Jole e Paolo, così si strappano vite all'aborto
Oggi la Chiesa italiana celebra la 42^ Giornata Nazionale per la Vita, istituita all'indomani dell'introduzione in Italia della legge che consente l'aborto (Legge 194 del 1978) e che cade la prima domenica di febbraio. Per l'occasione pubblichiamo due testimonianze che sono state presentate alla Veglia di preghiera per la Vita organizzata nei giorni scorsi a Casale Monferrato.
- SE IL COLLEGE CATTOLICO È NEUTRALE SULL'ABORTO, di Giuliano Guzzo
Oggi la Chiesa italiana celebra la 42^ Giornata Nazionale per la Vita, istituita all'indomani dell'introduzione in Italia della legge che consente l'aborto (Legge 194 del 1978) e che cade la prima domenica di febbraio. Per l'occasione pubblichiamo due testimonianze che sono state presentate alla Veglia di preghiera per la Vita organizzata nei giorni scorsi a Casale Monferrato.
Mi chiamo Jole, ho 61 anni, sono sposata e ho un figlio, Michel. Quello che ora vi racconterò mi è successo all’età di 36 anni. Rimasi incinta dopo parecchi anni di matrimonio, ne ero molto felice. La gravidanza procedeva bene e io continuavo a lavorare.
Al quinto mese faccio l’ecografia con un bravo ginecologo, molto esperto in ecografia, perché il mio solito medico non era disponibile. Questo medico indugia indugia molto, si sofferma pensieroso, poi chiede: “È venuta da sola?”
Alla mia risposta affermativa mi dice: “C’è qualche problema, ma non si allarmi; ora chiedo al primario di intervenire”. Al termine del consulto il consiglio che mi danno è di fare un’eco di secondo grado al S. Anna di Torino.
Era venerdì. Lunedì ero già là con mio marito. Dopo l’ecografia, la ginecologa mi presenta la situazione e mi dice senza possibilità di replica: “È meglio abortire”. Al 50% si tratta di sindrome Down. In realtà il mio bambino è affetto da “onfalocele”, una anomalia congenita per cui intestino e fegato sono esterni al peritoneo; inoltre questa anomalia può nasconderne molte altre. Al momento della nascita è necessaria l’assistenza di personale molto specializzato.
Parlo con mio marito. Io non ho nessuna intenzione di abortire e anche lui è d’accordo: “È nostro figlio, continuiamo la gravidanza”. Naturalmente si affollano i pensieri più tristi e dolorosi, non riesco più a dormire.
Una mia amica, poiché non voglio prendere farmaci, mi consiglia l’agopuntura. E qui ho incontrato la prima persona mandata dal cielo per venire in mio soccorso. Il dott. XXX non è solo un abile agopunturista, ma anche un uomo dalla profonda umanità. Mi ascolta, mi consiglia, mi rilassa, mi conforta e mi dà un consiglio per il quale non lo ringrazierò mai abbastanza: "Suo figlio sarà bellissimo. Faccia ascoltare musica al suo bimbo, specialmente classica”.
Metto subito in atto il consiglio. Arrivo all’ottavo mese, è necessario predisporre il parto cesareo, viene stabilito per il 28 dicembre al S. Anna di Torino. Il 27 mi presento per il pre-ricovero. L’incontro con il ginecologo è un disastro. “Signora, chi le ha consigliato di portare avanti questa gravidanza? questo bambino non sopravviverà, ci saranno complicanze anche per lei”. Queste parole mi sconvolgono al punto che mi prendono le doglie, sono in uno stato di sconvolgimento totale.
I medici immediatamente mi fermano le doglie e predispongono per un cesareo d’urgenza. Nasce Michel ed è subito portato in rianimazione al Regina Margherita. Lo prenderò in braccio dopo tre mesi.
Viene sottoposto ad un difficilissimo intervento per mettere in sede intestino e fegato. Dopo il 15° giorno, il secondo intervento. La sua alimentazione ha un costo pazzesco, può assumere solo Similac, un prodotto d importazione, che costa circa un milione al mese.
Per buona ventura, il dott. Canavese è un chirurgo eccezionale e riesce a dare ai due apparati la loro sede naturale. Ma a costo di 26 ricoveri e interventi, tanto che a sedici anni Michel pesava 28 chili.
A 18 anni la crisi più grave, per cui è necessario un intervento molto invasivo, lungo e con conseguenze incerte: bisogna eliminare tutte le parti necrotizzate dell’intestino e ne asporteranno un metro e mezzo. Lunga degenza, ma buon recupero. Questo è stato l’ultimo intervento.
Oggi Michel ha 26 anni, sta bene e presto prenderà il diploma di secondo livello, equivalente ad una laurea magistrale, al Conservatorio Vivaldi, in pianoforte moderno e strumenti antichi. La musica è la sua passione, per lui è stata vita, ma anche ogni altra forma di arte lo attrae; sta frequentando l’Accademia del Cinema a Torino e tanto altro.
Sono felice e orgogliosa di Michel. È stato un lungo combattimento, ma credo che abbia portato molti frutti.
Prima di tutto la vita di Michel è stata rispettata ed accolta con ogni premura e attenzione. Non è secondario che, nonostante il dolore e le ansie di molti momenti critici, mio marito ed io siamo innamorati più di prima, più del primo giorno, siamo uniti da un affetto che ci ha sostenuto e rigenerato nelle prove.
C’è una conseguenza mia personale in tutta questa vicenda che mi ha dato dolore: non ho più potuto avere figli; inoltre il trauma fisico e psichico di quel giorno mi ha provocato uno stress tanto grave da generare una rara malattia del sangue, la gammopatia monoclonale.
In tutti questi avvenimenti devo ricordare una persona che è stata vicino a noi come amico discreto, intelligente e sensibile; specie durante i mesi più acuti della prova, è stato nostro compagno di viaggio. Posso nominarlo apertamente perché ora è in cielo, e credo sia sempre nostro amico: don Luigi Alessio.
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Mi chiamo Paolo, ho 65 anni, sono il primo di quattro figli e ho ricevuto il battesimo e una educazione cristiana. Ma a 18 anni mi sono allontanato dalla Chiesa, e mi sono ribellato a Dio per la morte per polmonite di un mio caro amico. Da allora ho affidato la mia vita solo alle mie capacità e null’altro.
Sono diventato medico, poi ginecologo e “mi sono schierato dalla parte della donna”, per cui abortista. E ne ho praticati migliaia di aborti…
Nel frattempo ho messo incinta la mia ragazza e ci siamo sposati, ma solo in comune, e abbiamo avuto tre figli. Ma siamo andati avanti tra litigi, tradimenti e incomprensioni da parte mia.
Ho lavorato per anni pensando solo al denaro e non mi sono mai preoccupato altro che di me stesso pensando di essere io il Dio della mia vita. Ma così facendo la mia vita si stava disfacendo. I miei tre figli hanno avuto un sacco di problemi a causa dei rapporti tra me e mia moglie, ed io, nonostante fossi benestante, mi sentivo sempre più solo e infelice.
Ma Dio che è Padre, è fedele: è venuto a riprendermi attraverso San Giovanni Paolo II di cui inspiegabilmente ho ascoltato la voce.
Quel giorno ero in casa e c’era la televisione accesa, trasmettevano un Angelus di San Giovanni Paolo II che diceva: “Non abbiate paura, aprite il vostro cuore all’amore infinito di Gesù! Abbiate coraggio”. Queste parole sentite per caso, in quel momento della mia vita dove nessuno mi amava e neanche io amavo me stesso, sono state l’inizio della mia conversione, e da allora la mia vita è cambiata.
Ho incontrato poi altri amici che il Signore ha mandato sulla mia strada, sono rientrato nella Chiesa e ho iniziato il cammino neocatecumenale. Oggi riconosco il peccato, e quando cado con il sacramento della confessione mi rialzo e sento l’amore di Dio per me, un amore fedele e misericordioso che mi fa sentire felice e in pace.
Il Signore, attraverso il suo Spirito, in questi ultimi quindici anni mi ha donato anche il matrimonio cristiano (ho sposato mia moglie in chiesa nel 2009).
Ho smesso di praticare aborti, ho imparato ad amare l’altro, mi sono liberato dalla schiavitù del denaro, ho trasmesso ai miei figli l’amore che Dio ha per noi, e piano piano, la fede mi dà di vivere sereno e sopportare le croci che mi capitano pensando a quello che ha fatto il Signore per me.
Quando ero abortista, la mia scelta di praticare aborti era legata al fatto che pensavo di essere utile alle donne, di aiutarle a fare l’intervento in sicurezza e non nelle cantine, di nascosto, in mano a delinquenti. In cuor mio sono sempre stato contrario all’aborto, tanto che mi sono sposato, benché con mia moglie non avessi un bel rapporto, solo perché era incinta.
Nel praticare aborti ho sempre provato tanto dolore e sofferenza e quando il Signore è venuto a cercarmi e mi ha portato nel suo gregge, fare l’obiezione di coscienza è stato semplice perché mi sono fidato di Lui e ho visto che non è mai mancato il supporto alle pazienti ma che, anzi, parlare dell’amore di Dio per noi ha salvato tante vite. I miei colleghi, quando ho fatto l’obiezione, si sono interrogati sul perché e, saputo della mia conversione, non ho ricevuto nessun tipo di vessazione. Sono cambiati i rapporti con alcuni di loro, ho rallentato il progredire della mia carriera ma non è stato difficile, anzi è stato bello poter difendere tante vite.
A tutte le pazienti a cui avevo praticato un aborto e che conoscevo ho chiesto perdono e soprattutto ho chiesto perdono a Dio e mi sono sentito perdonato.
Ho letto il libro “Carne, ossa, muscoli e tendini” del dottor Leandro Aletti, mio collega, che ha sempre combattuto contro l’aborto, e sono profondamente convinto che tutti i bambini abortiti siano santi in cielo.