La Cattedrale dove Maria ci ripara dalle frecce
Nel 1474 fu posta la prima pietra del cantiere della Cattedrale di Faenza, che si concluse intorno agli anni Venti del secolo seguente, esclusa la facciata. In Duomo è venerata un’effigie di Maria, un affresco realizzato nel 1412: la vergine tiene in mano delle frecce spezzate, simbolo dei pericoli e del peccato.
La Diocesi di Faenza ha origini molto antiche se il suo vescovo presenziò al Sinodo dell’anno 313. La sua sede, invece, è decisamente più moderna. Una prima cattedra episcopale è documentata dal IX secolo, col titolo di Pieve di San Pietro Apostolo. La sua completa ricostruzione, nel XV secolo, segnò il culmine del rinnovamento urbano in chiave rinascimentale.
Essa fu affidata dall’arcivescovo Federico Manfredi, fratello dei principi della città, all’architetto fiorentino Giuliano da Maiano, la cui formazione brunelleschiana si misurò, in questa occasione, con l’orientamento più tradizionale e padano delle maestranze locali. Nel 1474 fu posta la prima pietra del cantiere che si concluse intorno agli anni Venti del secolo seguente, lasciando, però, incompiuta la facciata.
Un’ampia scalinata precede il prospetto principale a salienti, in laterizio grezzo. Solo la fascia del basamento fu rivestita di pietra calcarea bianca ma non si conosce quale dovesse essere la soluzione definitiva. Tre portali con arco a tutto sesto si aprono in corrispondenza delle tre navate mentre due monofore segnano, dall’esterno, il volume delle cappelle laterali. Pilastri e colonne si alternano per scandire lo spazio interno a pianta basilicale, che si conclude con un’abside poligonale dal catino a conchiglia. Sopra il braccio destro del transetto si eleva il campanile.
Tre importanti monumenti scultorei si conservano qui: l’arca di San Savino, di Sant’Emiliano e di San Terenzio, rispettivamente opera di Benedetto da Maiano, se si presta fede all’attribuzione proposta da Giorgio Vasari, e di altri due artisti rinascimentali fiorentini, rimasti anonimi come l’artefice, di probabili origini nordiche, del crocefisso ligneo quattrocentesco custodito in una cappella della navata destra. Nell’omonima cappella del fianco sinistro riposa anche San Pier Damiani, la devozione verso il quale si diffuse subito dopo la sua morte, avvenuta nel 1072 proprio a Faenza.
In Duomo è particolarmente venerata un’effigie di Maria, un affresco realizzato nel 1412 per la chiesa di Sant’Andrea in Vineis, successivamente staccato e traslato in una cappella, in origine intitolata ai santi Pietro e Paolo, del braccio sinistro del transetto. La Vergine tiene in mano delle frecce spezzate, quali sono i pericoli da cui Lei protegge e salva. Diversi, infatti, furono gli episodi in cui Maria manifestò il suo amore materno per i faentini: nel 1412 quando li liberò da una pestilenza, nel 1630 quando li sottrasse al contagio della peste di manzoniana memoria, nel 1781 quando un terremoto scosse profondamente la città senza provocare vittima alcuna e infine nel 1835 quando fece cessare un’epidemia di colera. La Beata Vergine delle Grazie fu proclamata patrona della diocesi e della città emiliana e la Sua cappella, parte integrante della Cattedrale, fu dichiarata Santuario Diocesano.
In occasione della visita in Romagna nel maggio 1986, il Santo Padre Giovanni Paolo II fece questa solenne consegna ai faentini: «Lascio alla vostra città e Chiesa di Faenza questa missione che viene espressa con il nome amatissimo della Madonna, Maria, Vergine Madre di Dio, delle Grazie. Vorrei offrirvi di nuovo questo carisma con cui la vostra Chiesa vive da tanti secoli e che viene espresso con questa Immagine, tradizione, religiosità e devozione alla Madonna delle Grazie».