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La chiesa commissionata dal Papa santo

La chiesa di Dio Padre Misericordioso nel popoloso quartiere romano di Tor tre teste è fu voluta da San Giovanni Paolo II Papa per il Giubileo del 2000, ma venne finita solo nel 2003. L'impianto è fortemente simbolico per arrivare a richiamare la misericordia di Dio. 

Cultura 03_12_2016

Fu papa Giovanni Paolo II, già autore dell’enciclica Dives in Misericordia in cui la parabola del Figliol Prodigo era spunto per parlare del perdono di Dio e del Suo infinito amore, il committente dell’omonima chiesa che sorge in uno dei quartieri più popolosi di Roma, Tor Tre Teste. Il grande tempio di periferia avrebbe dovuto accogliere i pellegrini del Giubileo del 2000 e tradurre in architettura non solo le parole della Lettera Apostolica ma l’intero messaggio ecumenico di quell’Anno Santo. 

In seguito ad un concorso internazionale indetto nel 1995 dal Vicariato di Roma, l’ambizioso progetto fu affidato a un architetto di fama mondiale, l’americano Richard Meier, con la motivazione dell’originalità della sua proposta in merito all’utilizzo della luce e all’interpretazione dello spazio come “elemento di coinvolgimento umano”. Meier pose la prima pietra nel 1998 ma, per la complessità ingegneristica dei lavori, concluse la sua opera solo nel 2003, a Giubileo ormai trascorso e comunque in occasione del 25? anno di pontificato di San Giovanni Paolo II.

Il complesso chiesastico, che comprende anche un grande centro parrocchiale, si caratterizza per i tre bianchi grandi gusci di conchiglia, in calcestruzzo, autoportanti e tra loro congiunti da ampie campiture di vetro e acciaio, che proteggono lo spazio sacro.  Il loro numero rimanda alla Trinità e la loro forma, simile a quella di vele gonfiate dal vento, alla barca della Chiesa che trasporta il suo popolo nelle impervie acque del mondo e, soprattutto, lo traghetta verso il nuovo millennio.

Il lastricato che circonda l’edificio è volutamente neutro per non distrarre il fedele lungo il percorso che lo conduce allo spazio sacro. La facciata è una grande vetrata, protetta semplicemente da una pensilina. Al suo fianco si staglia la torre campanaria lungo la quale si sovrappongono, in ordine di grandezza decrescente, cinque campane artigianali, nel cui bronzo sono incisi riferimenti alla storia della chiesa locale e i nomi dei titolari di ciascuna: la Vergine Maria, i patroni di Roma, SS. Pietro e Paolo, San Carlo Borromeo, in onore di Karol Wojtyla, S. Cirillo Alessandrino e S. Tommaso d'Aquino per ricordare le parrocchie cui in origine apparteneva il territorio dell’attuale chiesa, S. Francesco Saverio e S. Teresa di Gesù Bambino, patroni delle missioni.

La luce, dall’evidente valenza simbolica, entra in maniera indiretta nell’unica navata attraverso le numerose vetrate, collaborando ad accentuare la spiritualità dell’ambiente le cui linee essenziali sono ulteriormente evidenziate dal colore bianco, ovvero la somma di tutti i colori e cifra stilistica dell’architetto statunitense, che anche all’interno risulta essere la tonalità dominante. Le panche, in legno di faggio, sono state anch’esse disegnate da Meier che ha voluto ripetervi l’alternarsi delle curve e delle rette delle vele. I paramenti sacri e liturgici, utilizzati nelle celebrazioni solenni, sono firmati da Bulgari. Anche l’altare, in travertino, richiama l’idea dell’imbarcazione, data la forma di tronco di cono rovesciato a base ellittica.

Nonostante l’estrema modernità, sono tante le geometrie riprese dalla tradizionale interpretazione simbolica. Il cerchio e il quadrato sono gli elementi intorno a cui si organizza l’intero edificio: “Il cerchio vuole simboleggiare la perfezione, la cupola del firmamento, il quadrato rappresenta la terra, i quattro elementi e l’intelletto raziocinante.”

Dio, dunque, che è ricco in Misericordia, come ci ricorda San Paolo nella lettera agli Efesini, si fa carne anche qui, in un affollato quartiere della periferia meridionale della città metropolitana di Roma.