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L'INIZIATIVA DEL PAPA

La carta Zuppi per l'Ucraina: obiettivo "allentare la tensione"

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La Santa Sede conferma il presidente della Cei come inviato del Papa per avviare "percorsi di pace" tra Russia e Ucraina, ma saranno diverse le personalità coinvolte nella missione voluta da papa Francesco. Don Stefano Caprio e il professor Giovanni Codevilla spiegano alla Bussola le prospettive.

Ecclesia 22_05_2023
Il cardinale Zuppi

Alla fine l'ufficialità è arrivata sabato sera con una nota del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni nella quale è stata data notizia che il Papa ha affidato al cardinale Matteo Zuppi "l’incarico di condurre una missione, in accordo con la Segreteria di Stato, che contribuisca ad allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina, nella speranza (...) che questo possa avviare percorsi di pace". Il portavoce vaticano ha anche chiarito che "i tempi di tale missione, e le sue modalità, sono attualmente allo studio”.

Dunque, le indiscrezioni trapelate la scorsa settimana e relative all'invio dell'arcivescovo di Bologna a Kiev e di monsignor Claudio Gugerotti a Mosca nell'ambito della missione di pace della Santa Sede annunciata da Francesco di ritorno da Budapest, sono state confermate a metà. La Sala Stampa, infatti, non ha fatto menzione di un incarico all'attuale prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali che ha pure smentito questo scenario in un comunicato. Eppure don Stefano Caprio, già cappellano presso l’Ambasciata Italiana a Mosca nonché docente di storia e cultura russa al Pontificio Istituto Orientale di Roma, alla Nuova Bussola Quotidiana si è detto convinto che Gugerotti rimane una risorsa a disposizione della diplomazia della Santa Sede in un eventuale dialogo con la Russia dal momento che è "uno che ha fatto il nunzio apostolico in Armenia e in Ucraina, conosce tutte le lingue alla perfezione e ci metterebbe un attimo a parlare con chiunque".

D'altra parte, don Caprio ha un'idea molto precisa della missione della Santa Sede sul conflitto ucraino: "Non è una soluzione strategica politica e non è affidata a una persona o ad un gruppetto che hanno personali contatti con qualcuno, ma piuttosto una missione ad ampio raggio che coinvolge moltissime persone", ha spiegato alla Bussola il sacerdote già missionario a Mosca tra il 1989 ed il 2002. Ad esempio? L'arcivescovo lituano Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico a Kiev dal 2021. "È uno di quelli - ci ha detto don Caprio - che potrebbe svolgere un ruolo chiave essendo sempre rimasto nella capitale e per questo è apprezzato dagli ucraini, ma è anche colui che fece da interprete tra il Papa e Kirill nell'incontro di Cuba del 2016, quindi è persona adatta perché conosciuta sia in un campo che nell’altro". 

Quel che è certo, per ora, è che a condurre la missione della Santa Sede con l'obiettivo realistico non della pace ma di "allentare le tensioni nel conflitto" sarà il presidente della Cei (Conferenza Episcopale Italiana), il cardinale Matteo Zuppi. È presumibile che il riferimento solamente secondario all'avvio di "percorsi di pace", peraltro associato ad una speranza, sia la conseguenza delle parole pronunciate a Roma dal presidente Volodymyr Zelensky che aveva escluso la possibilità di una mediazione con Mosca sotto l'egida vaticana. Però, se l'ufficialità della missione è arrivata proprio una settimana dopo l'udienza del presidente ucraino in Aula Paolo VI è probabile che in quella circostanza il Papa abbia strappato il nulla quaestio.

Francesco ha deciso di affidare il delicato compito ad un cardinale e non direttamente alla Segreteria di Stato, responsabile della diplomazia pontificia. La nota di Bruni ha precisato che l'arcivescovo di Bologna agirà "in accordo con la Segreteria di Stato". Non è la prima volta, tuttavia, che la Terza Loggia viene in qualche modo "scavalcata" per lo svolgimento di missioni speciali nell'ambito della diplomazia. Già nel 2003 Giovanni Paolo II volle i cardinali già "pensionati" Roger Etchegaray e Pio Laghi nella difficile missione speciale a Baghdad e a Washington diretta a scongiurare la guerra in Iraq. 

Così come allora - Laghi era amico della famiglia Bush mentre Etchegaray era in buoni rapporti con il vice di Saddam Hussein, Tarek Aziz - la scelta del Papa non è casuale. Il cardinal Zuppi, infatti, può vantare una lunga esperienza come mediatore nei conflitti internazionali. Il suo nome è storicamente associato alla firma dell'accordo generale di pace avvenuta a Roma il 4 ottobre 1992 e che mise fine alla guerra civile in Mozambico. Ma nel suo curriculum di mediatore ci sono anche le esperienze in Rwanda, Algeria e Repubblica Democratica del Congo. Questi incarichi furono svolti per conto della Comunità di Sant'Egidio di cui è stato esponente ed assistente ecclesiastico. Dunque la nomina di Zuppi per il compito più delicato a livello internazionale di questi dieci anni di Francesco  segna in qualche modo una promozione pontificia del metodo della diplomazia parallela dell'organizzazione non governativa di Trastevere.

Oltre al bagaglio di attività come mediatore per la Comunità, a favore della scelta ricaduta sull'arcivescovo di Bologna potrebbe aver influito la sua posizione pubblica sul conflitto in Ucraina: nessuna ambiguità sulla responsabilità russa nell'aggressione, riconoscimento della legittima difesa dell'aggredito ma anche un costante richiamo a tenere aperto il dialogo con l'aggressore e a non dimenticare la ricerca della pace come primo obiettivo.
Una linea che Kiev pur non condividendo non può contestare e che, dall'altro lato, non è indigesta a Mosca. Perché è evidente che una missione chiamata a provare ad allentare le tensioni nel conflitto non può ignorare la Russia.

I rapporti russo-vaticani non sono spariti ma solo momentaneamente congelati, ma potrebbero tornare utili specialmente per quegli sforzi umanitari di cui si è parlato nel colloquio tra Zelensky ed il Papa in riferimento soprattutto al rientro dei bambini ucraini. Su quest'ultimo dossier, come ha spiegato don Caprio alla Bussola, un ruolo importante potrebbero svolgerlo la comunità e le gerarchie cattoliche in Russia. L'attivismo della Santa Sede può avvicinare la realizzazione di un viaggio di Francesco nelle capitali coinvolte dal conflitto? Don Caprio ritiene "attualmente molto improbabile un viaggio di Francesco a Mosca" mentre "se va bene potrebbe incontrarsi con Kirill in una sede neutra".

Su questa prospettiva è pessimista anche Giovanni Codevilla, professore associato di Diritto ecclesiastico comparato e Diritto dei Paesi socialisti all'Università di Trieste, che alla Bussola ha confidato di avere "forti dubbi perché il Papa dovrebbe andare sia a Kiev che a Mosca, ma se andasse prima in Ucraina, i russi storcerebbero il naso". Per Codevilla dietro alla decisione di Bergoglio di avviare questa missione c'è "la volontà di evitare ulteriore spargimento di sangue, non la preoccupazione per l'aspetto ecumenico, perché l'ecumenismo con il Patriarcato di Mosca è sempre a senso unico".