo considerando il numero di volontari che si arruolano nell’esercito”. La Lituania, in epoca sovietica, non si è arresa all’occupazione. Nel decennio che è seguito alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’esercito ha continuato a combattere una guerra di guerriglia nelle foreste del paese. La fede cattolica ha costituito un forte baluardo culturale contro la sovietizzazione, come dimostra la resistenza di luoghi proibiti come la Collina delle Croci, con i suoi crocefissi portati lì da ogni angolo del paese da pellegrini che rischiavano il carcere.

Monsignor Grusas afferma: “In quanto Chiesa, seguiamo Papa Francesco nell’incoraggiare la preghiera per la pace. Preserviamo anche lo spirito comunitario e aiutiamo la gente a trovare la verità, nel momento in cui la propaganda russa viene diffusa da media e Internet in lingua russa”. Sul National Catholic Reporter padre Klavins, portavoce della Chiesa lettone, gli risponde indirettamente, affermando che: “Penso che tutto questo sia esagerato. Dal momento che è difficile conoscere una verità definitiva, non c’è da sorprendersi che la gente sia confusa. Le informazioni sono sempre manipolate, sia quelle dei maggiori media che quelle che arrivano da canali informali. Ma non percepisco un gran senso di insicurezza fra i cattolici nella loro vita quotidiana”.

L’atteggiamento della Chiesa lettone, nei confronti della Russia, è molto differente, per non dire l’opposto: “Probabilmente i militari ne sanno di più – dice padre Klavins – ma in realtà non abbiamo alcun problema particolare con la Russia. I politici cercano di spaventarci, sottolineando la presenza militare russa ai nostri confini. Ma la Chiesa non esprime alcuna particolare opinione su questo aspetto, né le viene richiesta alcuna guida morale e spirituale a questo proposito”. Al contrario, monsignor Grusas, nella sua intervista sostiene che: “C’è sempre tensione perché siamo molto vicini ai confini russi ed è difficile difendere il nostro paese. Così, avere truppe Nato sul nostro suolo è una dimostrazione che non siamo abbandonati a noi stessi”.

In Lettonia, l’arcivescovo Zbignevs Stankevics, in occasione del 25mo anniversario dell’indipendenza del paese (il 21 agosto scorso), aveva elencato i pericoli del futuro: il fondamentalismo islamico, un “laicismo aggressivo e totalitario”, la crisi demografica, le disparità sociali e le forze centrifughe dell’Europa. La Russia non compare neppure fra le minacce elencate. 

Come è possibile che in due paesi così vicini, con una storia molto simile e una crisi che li accomuna anche oggi, partoriscano pareri così differenti da parte delle gerarchie delle Chiese locali? Non è sicuramente una questione di memorie differenti. Anche la Lettonia fu occupata dai sovietici, negli stessi anni della Lituania: sia nel primo periodo di guerra (1939-1941) che nel dopoguerra (a partire dal 1944). Ma c’è un fattore di differenza non indifferente: Riga è una capitale con una forte minoranza russa e nella regione della Latgalia i russi sono maggioranza. In tutto il paese costituiscono quasi un terzo (il 27%) della popolazione. In Lituania, al contrario, la minoranza russa è numericamente poco rilevante. C’è anche una differenza religiosa notevole. La Lituania ha una popolazione al 77% cattolica. In Lettonia, al contrario, i cattolici sono una minoranza: circa un quarto della popolazione. E devono convivere gomito a gomito con una forte minoranza ortodossa russa del Patriarcato di Mosca (il 18% della popolazione). Nel caso scoppi veramente una guerra con la Russia, il rischio paventato dalla Lituania è quello di un’invasione (a cui il paese si sta preparando attivamente), quello temuto dalla Lettonia è una guerra civile. Questo basta a spiegare atteggiamenti così diversi.