La Basilica di Sant'Ambrogio a Milano
Sant'Ambrogio fondò la basilica paleocristiana, a Milano, nel IV Secolo. Seconda per importanza della metropoli lombarda, conserva molte opere d'arte. E (secondo una leggenda) una colonna trafitta dalle corna del diavolo.
Rampollo di un’importante famiglia senatoria romana, Aurelio Ambrogio viene da Treviri ma è meglio conosciuto come Ambrogio di Milano, città che a gran voce lo acclamò vescovo nella seconda metà del IV secolo, ereditandone un rito liturgico con cui ancora oggi la sua chiesa celebra quotidianamente il mistero della salvezza. Conoscerne l’aspetto è possibile perché la sua immagine, in abiti civili, probabilmente derivante da un ritratto fattogli quando era governatore di Liguria e Lombardia, ci guarda dalle pareti del Sacello di San Vittore in Ciel d’Oro, sorto in un’antichissima area cimiteriale nei pressi di Porta Vercellina, dove Ambrogio aveva seppellito il fratello Satiro. Nel corso del ‘400 questa piccola cappella venne inglobata nella più ampia basilica che il santo vescovo aveva fatto costruire lì accanto tra il 379 e il 386, intitolandola ai martiri delle persecuzioni romane.
La Basilica di San’Ambrogio ospita le spoglie del patrono di Milano ed è, a tutti gli effetti, la seconda chiesa per importanza della metropoli lombarda. Costruita con materiale locale - laterizio di diversi colori, pietra ed intonaco bianchi - la costruzione paleocristiana, ai tempi del Vescovo Angilberto II (824-860), subì profonde trasformazioni che comportarono l’aggiunta di un’ampia parte absidale decorata, nel catino interno, con un mosaico raffigurante Cristo in trono tra i SS. Gervaso e Protasio, affiancato da episodi della vita di Ambrogio. Le fattezze romaniche sono, invece, frutto dell’intervento di Anselmo (XI sec.) cui si deve il quadriportico antistante, non più utilizzato per i catecumeni ma destinato a riunioni. Nel corso del XV secolo furono i Benedettini ad amministrare la chiesa e a loro si deve il coinvolgimento del celebre architetto Donato Bramante cui venne affidata la progettazione della nuova canonica. I bombardamenti del ’43 provocarono ingenti danni che solo un imponente restauro negli anni ’50 riuscì a risanare, riportando la basilica al suo antico splendore.
La facciata è a capanna con due logge sovrapposte. La curiosa presenza, ai suoi lati, di due campanili di altezze diverse si deve alla disputa tra canonici e monaci rispettivamente residenti nelle zone limitrofe alla basilica. L’interno è a tre navate coperte da volte a crociera a costoloni: quelle laterali sorreggono il peso dei matronei. All’ingresso, su due colonne, a destra e a sinistra della navata centrale, si incontrano i simboli della croce e del serpente che si dice essere stato forgiato in bronzo proprio da Mosè.
Sono numerose le opere d’arte di rilievo conservate nella chiesa: nella terza campata a sinistra il pulpito di marmo, rivestito di rilievi antecedenti il XII secolo, sormonta un sarcofago ancora più antico, del IV secolo, detto di Stilicone, interamente ricoperto di rilievi dal ricchissimo programma iconografico.
Nella zona presbiteriale, sotto il ciborio del IX secolo, poggiante su colonne di porfido, trova posto il celeberrimo e coevo altare di Vuolvinio, capolavoro di oreficeria carolingia, rivestito in oro e argento con incastonati smalti e pietre preziose, tra cui sono collocate formelle che raccontano, sulle due facciate principali, episodi della vita di Cristo e della vita di Ambrogio. Nella cripta sottostante il Santo riposa tra le spoglie di Gervaso e Protasio.
Una suggestiva leggenda metropolitana, infine, sostiene che la colonna all’esterno della recinzione della Basilica, sul lato sinistro, sia stato luogo della lotta tra S. Ambrogio e il demonio che, sconfitto, avrebbe trafitto il marmo con le sue corna. Poggiando l’orecchio sui due fori si possono sentire ancora oggi i rumori provenienti dagli inferi…