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La basilica dove i Magi sognano e adorano il Bambino

L’edificio di culto più antico di Forlì è intitolato a San Mercuriale, proto vescovo della città emiliana. La sua Basilica ha origine antichissime, essendo sorta sui resti di una precedente pieve dedicata a Santo Stefano, esistente già nel IV secolo e forse da lui stesso fondata. Sulla facciata, la lunetta con i Magi che adorano Gesù.

Cultura 14_11_2015
La basilica di San Mercuriale a Forlì

L’edificio di culto più antico di Forlì è intitolato a San Mercuriale, proto vescovo della città emiliana. La sua Basilica ha origine antichissime, essendo sorta sui resti di una precedente pieve dedicata a Santo Stefano, esistente già nel IV secolo e forse da lui stesso fondata. L’edificio attuale fu costruito in stile romanico padano tra il 1176 e il 1181, contemporaneamente al campanile, uno dei più alti di tutto il territorio italiano, che svetta ancora oggi sul suo fianco destro. In pietra rossa forlivese l’alto parallelepipedo, la cui sezione si restringe verso l’alto conferendo alla struttura ancora più slancio e leggerezza, è sormontato da una guglia in mattoni che a sua volta sorregge un globo e una croce. 

La facciata è, tipicamente, a salienti, lasciando intuire la parte centrale, più alta rispetto alle due laterali, la diversa altezza delle tre navate interne. Al centro si apre il portale gotico la cui lunetta, attribuita al Maestro dei Mesi di Ferrara, allievo di Benedetto Antelami, ospita la duplice scena del sogno e dell’adorazione dei Magi. L’altorilievo duecentesco deve essere letto da sinistra a destra. La maggior parte della superficie è occupata dai Magi che adorano Gesù che, già Bambino, siede sulle ginocchia di Maria, Regina Incoronata, mentre la figura di Giuseppe assiste in disparte, schiacciata sotto l’arcata del portale.  Sull’altro lato un angelo a mezzo busto si rivolge ai tre re addormentati, esortandoli a non ritornare per la stessa via e a non svelare ad Erode il luogo dove è nato il Salvatore.

L’interno della chiesa, dall’aspetto sobrio e severo, è basilicale, senza transetto, a tre navate separate da pilastri in laterizio. Il pavimento è a mosaico veneziano, mentre il soffitto della navata centrale, scandita da archi trasversali, è a capriate lignee. L’assetto attuale risale ai lavori di restauro resi necessari dopo il bombardamento subito nel corso della Seconda Guerra Mondiale che distrusse gli interventi di epoca neoclassica. Il criterio allora adottato fu di riportare la chiesa al suo aspetto originario, anche se non venne più ricostruita la cripta di cui rimane, però, traccia negli archi inferiori dei due ordini sovrapposti che si trovano in corrispondenza del presbiterio. 

Nel Cinquecento vennero aggiunte diverse cappelle sui lati. Tra queste la Cappella dei Ferri è preceduta da un bellissimo arco in pietra d’Istria, opera cinquecentesca del maestro Giacomo Bianchi. La pala d’altare di questa cappella è il dipinto considerato il capolavoro di Marco Palmezzano, allievo del celebre Melozzo da Forlì, protagonista del rinascimento forlivese. La tavola centrale, sormontata da lunetta con il Cristo Risorto, mostra i personaggi sullo sfondo di un paesaggio caratterizzato da una Gerusalemme che ha lo stesso profilo della Forlì di allora. La Vergine, rivolta verso l’apparizione del Padre Eterno in gloria tra cherubini, è affiancata da Santo Stefano, titolare del primitivo edificio, e i santi vescovi Agostino e Anselmo d’Aosta .Lo stesso Palmezzano, forse, fu autore dell’affresco rinvenuto all’inizio del Novecento sulla cupola del piccolo ambiente, che rappresenta angeli su un fondo azzurro ultramarino.

Le reliquie di San Mercuriale sono custodite in una cappella in fondo alla navata destra. Qui viene conservata anche una croce romanica sulle cui due facce sono raffigurate, rispettivamente ,la mano di Dio benedicente e, sull’altra, con grande naturalezza, la stessa mano aperta, circondata dai simboli degli Evangelisti.