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Consiglio d'Europa

Italiani poco Lgbt friendly?

La Commissione contro il razzismo e l'intolleranza del Consiglio d'Europa bacchetta l'Italia perché sarebbe poco LGBT friendly.

Gender Watch 26_10_2024

L’European Commission against Racism and Intolerance (ECRI) è una commissione che fa capo al Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale che non afferisce all’UE.

Nel suo ultimo report sull’Italia l’ECRI tratta anche di discriminazione LGBT: «Sulla mappa e nell'indice Rainbow Europe, che riflette la legislazione e le politiche dei Paesi europei che garantiscono i diritti umani delle persone LGBTI, l'Italia si colloca al 34° posto su 49 Paesi valutati, con un punteggio complessivo del 24,76%». E per quale motivo saremmo così indietro nella lotta contro la discriminazioni arcobaleno? Risposta: «Le leggi civili e amministrative a livello nazionale non vietano ancora esplicitamente la discriminazione basata sull'orientamento sessuale, l'identità di genere e le caratteristiche sessuali nella maggior parte degli ambiti di vita». Insomma siamo arretrati perché non abbiamo ancora una legge sull’omofobia, ossia una legge contro la libertà di pensiero, di parola e di religione.

Prosegue il report: «Secondo i dati raccolti dall'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) negli anni 2019-2022, una parte compresa tra il 26% ed il 41,4% delle persone LGBTI intervistate dichiara che il proprio orientamento sessuale li ha svantaggiati nel lavoro o nell'avanzamento di carriera, e un’altra tra il 40,3% ed il 61% evita di parlare della propria vita privata sul posto di lavoro per non rivelare il proprio orientamento sessuale e circa l'80% dichiara di avere subito micro-aggressioni sul posto di lavoro, mentre un terzo ha descritto esperienze di ostilità e di vessazione nell’ambiente di lavoro». Bella forza. Provate a chiedere agli studenti se si sentono valorizzati dai professori. La maggior parte risponderanno in modo negativo. In soldoni: non si può chiedere al diretto interessato se si sente discriminato al fine di avere un’analisi oggettiva e attendibile, perché il diretto interessato è inevitabilmente di parte.

In merito poi alle persone transessuali l’ECRI si rammarica che ad oggi per cambiare sesso non basti un’autocertificazione. E dopo aver reso noto che ben 46 centri contro la discriminazione sono finanziati in Italia con i nostri soldi, l’ECRI si lamenta del fatto che «i programmi scolastici non fanno ancora riferimenti diretti alla promozione dell'uguaglianza LGBTI e all'insegnamento dell'identità di genere e dell'orientamento sessuale». Insomma il Consiglio d’Europa vorrebbe indottrinare i nostri studenti secondo il credo LGBT.

C'è poi da aggiungere, aspetto assai scriminante, che le fonti dell'ECRI sono tutt'altro che scientifiche come scrive Pietro Senaldi su Libero quotidiano: «Una commissione che non svolge studi sul posto, ma raccoglie cronache e analisi dei media progressisti o di centri sociali e associazioni analoghe».