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NUOVE MANIE

La carica delle eco-mamme e dei bimbi a impatto zero

È una nuova specie di mamme e bambini, una generazione di donne e marmocchi “ecologicamente modificata”. Come sempre capita, pure questo fenomeno arriva dagli Usa, ma si è ben presto diffuso in Italia. Dove vanno forte il riciclo dei giocattoli, i pannolini lavabili e il baratto di oggetti. E poi c'è anche l'asilo green.

Famiglia 24_12_2014
Eco mamma con bambino

È una nuova specie di bambini, una generazione di pupi e marmocchi “ecologicamente modificata”. Come sempre capita ai fenomeni di avanguardia  pure questo arriva dagli Stati Uniti: il New York Times, qualche anno fa, gli dedicò il primo reportage. E fu la fine. Anzi, l’inizio. Il principio di una tendenza che in pochi mesi diventerà movimento: quello delle EcoMom, le eco-mamme. Niente a che vedere con le casalinghe disperate: queste sono giovani, sicure di sé, colte e con una spiccata coscienza ambientale.  I loro pargoli, sono i primi “bambini a impatto zero”. Come la musica e le aziende sponsorizzate da Lifegate, la radio che non nuoce alla salute e fa bene alle foreste.  Non siamo ancora arrivati allo scambio neonati-alberi, ma è solo questione di tempo.  

Un po’ Cassandre e un po’ amazzoni, queste mamme sono la via di fuga al catastrofismo ecologista e insieme la perenne ossessione dei fantasmi che incombono sui propri pargoli: dagli ftalati nascosti nelle piscinette gonfiabili al mercurio acquattato nel tonno o al piombo che impregna alcune vernici di casa. La colpa è della trentottenne Danek Pinkson: dopo essere stata fulminata dalla Scomoda verità, il film-panzana dell’ex vice presidente e doppiogiochista Al Gore (la sua super villa californiana inquina quanto una portaerei) fonda la Ecomoms Alliance, associazione che conta già su ben 11 mila iscritti. Oggi Danek passa la sua esistenza a cercare di convincere le altre mamme ad adottare uno stile di vita più ecologico, fatto di pannolini lavabili, pane fatto in casa, lampade a basso consumo, spesa a km zero, passeggiate in bici, bicarbonato al posto del sapone, etc.

Detto e fatto: le mamme verdi figliano subito in tutto il mondo: da Green and Cleanmom negli Usa, alle Maman-bio francesi, al Women Environmental inglese fino alle Ecomamme in Italia.  La loro bibbia è il libro di Libby McDonald: Crescere un figlio sano in un mondo inquinato: una dettagliata mappa delle insidie che circondano la vita domestica e dei  veleni che si nascondono nei cibi. Dalle vernici ai giocattoli, ai rossetti, alle tinture per capelli. Fino al  consumo di quei pesci in coda alla catena alimentare come il tonno e il pescespada che possono essere contaminati da mercurio e piombo.  Per non parlare delle terribili conseguenze dei vaccini contro il morbillo, parotite e rosolia.  

E in Italia? Pure da noi sale la febbre della maternità bio e del figlio a impatto zero. E si moltiplicano i siti (www.ecomamma.net) e iniziative di associazioni che organizzano happy hour ecologici su argomenti come il riciclo dei giocattoli, i pannolini lavabili, l’adozione del marsupio al posto dei passeggini fuoriserie. Oppure gli swap party dove si barattano gli oggetti: lettini, fasce, scalda-biberon, tiralatte, vestitini. Fino alle istruzioni per confezionare in casa detersivi per piatti e a bucato, saponi e shampoo a basso impatto ambientale. Anche i Comuni fanno a gara a distribuire bonus verdi. Alle eco mamme che rifiutano la dittatura dei pannolini e tonano ai pannolini lavabili, i mitici ciripà delle nonne (www.nonsolociripa.it). Il ragionamento è semplice: supponiamo che un Comune spenda 200 € per ogni tonnellata di rifiuto da smaltire. Ed è proprio una tonnellata di rifiuti quella prodotta da un solo bambino nell'arco del periodo di utilizzo di pannolini usa e getta. Per ogni bambino che usa pannolini lavabili, in quel Comune si risparmieranno 200 €. Sono centinaia i Comuni da diversi anni stanziano incentivi per promuovere i pannolini riutilizzabili. Dai piccoli centri alpini di qualche centinaio di abitanti a città oltre i 100mila abitanti, inclusi capoluoghi di provincia o di Regione. 

Per mamme di questo tipo, anche l’asilo non basta più. Ecco allora moltiplicarsi gli asilo green, dove bavaglini, asciugamani, lenzuola, sacche per il ricambio sono in tessuto biologico certificati. Ai piccoli è servito solo cibo biologico e i giochi realizzati con materiale riciclato. Infine pannelli solari per l’acqua e fotovoltaici per l’elettricità; acqua piovana il giardino, tinte e vernici naturali sui muri; baby orto e corsi di psicomotricità. Insomma, tra siti, blog e associazioni, attorno a mamme e figli a impatto zero prospera un ricco e promettente  eco- business. Ma l’ultima moda sono gli agri nidi: spazi a contatto con la natura e gli animali, fruibili dai bambini. Ambienti educativi meno formalizzati ma liberi e spontanei, che hanno il vantaggio di far crescere i bimbi al ritmo naturale delle stagioni e a stretto contatto con la terra e i suoi prodotti. Le classi sono formate da meno bambini rispetto a un asilo nido tradizionale. Una sorta di "palestra verde" dove coltivare le piante, socializzare con gli animali, imparare a conoscere i loro ritmi e i principi di un'alimentazione sana.

Non mancano tuttavia i detrattori, che definiscono queste mamme come   “angeli della pattumiera”, l’ultimo snobismo del femminismo con lo chic sotto il naso. Una generazione di ansio-mamme sempre più assalita dal senso di colpa per gli sprechi incontrollati. E che trova la sua purificazione in un corredo di diktat che trasformano le famiglie in piccoli inferni di abitudini meticolose e pratiche rigidissime, più stressanti di un’ossessione. Insomma, l’ecomamma come nuova versione della paranoia ambientalista.   Tanto che in America ci sono già gli eco terapeuti: psicanalisti speciali che si rivolgono a partorienti “ambientalmente depresse”.  Da noi non ci sono ancora, ma presto qualcuno ci penserà. Abbiamo però (e in abbondanza) eco-vescovi e cardinali ambientalisti: solo in confessionale i bio-peccati potranno essere assolti.