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L’anniversario

La beata Maria di Gesù, una vita per il Sacro Cuore

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Oggi ricorrono i 140 anni dalla morte della beata Maria di Gesù, al secolo Maria Deluil-Martiny. Fondatrice delle Figlie del Cuore di Gesù, nei suoi scritti esprimeva il dolore per gli oltraggi subiti dal Signore.

Ecclesia 27_02_2024

Volto rotondo e sorriso elegante. Uno sguardo che denota intelligenza acuta, profonda, sveglia, sempre pronta ad assorbire tutto ciò che c’è da assorbire dal mondo terreno per sublimarlo e approfondirlo attraverso la preghiera. Un’anima in perenne ascolto dei dettami del Cielo. Questo brevissimo ritratto appartiene a una delle figure di santità più affascinanti del XIX secolo: è la beata Maria di Gesù (1841-1884), al secolo Maria Deluil-Martiny, della quale oggi ricorre la memoria liturgica, nonché i 140 anni dalla sua salita al Cielo. Non sono certamente pochi 140 anni, eppure la forza spirituale delle sue parole non sembra per nulla sbiadita: le meditazioni nate dalla sua preghiera conservano, infatti, una freschezza e un’attualità davvero straordinarie.

Il 20 giugno 1873 fonda la congregazione monastica delle Figlie del Cuore di Gesù: in questo nome così semplice è già racchiusa tutta la sua spiritualità. La beata si sente prima di tutto “figlia”: un legame di rispetto e amore verso il Sacro Cuore di Gesù che contraddistinse l’intera sua esistenza. I suoi scritti – soprattutto il Diario – riescono a offrire al lettore un vademecum perfetto di come vivere, appunto, questo filiale affetto verso il Sacro Cuore di Gesù, verso Dio e la Vergine Maria. Le pagine redatte dalla beata hanno un valore del tutto speciale perché, seppur così alte per le vette di spiritualità raggiunte, conservano un’umanità in cui ogni fedele può rispecchiarsi.

«Ai piedi di Gesù-Ostia, il tuo cuore diventi, a forza di grazie e di sacrifici, come un turibolo d’oro. Che l’ardore generoso, anzi eroico, del tuo amore ne sia il fuoco sempre ardente; che la purezza celeste del tuo amore sia l’incenso che vi si consuma senza posa e il cui profumo soave rallegri e affascini il Cuore di Gesù, tuo divino Sposo», così scrive la beata nel suo Diario. Sembra proprio un’accorata esortazione a ogni fedele di ieri e di oggi. Il centro di tutto per la beata Maria di Gesù è l’Eucaristia: è davanti al Gesù-Ostia che si deve sostare; è al Santissimo Sacramento, centro di tutta la vita di un cristiano, che si deve guardare.

E l’Ostia rimanda al Sacro Cuore di Gesù, fonte di inesauribili grazie. Al riguardo la beata scrive una delle sue più belle preghiere: «Cuore adorabile di Gesù, in quest’ora in cui tanti pericoli ci minacciano, innalziamo a Te le nostre suppliche, in Te speriamo pienamente, e Tu solo sarai il nostro rifugio! Prostrati davanti a Te e adorandoTi nel Tuo Santissimo Sacramento che Ti nasconde ai nostri occhi, facciamo un appello supremo al Tuo amore misericordioso. Non permettere che i Tuoi nemici proseguano e riescano nei loro sacrileghi attentati. Ascolta tutte le preghiere che salgono a Te senza interruzione, concedi finalmente il trionfo alla tua Chiesa, la pace alla nostra Patria, la pace e la libertà agli Ordini religiosi. Pieni di fiducia nella Tua misericordia e addolorati per gli oltraggi che Ti sono fatti attualmente, noi vogliamo amarTi e servirTi con tutta la nostra anima e ci abbandoniamo filialmente al Tuo amore. Cuore amabile di Gesù, Tu sarai il nostro custode, il nostro protettore e la nostra salvezza». In queste righe troviamo condensati diversi temi cari alla beata: il Sacro Cuore di Gesù descritto come «adorabile»; l’amore misericordioso di Dio; l’amore ardente per la Chiesa e, infine, il dolore per gli oltraggi che troppo spesso deve subire il Santissimo Sacramento.

Su quest’ultimo punto è importante soffermarsi: più volte, infatti, nei suoi scritti, questo tema viene affrontato. È un filo rosso che cadenza molte pagine del suo Diario e dei suoi scritti in generale. Nelle parole della beata si avverte, infatti, una profonda tristezza quando si parla di fedeli che non comprendono il significato dell’Eucarestia, del sacrificio di Cristo sul Calvario. Scrisse la beata: «Il più grande dolore di Nostro Signore fu l’inutilità delle sofferenze e del Suo sangue per i peccatori più ostinati, e anche per noi, miserabili, e la perdita delle anime nonostante la Sua morte dolorosa». E, nel Diario, annotò: «Una sera ero prostrata davanti al Santissimo Sacramento, quando improvvisamente mi sentii il cuore affranto nel constatare la solitudine di Nostro Signore. (...) Pensavo tra me: qual è quel principe che acconsentirebbe a vivere in deserto simile? Non posso esprimere quel che provai allora pensando all’immenso amore del Cuore di Gesù, là tutto solo, alla dimenticanza, alla freddezza, all’indifferenza delle anime, all’infelicità della nostra natura insensibile riguardo all’abbandono del Signore. E il soave Maestro mi fece capire che questo capitava un po’ dappertutto. Sono proprio gli oltraggi, l’ingratitudine, la dimenticanza e per di più la tiepidezza dei consacrati, intimi amici, che feriscono Gesù al Cuore».

E non possono mancare i riferimenti alla Vergine Maria che il più delle volte è ritratta in relazione sempre all’Eucaristia «ove Ella ritrovava il Suo Gesù e lo possedeva come noi lo possediamo; lo amava; lo adorava; lo serviva e l’offriva per le mani del sacerdote». Maria rimane il modello a cui tendere, il modello da imitare. È la Vergine che bisogna pregare nell’«ora di pericoli e di angosce» perché dopo Gesù è Lei «il nostro rifugio e la nostra speranza».

La testimonianza di vita della beata Maria di Gesù, in estrema sintesi, non può che essere vista come una continua esortazione alla preghiera. Attraverso le parole che ci ha lasciato, possiamo solo immaginare quel viso, quello sguardo rivolto perennemente al Santissimo Sacramento in unione intima con il Signore, con il Sacro Cuore: ed è a questo punto che è possibile scorgere una immaginaria linea che dalla terra indica il Cielo, così come una guglia di cattedrale. La stessa beata Maria di Gesù è una cattedrale di preghiera.