Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico
ITINERARI DI FEDE/SANT'AGNESE

La chiesa che lasciò senza parole Montesquieu

“Una piccola chiesa meravigliosa: la facciata, con i suoi avancorpi e le sue rientranze, è tanto bella quanto singolare“. Questa stupefatta reazione suscitò nel barone di Montesquieu la visione della chiesa che sorge sul lato occidentale di una delle piazze più famose di Roma, piazza Navona.

Cultura 21_01_2017

“Una piccola chiesa meravigliosa: la facciata, con i suoi avancorpi e le sue rientranze, è tanto bella quanto singolare“. Questa stupefatta reazione suscitò nel barone di Montesquieu la visione della chiesa che sorge sul lato occidentale di una delle piazze più famose di Roma, piazza Navona, un’area, in epoca  romana,  occupata dallo stadio di Domiziano dove il 21 gennaio 305 morì, trafitta da un colpo di spada alla gola, la giovane Agnese cui il tempio è dedicato. Nell’VIII secolo questa zona divenne luogo di culto e vi fu eretta una piccola cappella demolita nel 1652. Al suo posto fu intrapresa la costruzione di un edificio sacro completamente nuovo per volere di Papa Innocenzo X che lo concepì come cappella privata della sua famiglia, i Pamphili, risiedenti nel palazzo adiacente.

Il progetto fu affidato all’architetto Girolamo Rainaldi che avviò una fabbrica barocca: qualche anno più tardi il testimone passò nelle mani del celeberrimo Francesco Borromini, ma il cantiere venne definitivamente concluso dal figlio del Rainaldi, Carlo. Era il 1672.

L’avvicendarsi nella direzione dei lavori di codeste autorevoli maestranze comportò strutturali e profonde modifiche in corso d’opera. L’idea iniziale - un edificio a pianta centrale a croce greca con cupola senza tamburo, preceduta da vestibolo e facciata rettilinea con due torri laterali collegata alla piazza da un ampia gradinata – fu in parte stravolta dal Borromini. L’architetto ticinese approfondì i bracci della crociera interna, soppresse il vestibolo ricavando la facciata concava che caratterizza ancora oggi la chiesa, e incorniciò la cupola, impostata su un alto tamburo, tra due slanciati campanili.

A Sant’Alessio, Sant’Ermenziana, Sant’Eustachio e Santa Cecilia sono dedicati i quattro altari affacciati sull’ottagono creato dall’ incontro tra navata, abside e transetto, le cui volte sono decorate di stucchi dorati. Alla santa titolare, invece, è riservata una cappella nel lato nord, costruita, si presume, proprio sul luogo del martirio. Su uno sfondo di finta prospettiva si erge la statua della vergine, circondata da splendidi stucchi di Paolo Landini. L’altare maggiore e la sua pala absidale onorano le due Sacre Famiglie, quella di Maria Gesù e Giuseppe e quella di Anna, Zaccaria e San Giovanni. A Santa Francesca Romana, che in questa chiesa venne battezzata, è intitolata un’altra cappella: l’immagine della fondatrice  della Congregazione delle Oblate di Maria, protettrice della città di Roma insieme a San Pietro, ricorre nella pala marmorea di Domenico Guidi e nella volta affrescata da Francesco Cozza.

Al Borromini spetta anche la realizzazione della sacrestia, un ambiente rettangolare con angoli convessi, quadripartito in ingresso, nartece, aula e presbiterio, come le antiche basiliche paleocristiane.

La denominazione della chiesa, Sant’Agnese in Agone, è giustificata dal fatto che essa sorse in “campus agonis” ovvero il campo di gara dell’antico stadio di Domiziano.