Jerry Spring, capolavoro del fumetto cattolico
Jerry Spring l'eroe del West creato dalla matita di Jijé (al secolo Joseph Gillain) è un Tex ante litteram... e anche meglio. Quando i supereroi non c'erano ancora, i valori e i gusti cattolici rimasero a lungo nelle creazioni dei fumettisti di scuola belga, anche quando parlavano di West.
Quando il nostro Massimo Introvigne rese noto ai lettori de la Nuova Bussola Quotidiana il centenario della nascita di Jijé, la fotina accanto riproduceva il manifesto della mostra commemorativa a Bruxelles. Ebbene, sul manifesto in questione c’era proprio lui, Jerry Spring, il cowboy giustiziere, personaggio creato da Jijé di cui andiamo a parlare.
Perché ci interessa tanto Jijé? Perché è l’autore del fumetto religioso più venduto al mondo, quel Don Bosco di cui chi scrive parlò qui. La ristampa italiana di Don Bosco, edizione integrale e filologicamente curata, si deve alle edizioni ReNoir-Nona Arte, le stesse che ora ripropongono l’altro capolavoro di Jijé (questo a puntate), Jerry Spring, pure esso integrale e filologicamente curato (annate 1954-1955). Jijé, lo ricordiamo, si chiamava Joseph Gillain (1914-1980) ed era forse il massimo esponente della cosiddetta scuola belga del fumetto, che annoverava calibri come Hergé (Georges Remi, 1907-1983), quello di Tintin -personaggio per il quale si è scomodato nientemeno che il cinema di Stephen Spielberg- e Peyo (Pierre Culliford, 1928-1992), quello dei Puffi (altra serie immortale e altro cult cinematografico).
La scuola belga è inventrice della vignetta a «linea chiara», che ha influenzato anche maestri italiani come Vittorio Giardino nei suoi Max Fridman e Sam Pezzo. Prima che si affermassero i supereroi americani o i manga giapponesi, i grandi mercati per il fumetto in Europa erano rappresentati quasi esclusivamente da Francia, Belgio e Italia, tre Paesi di tradizione cattolica. E i primi, storicamente, ad accorgersi delle potenzialità del fumetto come mezzo espressivo furono proprio dei cattolici. Anzi, dei preti, come ben sanno, da noi, i nostalgici del Giornalino e del Vittorioso. Come ha ricordato Introvigne, non pochi illustratori della scuola belga (tra cui lo stesso Jijé) appresero il mestiere nella scuola dell’abbazia benedettina di Maredsous, fondata nel 1872 dall’abate belga Hildebrand de Hemptinne cui succedette l’irlandese Beato don Columba Marmion (1858-1923).
I valori e i gusti cattolici rimasero a lungo nelle creazioni dei fumettisti di scuola belga, anche quando parlavano di West o di personaggi umoristici come il celeberrimo (in Francia e Belgio, meno da noi) Spirou, spesso firmato da Jijé. Jerry Spring viene oggi riproposto in bianco e nero, perché era la tecnica che Jijé confessava di amare di più. In fondo a ogni storia, una tavola a colori a tutta pagina, e il lettore si rende conto che Jijé i colori sapeva usarli eccome, anche se per il suo personaggio preferiva un impatto più crudo. A chi ha una certa età, il Jerry Spring di Jijé ricorderà il primissimo Tex, quello di Galep (Aurelio Galleppini, 1917-1994). E vedrà che Jerry Spring è anche meglio.