Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ELEZIONI USA

Joe Biden è un'anatra zoppa. Salute e calo di consensi preoccupano

Ascolta la versione audio dell'articolo

Joe Biden è stato promosso dai medici nella sua visita di controllo. Ma niente test cognitivi. E nel Michigan i musulmani gli lanciano segnali di sfiducia. È già un'anatra zoppa. 

Esteri 01_03_2024
Joe Biden (La Presse)

Washington, abbiamo un problema. Se Donald Trump, in queste elezioni, è considerato un’anatra zoppa, per i 4 processi che dovrà affrontare (e la possibilità, non remota, che venga condannato prima del voto), anche Biden sta mostrando tutta la sua incredibile fragilità. Una debolezza che è sia fisica che politica. In appena due giorni, l’esito imbarazzante di elezioni primarie senza rivali nel Michigan e una visita medica di controllo, sono stati due brutti colpi per il candidato democratico alla rielezione.

Prima di tutto, la visita medica di controllo, che pure è stata salutata come una notizia positiva dai suoi sostenitori, ha generato più dubbi che certezze. Sulla carta, infatti, il presidente in carica è stato promosso a pieni voti da una équipe di medici del Walter Reed Medical Center che lo hanno definito “un 81enne attivo” e pronto a governare per altri quattro anni. Secondo quanto riferisce alla stampa il dottor Kevin O’Connor, il presidente è stato sottoposto anche a esami neurologici “estremamente dettagliati” in cui non sono stati rilevati sintomi di malattie al cervello, come ictus o il morbo di Parkinson. Tuttavia, a domanda precisa, nessuno ha risposto se il presidente si sia sottoposto anche a test cognitivi, spesso raccomandati alle persone più anziane. Ha solo indirettamente risposto la portavoce della Casa Bianca, con una frase che suona come una conferma di quel che si sospettava: il presidente «non ha bisogno di sottoporsi a test cognitivi». Quindi è un: no. Poi ha aggiunto, sfidando la sorte, che Biden «affronta test cognitivi ogni giorno» per il lavoro che svolge in veste di presidente.

Ecco appunto: potrebbe essere proprio questo il problema. Perché, come presidente, sono ormai innumerevoli i segni e i sintomi che hanno fatto sorgere legittimi sospetti sulla sua salute mentale. E man mano che ci si addentra nella campagna elettorale, diventano più evidenti, come Macron scambiato con Mitterrand, o la Merkel scambiata con Kohl. O al Sisi definito per errore come il presidente “del Messico”. Ai critici e agli scettici, Biden risponde ritorcendo l’accusa sul suo rivale Trump, di poco più giovane di lui: «Non ricorda nemmeno come si chiama sua moglie». L’ha infatti chiamata in pubblico Mercedes, invece che Melania (e i maligni potrebbero sospettare anche qualcos’altro oltre a una dimenticanza). Ma il punto è che per Trump questi errori sono l’eccezione, per Biden sono diventati la norma.

Se questa è la debolezza fisica del candidato più anziano della storia degli Usa, dal punto di vista politico è emerso il suo tallone d’Achille: il Medio Oriente. Come tutti i presidenti democratici, da Kennedy in poi, anche Biden sostiene Israele. Ma la guerra e l’aumento del costo umano stanno rendendo più aggressiva che mai la minoranza democratica che parteggia per la Palestina, in alcuni casi estremi anche per Hamas. La maggioranza schiacciante degli americani, sia di destra che di sinistra, è dalla parte di Israele ed è convinta che gli Usa stiano facendo troppo poco per aiutare lo Stato ebraico, come rileva l’ultimo sondaggio del Pew Research Center. Ma il problema è proprio nella base democratica, dove giovani, intellettuali, accademici, gli immigrati musulmani e la minoranza di afro-americani islamici, fanno "massa" al momento del voto. Lo si è visto nelle ultime elezioni primarie del Michigan, uno Stato con una forte presenza musulmana. Pur non essendoci alternative e pur essendo elezioni interne ai Democratici, il 13% ha votato “uncommitted”, l’equivalente di nessun candidato. Numericamente parlando è un piccolo problema, ma Biden ne sta tenendo conto. Non a caso sta disperatamente cercando una tregua a Gaza e spera che la guerra finisca prima che sia troppo tardi per la sua campagna elettorale.

Gli osservatori della politica americana notano anche un drastico calo delle apparizioni pubbliche del presidente, benché sia nel pieno della corsa alla rielezione. Che sia un sintomo di una sostituzione in corsa, con un altro candidato più giovane e più amato dalla base di sinistra? Finora, le ipotesi sono state tutte smentite. Si parlava di Michelle Obama, la carismatica moglie dell’ex presidente, ma la diretta interessata ha sempre smentito. Poi anche di Gavin Newsom, governatore della California. Ma anche in questo caso non c’è alcuna conferma, neppure informale. E ormai manca poco, molto poco, al voto di novembre.