La camorra, che aiutò Garibaldi
L'apporto della criminalità organizzata fu decisiva
nel permettere all'"eroe dei due mondi" di strappare Napoli ai borbonici. Fu così che nacque la "camorra poltica", al servizio dei liberali.
Il 16 luglio 2001 il Giornale ha pubblicato un bel pezzo di Eugenio Di Rienzo così intitolato: Quando la camorra aiutò Garibaldi in nome della libertà di delinquere. Di Rienzo inizia col recensire Memorie di un garibaldino russo di Lev Illich Mecnikov, recentemente ristampato. «Secondo Mecnikov, infatti, fu solo grazie all’intervento della camorra (guidata dalla "sanguinaria" Marianna De Crescenzo, detta la Sangiovannara) se, il 7 settembre 1860, Garibaldi riuscì a entrare indisturbato a Napoli dove i membri della società criminale si erano assicurati il controllo delle zone strategiche della città, sgominando gli ultimi sostenitori dei Borbone».
La polizia borbonica, dovendo già da tempo tenere a bada i rivoluzionari, aveva stretto una specie di tacito patto con la camorra, in pratica appaltandole l’ordine pubblico spicciolo. Ma dopo il 1849 il re Ferdinando II aveva deciso di farla finita una volta per tutte con i camorristi. «Da quel momento la camorra si trasformò in "camorra politica" che si pose al servizio del movimento liberale».
Nel 1860 l’ambasciatore inglese a Napoli, Henry George Eliot, informava il Foreign Office che «numerose bande camorristiche erano pronte a scendere in campo per contrastare, armi alla mano, la mobilitazione della plebe ancora fedele alla dinastia borbonica». Non fu necessario, perché il ministro di polizia, Liborio Romano, formò la «guardia cittadina» proprio con i camorristi, che divennero i veri padroni della città in attesa di Garibaldi. «Dopo aver reso questi servigi - scriveva Eliot - i camorristi acquistarono una potenza e un’autorità spaventevole».